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Trump rilancia la guerra dei dazi: “Dal primo giugno, il 50% su tutte le merci Ue”

Donald Trump torna a minacciare l’Unione Europea con una raffica di dazi al 50%, da applicare già dal primo giugno. Nessun accordo all’orizzonte, solo uno scontro annunciato. Nel mirino anche Apple, che rischia una tariffa del 25% se non sposterà la produzione di iPhone negli Stati Uniti.
A cura di Francesca Moriero
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Donald Trump ha riaperto il fronte della guerra commerciale con toni che ricordano i momenti più accesi del suo primo mandato: in un messaggio pubblicato sulla sua piattaforma Truth Social, il presidente degli Stati Uniti ha infatti annunciato la sua intenzione di imporre dazi del 50% su tutti i beni importati dall'Unione Europea a partire dal primo giugno. Un'escalation improvvisa, ma non del tutto inattesa, dopo mesi di tensioni crescenti e trattative giudicate "inutili" da Washington. Trump accusa apertamente l'Ue di aver costruito un sistema pensato per "approfittarsi degli Stati Uniti", lamentando barriere commerciali, imposte, sanzioni e perfino "manipolazioni monetarie". Le trattative, ha scritto, "non stanno portando a nulla". Il suo messaggio appare chiaro: "Non cerco un accordo. La mia proposta è già definita: dazi al 50%". Parole che segnano uno strappo netto e che stanno già facendo tremare i mercati.

Un annuncio che scuote le Borse

Le reazioni non si sono fatte attendere. Le piazze finanziarie europee sono sprofondate nel panico: Milano ha perso quasi il 3%, Parigi e Francoforte oltre il 2,5%, mentre i titoli dell’automotive e del lusso, da Porsche a EssilorLuxottica, hanno subito contraccolpi superiori al 5%. Ma anche Wall Street ha risentito del clima di incertezza, con Apple tra i titoli più penalizzati.

Il motivo? Oltre alla sfida all'Europa, Trump ha lanciato un ultimatum diretto a Cupertino, sede dell'azienda tecnologica: "Mi aspetto che Apple costruisca gli iPhone venduti negli Stati Uniti direttamente sul suolo americano. In caso contrario, dovrà pagare una tariffa di almeno il 25%". Un avvertimento che ha provocato il crollo immediato del titolo Apple, con una perdita secca di oltre 100 miliardi di dollari di capitalizzazione in poche ore.

Apple nel mirino

La decisione di colpire Apple, azienda simbolo dell'economia statunitense, dimostra quanto Trump sia intenzionato a forzare il ritorno della manifattura nel paese. L'obiettivo, almeno sulla carta, è far rientrare la produzione hi-tech per rafforzare l'industria interna e ridurre la dipendenza dalla Cina e dall'India. Ma il piano però si scontra con la realtà dei costi: secondo molti analisti, produrre iPhone negli Stati Uniti sarebbe molto più oneroso rispetto al pagamento dei dazi. Apple, al momento, ha scelto il silenzio: l'azienda sta già spostando parte della produzione in India, cercando di diversificare la filiera per tutelarsi da eventuali tariffe future. Ma il rischio concreto è che queste mosse non bastino a placare la pressione presidenziale.

Bruxelles tenta la via del dialogo

Dall'Europa, intanto, le risposte sembrano caute ma ferme. Il Commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, ha ribadito l’impegno dell'Ue a trovare unìintesa, ma ha anche avvertito che il commercio transatlantico deve essere "guidato dal rispetto reciproco, non dalle minacce". Toni concilianti anche da parte del ministro italiano degli Esteri, Antonio Tajani: "No a guerre commerciali. Vogliamo un accordo".

"Mi chiedo di che cosa abbia parlato Meloni al telefono con Trump perché questo ulteriore annuncio ha fatto fare un altro tonfo alla nostra Borsa. Questa incertezza va avanti da mesi danneggiando le nostre imprese. Il 58% delle aziende italiane ha rallentato i propri investimenti e lei non ha mai detto all'"amico" Trump: "Fermati, stai giocando con il fuoco". La presidente del Consiglio rivendica i colloqui con il presidente Usa, l'incontro con Vance e Von der Leyen, ma mi sembra che il ponte che lei pensa di essere tra gli Usa e l'Europa abbia la stessa solidità di quello sullo Stretto di Salvini, cioè zero", così la segretaria del Pd Elly Schlein in una intervista al Corriere della Sera. "L'Europa a questo punto deve negoziare unita e pronta a colpire lì dove fa più male, cioè le big tech americane, in modo da sventare una guerra commerciale che sarebbe devastante", ha poi concluso.

In realtà, Bruxelles aveva già offerto a Washington un pacchetto di misure per favorire un'intesa: abolizione reciproca dei dazi sui beni industriali, aumento dell'import europeo di gas naturale liquefatto e soia dagli Stati Uniti, cooperazione su questioni strutturali come la sovraccapacità siderurgica. Ma la Casa Bianca non sembra intenzionata a scendere ad alcun compromesso.

Bessent: "È strategia di pressione"

All'interno dell'amministrazione americana c'è chi ritiene che si tratti solo di una mossa tattica: il segretario al Tesoro Scott Bessent ha parlato apertamente di una "strategia di pressione" per sbloccare i negoziati: "Alcuni paesi membri dell'Ue nemmeno sanno cosa si sta negoziando per loro conto a Bruxelles", ha dichiarato. Per Trump, la lentezza europea e la mancanza di una posizione unitaria sarebbero il vero ostacolo. Le minacce non si fermano però qui: dopo aver già imposto dazi del 20% all’inizio di aprile, Trump aveva infatti concesso una tregua di 90 giorni per negoziare. Ora, a metà percorso, alza invece la posta. L'eventuale scatto delle nuove tariffe al 50% coinciderebbe con una fase cruciale anche per le elezioni europee e potrebbe avere impatti significativi sull’economia globale.

La verità sul deficit commerciale

Il principale argomento di Trump, cioè l'enorme deficit commerciale con l'Europa, è in realtà contestato da molti economisti. Il presidente parla di 250 miliardi di dollari di sbilancio, ma i dati ufficiali del 2023 indicano un divario inferiore: 502 miliardi di esportazioni europee contro 344 miliardi di importazioni statunitensi. E se si includono i servizi, come le licenze software o gli abbonamenti digitali, il saldo si riequilibra ulteriormente: 795 miliardi di export Ue contro 743 miliardi di import Usa. Insomma, non proprio un abisso.

Il rilancio della guerra commerciale può danneggiare non solo l'Europa, ma anche gli stessi Stati Uniti; le aziende americane dipendono dalle esportazioni, molte producono all'estero per poi vendere sul mercato interno. Aumentare i dazi, quindi, può significare aumento dei prezzi, riduzione dei margini e ulteriore incertezza. In un contesto di debito elevato e crescita fragile, come quello attuale, le scelte di Trump rischiano insomma di aggravare una situazione già estremamente precaria.

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