Se lavori al Senato, hai diritto ad uno stipendio aggiuntivo

Tre milioni e 570mila euro. E' la cifra che grava sul bilancio 2011 del Senato per far fronte alle spese aggiuntive dovute a tutti i lavoratori esterni. Precisamente al “Personale di altre amministrazioni ex enti che forniscono servizi in Senato”. Ciò significa che che se lavori al Senato, ma non sei dipendente, hai diritto ad una sorta di “premio”. A raccontare di cosa si tratta è Sergio Rizzo sul Corriere della Sera. Il dato, che emerge lampante nel capitolo 1.6.4 del bilancio di Palazzo Madama, è legato ad una somma ripartita in modo diverso -a seconda delle responsabilità al Senato – tra poliziotti, vigili, pompieri, così come postini, banchieri e addetti all'agenzia turistica. Tutte hanno diritto ad un'integrazione che consente di arrotondare la paga e che l'ex senatore Gustavo Selva ha sapientemente definito «indennità di palazzo».
Rizzo elenca tutte le cifre a mo' di tariffario:
per le forze di polizia oscilla da un minimo di 200 euro lordi al mese per i piantoni a un massimo di 2.500 euro per i gradi apicali. Poi ci sono i pompieri: da 300 a 2 mila euro. Quindi i vigili urbani: da 150 a 500 euro. E i dipendenti dell’ufficio interno di Poste italiane: da 200 a 1.000 euro.
Questo succede in Italia, dove un lavoratore dipendente, già retribuito, per il semplice fatto di trovarsi a lavorare presso il Senato, ha diritto ad una paga aggiuntiva (da un'amministrazione diversa dal sua) per un incarico che moltissimi altri suoi colleghi svolgono in modo analogo, ma al di fuori del Palazzo. E ciò è già abbastanza curioso. Quel che, però, è davvero strano è il fatto a tale "indennità di palazzo" abbiano diritto anche dei privati:
Parliamo dei dipendenti dello sportello bancario interno gestito da Bnl del gruppo Bnp Paribas (da tempo immemore si è in attesa di una gara), ai quali toccano da 400 a 750 euro lordi al mese. Come pure di quelli dell’agenzia di viaggi di palazzo Madama, affidata alla Carlson Wagonlit, i quali più modestamente si devono accontentare di 300-400 euro mensili. Briciole. Che però non toccano, per esempio, ai dipendenti del ristorante finiti in cassa integrazione dopo l’aumento dei prezzi del menu che ha provocato il tracollo del fatturato.
Il Corriere parla di briciole. E, in realtà, queste retribuzioni aggiuntive sono davvero nulla rispetto a quelle percepite da quei dipendenti (interni) che a Palazzo Madama hanno trovato davvero una miniera d'oro. In tal senso, ricordiamo che lo stenografo del Senato guadagna come il Re di Spagna, cioè qualcosa come 290 mila euro. Mentre i barbieri e i commessi possono arrivare a 160 mila euro lordi annui e un coadiutore a 192 mila. Inoltre questi ultimi sono stratutelati da varie sigle sindacali: 14 per 901 dipendenti, come scrive ancora Rizzo. C'è infatti un «sindacato tra gli stenografi parlamentari» e un'«associazione resocontisti stenografi parlamentari», l'«associazione fra i funzionari», l'«associazione consiglieri parlamentari», e ancora il «sindacato quadri parlamentari» e il «sindacato coadiutori parlamentari». E la lista potrebbe continuare.
Ma il rischio di cadere nella demagogia è sempre alto quando si parla di stipendi e di politica. E quindi è giusto ripeterlo una volta in più: non è certo colpa del postino di turno se in Senato si arrivano a guadagnare certe cifre. Le leggi non le hanno scritte certo loro. Ecco perché, magari, il governo dei tecnici potrebbe andare a rivedere un po' questi numeri e tagliare, oltre i costi della politica (e in tal ottica qualcosa è stato già fatto, ad esempio coi tagli per 150 milioni di euro alle spese di Montecitorio) e gli stipendi parlamentari (qui è più difficile, lo sa bene la Commissione Giovannini), anche i benefit ai dipendenti della Casta, invece di impelagarsi con i numeri sugli esodati. A proposito, proprio oggi la Fornero ne discute nel Palazzo.