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Guerra in Ucraina

Tensioni nel Cdx su aiuti all’Ucraina, i dubbi di Salvini: “A Kiev fatti gravi, su corruzione serve chiarezza”

Continuano le liti nella maggioranza sul sostegno all’Ucraina, dopo lo scandalo corruzione che ha coinvolto il governo di Kiev e personaggi vicini al presidente Zelensky. La Lega frena sull’invio di nuovi aiuti militari all’Ucraina: “Doveroso pretendere chiarezza assoluta e tempestiva”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La campagna elettorale per le elezioni regionali in Puglia, Campania e Veneto si sta spostando sui temi della politica estera. E nella maggioranza si litiga ancora sui fondi all'Ucraina, dopo lo scandalo legato a corruzione e malaffare che ha investito il Paese invaso dalla Russia, e che ha coinvolto i responsabili delle agenzie statali per l’energia, oltre a ministri e alti funzionari. Nell'inchiesta ci sono nomi vicini al presidente Volodymyr Zelensky, come quello dell’ex socio e suo stretto alleato, Timur Mindich.

Ieri sera è arrivato esplicitamente lo stop della Lega all'invio di un nuovo pacchetto di aiuti militari, il dodicesimo. Pur ribadendo che la Lega "ha sempre confermato lealtà nei confronti della maggioranza di governo e totale solidarietà a un popolo aggredito", e ricordando che fino ad ora il partito di Matteo Salvini "ha votato tutti i pacchetti di sanzioni e tutti gli invii di aiuti, umanitari e non", adesso la situazione è cambiata. Fonti del Carroccio interpellate dall'Ansa, sottolineano che sono emersi "fatti nuovi di assoluta gravità e grande rilevanza". È vero – è la domanda che ci si pone – che parte dei soldi destinati all'Ucraina hanno ingrassato il patrimonio personale di gente vicina a Zelensky, mentre migliaia di ragazzi erano al fronte? È "doveroso pretendere chiarezza assoluta e tempestiva", spiegano le stesse fonti.

Cosa farà il governo dopo lo scandalo corruzione in Ucraina

Per il momento la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non intende fare marcia indietro, e la linea l'ha dettata venerdì il ministro della Difesa Crosetto, che davanti alle perplessità sollevate da Salvini sul rischio di alimentare, con gli aiuti, "ulteriore corruzione", che ha risposto difendendo la necessità di supportare Kiev.

Per adesso anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani si è mostrato inflessibile. "L'Italia è pronta a fare la sua parte", ha detto, e "questo non significa che non si debba continuare ad aiutare l'Ucraina perché ci stanno due corrotti. Condivido il pensiero del ministro Crosetto". Il ministro degli esteri ha quindi annunciato che per il nuovo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina "siamo in dirittura d'arrivo", "abbiamo già dato il nostro via libera al pacchetto e informato il Copasir. Poi si andrà a procedere con l'invio di questo materiale".

Ma attorno al Copasir nasce un piccolo giallo, perché da Palazzo San Macuto fanno sapere di non aver ricevuto alcuna informazione sulla nuova tranche di aiuti. Fonti parlamentari interpellate da LaPresse hanno detto che nessuna richiesta di audizione né informazione relativa ai nuovi aiuti militari da inviare a Kiev è stata ricevuta, al momento, dall'organo bicamerale.

Le tensioni nella maggioranza rischiano di protrarsi anche nei prossimi mesi, in vista del voto parlamentare a gennaio, quello che dovrebbe confermare l'autorizzazione all'invio di armi per tutto il 2026, come avvenuto negli ultimi anni. Sul punto ieri mattina Matteo Salvini, a margine del sopralluogo al cantiere della stazione di Capodichino della linea 1 della metropolitana di Napoli, è stato chiaro: "Se lo scandalo vicino a Zelensky si allargherà, una riflessione da parte di tutti dovrà essere fatta", ha detto ai giornalisti che gli domandavano della possibilità che la Lega voti no alla richiesta di autorizzazione del Parlamento per l'invio delle armi in Ucraina. "Di questo parleremo nel 2026 – ha risposto il vicepremier – perché se ne riparlerà l'anno prossimo. Io conto che la guerra finisca non con tante nuove armi, ma con una ferrea volontà di fermare le armi, quindi la linea del Santo Padre e del presidente Trump è l'unica da seguire".

Insomma, non è affatto scontato il sostegno del Carroccio, come ha spiegato il senatore della Lega Claudio Borghi a LaPresse: "Non spetta a me decidere cosa farà la Lega, ma al segretario. Immagino ne discuteremo perché non si prende una posizione prima di discutere. Io, a titolo personale, ho già detto l'anno scorso che non voterò il rinnovo dell'autorizzazione all'invio di armi in Ucraina".

E intanto questa settimana si registra il rinvio del viaggio a Washington del ministro della Difesa Crosetto, dove avrebbe dovuto incontrare incontrare il segretario alla Difesa Usa, ed eventualmente aderire al programma Purl (Prioritized Ukraine Requirements List) con l'acquisto di armamenti statunitensi per Kiev.

A ricordare alla maggioranza la necessità di una decisione è il presidente dello stesso Copasir, il dem Lorenzo Guerini: "Missioni a Washington annullate. Le parole di Salvini. I rinvii sull'utilizzo del Purl per sostenere Kyiv. Nel momento del massimo bisogno di difesa, l'Ucraina deve poter contare sull'Italia. Subito. Senza esitazione alcuna".

"Sulle questioni strategiche internazionali l'esecutivo si sta sfaldando tra una linea filoatlantica, rappresentata dal ministro Crosetto e una tentazione filorussa, espressa da Salvini – ha attaccato Enrico Borghi di Iv – Questa ambiguità strutturale non solo mette a rischio la credibilità del Paese, ma pone interrogativi sulle prospettive future. La fuga dal Purl, lo scontro sul pacchetto di aiuti militari all'Ucraina e le tensioni sulla guerra ibrida mostrano un'Italia isolata e incapace di parlare con una sola voce", ha scritto su Facebook il senatore Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva. "Sono tre nodi gordiani che espongono il nostro Paese alle perplessità emergenti in sede euroatlantica e che delineano una tensione interna al governo sempre più marcata".

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