Tutto quello che non torna nel discorso di Meloni sulla povertà e la pressione fiscale

La presidente del Consiglio Meloni, alla Camera, si è lanciata in un’analisi sulla povertà e sulla pressione fiscale in Italia. Ma in molti punti del suo discorso ha scelto numeri fuorvianti, oppure ha dato interpretazioni palesemente sbagliate, per attaccare l’opposizione.
A cura di Luca Pons
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"Visto che siamo nel Parlamento della Repubblica, le cose o si dicono come stanno, o si studiano se non si sanno". Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, alla Camera, scaldandosi mentre i parlamentari dell'opposizione contestavano una parte del suo intervento. Quella frase, ironicamente, si applica molto bene proprio al discorso della premier. Che da una parte ha rilanciato ancora una volta delle informazioni sbagliate sulla pressione fiscale, mentre dall'altra ha usato numeri parecchio fuorvianti per parlare della povertà in Italia.

Cosa ha detto Meloni sulla povertà in Italia

"Nel 2024 l'Istat certifica la povertà assoluta all'8,4%", ha iniziato Meloni correttamente. "Ma quando noi ci siamo insediati era sostanzialmente in linea", ha aggiunto. Anche in questo caso, ha ragione: l'8,3% degli italiani era in povertà assoluta nel 2022, l'anno in cui il centrodestra vinse le elezioni. Il dato salì poi all'8,4% nel 2023. Certo, ci sarebbe da chiedersi se per il governo sia un risultato positivo non essere riuscito a far scendere questa percentuale.

Ma al di là di questo, è subito dopo che la presidente del Consiglio ha fatto partire l'attacco: "Dov'è che c'è stato invece il balzo della povertà assoluta? Tra il 2021 e il 2022. Nel 2021 era al 7,7%, nel 2022 era arrivata all'8,3%. Se noi stiamo moltiplicando la povertà, non mi pare che andasse meglio quando c'erano altri al governo".

Come probabilmente tutti ricordano, gli anni tra il 2020 e il 2022 sono stati duramente segnati dalla pandemia da Covid-19. Negozi e fabbriche chiuse, dipendenti a casa, servizi più difficili da ottenere. L'Italia, come l'Europa e il resto del mondo, ha subito perdite economiche enormi (se ci si vuole concentrare solo sull'aspetto economico). Non è un caso che spesso, quando si parla di statistiche, si scelga di ignorare il periodo del Covid e di fare, piuttosto, confronti con il 2019.

Una preoccupazione che evidentemente non ha toccato Meloni. Quando qualcuno dai banchi dell'opposizione ha gridato per ricordarle che c'era una pandemia in corso, ha sminuito: "Ci sono sempre un sacco di giustificazioni. Anche adesso abbiamo due guerre e una situazione molto complessa, e molte meno risorse da gestire". Anzi, ha insistito: "I governi del Covid sono anche quelli che hanno avuto risorse che nessun altro governo ha potuto utilizzare".

Cosa dicono davvero i numeri sulla povertà assoluta

I numeri sulla povertà, però, vanno messi nel giusto contesto. A differenza di quanto ha fatto la presidente del Consiglio. Solo il mese scorso, un altro rapporto dell'Istat ha sottolineato che, dal 2014 al 2024, la povertà assoluta è sempre aumentata in Italia. L'unica eccezione si è registrata nel 2019, e sempre secondo l'analisi dell'Istituto di statistica è stato principalmente per effetto del reddito di cittadinanza. Misura che il governo Meloni si è affrettato a cancellare appena entrato in carica, con la sua prima legge di bilancio.

Insomma, la presidente del Consiglio per criticare l'opposizione avrebbe potuto impostare il discorso sulle tendenze dell'ultimo decennio. Quando, però, spesso sono stati in maggioranza anche i suoi attuali alleati, Lega e Forza Italia. Invece, la premier ha scelto di concentrarsi sull'aumento della povertà legato alla pandemia. Ovvero proprio sugli anni in cui, paradossalmente, era in atto l'unica misura che risulta aver fermato temporaneamente l'impoverimento delle famiglie italiane.

Il discorso che non regge sulla cassa integrazione

Meloni, peraltro, ha riproposto lo stesso ragionamento quando ha parlato delle ore di cassa integrazione: "Nel 2024 sono state 429 milioni, nel 2022 erano 594 milioni". Anche qui, non sorprenderà sapere che la verità è che c'è stato un picco durante la pandemia, e poi si è andati gradualmente a scendere. Cosa che la presidente del Consiglio ha ignorato del tutto. Nel 2020 ci furono oltre tre miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate. Il numero calò a circa 2,8 miliardi l'anno dopo, poi ai 594 milioni citati da Meloni nel 2022.

Com'era la situazione prima del Covid? Molto migliore. Circa 226 milioni di ore autorizzate nel 2018, circa 276 milioni nel 2019. Ma questo, a Meloni, non è interessato. Probabilmente perché non le avrebbe permesso di attaccare l'opposizione.

Infine, Meloni è tornata su uno dei suoi cavalli di battaglia che sono stati più volte smentiti. Ovvero, l'idea che la pressione fiscale sia salita semplicemente perché è cresciuta l'occupazione. "Sul presunto aumento della pressione fiscale…", ha iniziato: vale la pena di sottolineare che non è un aumento presunto, ma vero e proprio.

"La pressione fiscale sale perché sale il gettito fiscale, certo, ma il gettito fiscale non sale solamente nel caso in cui aumentano le tasse sui lavoratori e sulle famiglie. Le ragioni per cui il gettito fiscale aumenta sono molte, tra cui per esempio il fatto che oggi lavora un milione di persone in più che pagano le tasse, e il record della lotta all'evasione fiscale". Un discorso che la leader di Fratelli d'Italia ha riproposto più volte nell'ultimo anno, e che resta del tutto sbagliato.

Il motivo è che la pressione fiscale misura quante tasse lo Stato incassa, in rapporto al Pil. Se le tasse incassate crescono, la pressione sale; se il Pil cresce, la pressione scende. E quando una persona diventa occupata non inizia solo a pagare le tasse, ma anche a produrre: fa un lavoro, riceve uno stipendio. Questo fa salire il Pil. Se si trattasse solo dell'occupazione, quindi, la pressione fiscale non aumenterebbe così tanto.

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