
Ok, proviamo a dirla così.
Immaginiamo che ti affidino del denaro da spendere. Tu, per motivi non meglio precisati, quel denaro lo spendi male, e alla fine c’è un conto da pagare. Chi lo paga quel conto? Tu che quei soldi li hai spesi male? O chi quei soldi te li ha affidati?
Mentre provi a rispondere a questa domanda, ti racconto come ha risposto la maggioranza che ci governa. Che, con la riforma della Corte dei Conti approvata definitivamente al Senato il 28 dicembre scorso, ha deciso che no, una buona parte di quel conto, circa il 70%, non lo deve pagare chi ha sprecato quei soldi – detta in termini tecnici, chi ha creato un “danno erariale”- ma lo Stato. Cioè noi, con le nostre tasse.
Se la cosa ti sembra assurda, non sei solo al mondo. E fino a ieri, infatti, pagava chi aveva fatto il danno. Ma siccome, a quanto pare, c’è una crisi di vocazione per chi vuole amministrare la cosa pubblica, terrorizzato di mettere una firma per paura di ricevere un avviso di garanzia, il governo ha deciso di alleviare questa tortura. Prima, abolendo il reato di abuso d’ufficio. Poi, cioè oggi, alleggerendo la responsabilità economica di qualunque danno erariale un amministratore possa commettere.
Non solo, però. Perché nella riforma della Corte dei Conti, organo costituzionale italiano col compito di controllare la nostra spesa pubblica, ci sono anche altre chicche che meritano menzione.
La prima: che da domani la Corte dovrà effettuare controlli preventivi sulle opere, e non successivi come accade oggi.
La seconda: che la Corte avrà trenta giorni per farlo: se dopo trenta giorni non dice nulla, è tana libera per tutti, e nessuno potrà più indagare su quell’opera.
Di fatto, dice chi se ne intende, più che una riforma è un colpo di spugna: la Corte sarà ingolfata di richieste di controlli preventivi, avrà pochissimo tempo per farli e finirà per far passare qualunque cosa.
Difficile trovare un provvedimento che definisca meglio questa maggioranza di governo: si fa di tutto per rendere la Corte incapace di fare le pulci a chi spende troppo per un’opera, o a chi fa lavorare gli amici, gli amichetti, o peggio ancora i clienti o gente poco raccomandabile. E nel caso si riesca nell’impresa di dimostrare un danno erariale, a pagare non è più chi commette il danno, ma – al 70% – chi lo subisce. Cioè lo Stato, cioè noi e le nostre tasse.
Ops, quasi dimenticavo: indovinate chi recentemente ha fatto le pulci al governo riguardo al Ponte sullo Stretto e ai centri per migranti in Albania, per i quali abbiamo speso 13 volte in più rispetto a quel che avremmo speso costruendoli in Italia?
Scommettiamo che azzeccate la risposta al primo tentativo?