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Un restauro Made in Italy: il governo aumenta dirigenti e costi del ministero di Urso

Con un emendamento al decreto Pa, il governo si prepara a ridisegnare il funzionamento del Ministero per le Imprese e il Made in Italy. Il dicastero guidato dal meloniano Urso passerà da una struttura tecnica divisa in direzioni generali a una organizzata in dipartimenti. Con un incremento dei costi per gli stipendi di prima fascia, pari a 210mila euro l’anno.
A cura di Marco Billeci
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In principio fu il nome, per adattarsi alle parole d'ordine del programma di Giorgia Meloni. Così,  appena insediato, il governo decise di cambiare la denominazione del ministero dello Sviluppo Economico,  trasformandolo in ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit). Ora, però,  il ministro Adolfo Urso –  uno dei fedelissimi della premier –   punta a modificare non solo la facciata, ma la carne viva del ministero, fatta di poltrone e compensi. Con un aumento dei costi per gli stipendi dei dirigenti, pari a 210mila euro l'anno.

Lo strumento per cambiare pelle al Mimit è un emendamento al decreto sulla Pubblica Amministrazione, in discussione alla Camera. Se come probabile, il testo verrà approvato, il ministero passerà da essere strutturato in direzioni generali, a essere organizzato in dipartimenti. Detta in modo semplice. Ora la macchina operativa del dicastero di Urso è guidata da un segretario generale, sotto la cui responsabilità agiscono nove direzioni generali.

Con la riforma, al posto del segretario, arriveranno al vertice degli uffici del Mimit quattro capi di dipartimento, che coordineranno le direzioni di loro competenza. Tradotto nella pratica, dove oggi c'è un dirigente di prima fascia, ossia con il massimo della retribuzione concessa ai vertici dei ministeri, domani ce ne saranno quattro. Risultato: a parità di organico (18 posizioni dirigenziali), il monte stipendi complessivo annuale salirà di 210mila euro, da 5,92 milioni a 6,13 milioni.

Quella del Mimit non è un eccezione. Solo per fare un esempio, anche il ministro Sangiuliano in questi giorni sta  progettando di ristrutturare il Ministero della Cultura, passando dal modello delle direzioni generali  a quello dei capi dipartimento. E pure Sangiuliano lo sta facendo per le vie brevi, con un emendamento al  decreto Pa. Una strada sicuramente meno tortuosa, rispetto a quella del regolamento, solitamente usata in questi casi. Un regolamento infatti avrebbe bisogno del via libera del Consiglio di Stato, delle Commissioni Parlamentari competenti e della Corte dei Conti.

Così, invece, basterà il voto favorevole delle Camere al decreto, per approvare il ribaltone. Un'altra nota a margine, l'ultima riorganizzazione dell'allora ministero dello Sviluppo Economico era stata approvata a fine 2021. In carica, sotto il governo Draghi, era il leghista Giancarlo Giorgetti, attuale ministro dell'Economia. Chissà cosa pensa del fatto che, dopo meno di due anni, l'architettura da lui immaginata per il dicastero di via Veneto venga completamente stravolta.

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