Scuderi (Avs) a Fanpage: “Militari israeliani armati ci davano gli ordini, Meloni non ci ha mai chiamato”

A cura di Annalisa Cangemi e Giulia Casula
Benedetta Scuderi è una dei quattro parlamentari a bordo della Flotilla, che ieri hanno potuto fare ritorno in Italia dopo il rilascio da parte di Israele. Ospite del Rumore Festival di Fanpage.it, l'eurodeputata di Alleanza Verdi-Sinistra ha raccontato l'esperienza a bordo della Flotilla e i momenti difficili vissuti dopo l'abbordaggio, quando gli attivisti sono stati trasferiti al porto di Ashdod e trattenuti dall'esercito israeliano.
La nave Morgana è stata una delle prime abbordate da Israele. Ci racconti quei momenti? Come l'hai vissuta?
La mia barca è stata tra le prime a essere intercettate, forse perché eravamo più davanti. Noi siamo stati intercettati a 50 miglia dalle coste di Gaza, quindi totalmente in acque internazionali. Perché il diritto marittimo ci dice che le acque territoriali iniziano da 12 miglia. Entro le 24, c'è un'area di competenza, in questo caso le acque di Gaza perché il trattato internazionale ci dice che quelle acque sono acque di Gaza. Le barche che si sono avvicinate di più sono andate sono arrivati a 36-37 miglia, quindi totalmente in acque internazionali. Il diritto marittimo dice che c'è la libertà di navigare in acque internazionali, quindi nel momento in cui si viene intercettati ed abbordati – quello che è successo a noi – è un atto di pirateria tutti gli effetti. Per essere arrestati ci dev'essere una presunzione di reato. Non c'era, non hanno provato nemmeno a cercarla. E in ogni caso, di nuovo, il diritto marittimo dice che le imbarcazioni civili come le nostre possono entrare in acque territoriale navigarle. Il diritto internazionale dice che laddove c'è un blocco navale, se pure fosse legittimo e quello di Israele non lo è, deve sempre permettere la possibilità di fare entrare gli immigrati. Quindi, anche quello che volevamo fare non è reato. Noi siamo stati abbordati, sequestrati con dei gommoni che ci circondavano. Non abbiamo opposto resistenza, abbiamo obbedito a tutti gli ordini, perché se una persona con un mitra ti dà un ordine, la resistenza ha poco senso.
Hai raccontato di non aver fatto neanche in tempo a gettare il telefono in mare, ovvero una delle indicazioni del training che avevate seguito.
No, perché il mio telefono è stato sequestrato. C'era anche un bancomat, ma mi è stato sequestrato tutto. Sono tornata in Italia senza niente. A chiunque sia stato sequestrato il telefono è rimasto così. Non è stato restituito. Ci hanno chiesto di stare sotto coperta, ma in realtà ci sono state alcune barche a cui hanno chiesto di stare a prua. Questo vuol dire che per ore sono stati sotto il sole. Siamo forzatamente portati al posto di Ashdod perché l'Idf ha preso il controllo della barca.
Una volta che siete arrivati al porto, ci raccontavi che vi hanno sottoposto dei fogli, alcuni in inglese altri in ebraico. Cosa c'era scritto in quei fogli? Li avete firmati?
Quelli in ebraico assolutamente no. Da quello che so non dovrebbe aver firmato nessuno perché questa è proprio la base di come comportarsi, cioè non firmare qualcosa che non capisci. Poi c'era un foglio inglese che riguardava la volontà di non dover andare davanti a un giudice per essere espulsi senza un procedimento giudiziari. Io e tante altre persone l'hanno firmato. Questa è una una scelta che è stata fatta sia come questione personale sia sul Global Movement to Gaza. Lo spiegava oggi la portavoce italiana Maria Elena Delia in conferenza stampa. Ha cercato di equilibrare tra chi firmava e chi non firmava, mantenendo chiaramente salde le scelte e le necessità personali.
Questo ha anche a che fare col fatto che gli italiani che ancora sono lì – sono quindici lo ricordiamo – hanno dei passaporti occidentali. Sono quindi dei passaporti privilegiati e possono essere d'aiuto a persone che hanno dei passaporti più a rischio. Quindi la scelta è stata anche questa giusto, tra chi è rimasto e chi è come te, invece è tornato per raccontare cosa stava succedendo?
Certo, abbiamo fatto anche una valutazione ovviamente sulla forza del racconto perché tornare a raccontare, parlare, fare pressioni sulle istituzioni è importantissimo. Si doveva equilibrare questa cosa. C'è stato richiesto di firmare un altro foglio però non l'abbiamo firmato perché non era non era necessario. Abbiamo potuto avere accesso a dei legali che erano lì in loco. Per fortuna c'è un'organizzazione di avvocati per i diritti umani che ha fatto servizio e ci ha supportato perché in realtà a nostra richiesta di chiamare un legale, alcune persone sono stati dei telefonici che non funzionavano, senza fili. Ad altri è stata negata. Per fortuna c'era questo team che è rimasta lì per dieci ore. Non abbiamo potuto contattare l'ambasciata. Ci siamo riuscito solo dopo aver minacciato che non avremmo fatto il video che ci chiedevano di fare in cui dicevamo che stavamo bene.
Tu raccontavi che ci sono stati dei momenti in cui voi non avete potuto né bere, né andare in bagno.
Sì non avevamo la libertà di fare richieste e quando eravamo sul camioncino insieme a tutti gli altri, non ci rispondevano. Abbiamo richiesto che portassero l'acqua e che facessero usare i servizi alle persone. Speriamo che poi questo sia avvenuto. Non avevamo un accesso né informazioni, perché le informazioni erano estremamente confuse. Ci venivano dette sempre cose per confonderci, anche nel momento della firma, avevamo un po' di pressione. Mi hanno urlato contro.
Com'è andata la notte? Avete dormito?
No, era difficile. Io sono una persona che riesce a dormire in qualsiasi situazione, quindi ho appoggiato la testa un'ora forse però era molto difficile perché c'era la luce accesa, l'aria molto fredda. Non era una situazione agevole. Tante persone non hanno dormito minimamente. Poi ci hanno prelevati dal camioncino dove eravamo con tutti gli altri, prima per fare foto ma non capivamo cosa stesse succedendo. Alle 2 di notte ci hanno spostato da questo camioncino e ci hanno detto che saremmo andati in aeroporto.
Abbiamo letto anche delle dichiarazioni assurde di alcuni politici di destra che hanno detto che i parlamentari che sono tornati in Italia sono dei codardi perché sono rientrati prima e hanno lasciato indietro gli altri. Voi però non sapevate di star rientrando in Italia finché non ve l'hanno detto ed è stata una decisione unilaterale da parte di Israele?
Assolutamente. Quando vedevano i nostri passaporti diplomatici loro (i militari dell'Idf, ndr) ridevano. Questo era il trattamento. Dopodiché c'è stata una decisione che non sappiamo quando è stata presa e da chi. Noi siamo stati trasferiti da un'altra parte e abbiamo passato la notte in una stazione di polizia, non nel centro detentivo. Gli ordini ci venivano dati da una persona in abiti civili e tra le 20 e le 30 persone armate che erano davanti a noi. Quindi non c'era una possibilità di non rispettarli. Se mi viene detto di spostarmi in un camioncino, mi ci sposto. Se faccio le domande e non mi viene risposto, non mi inalbero su questa cosa perché non penso ci sia la possibilità per farlo. Non è la situazione. Abbiamo provato in tutti i modi a utilizzare i contatti verbali che avevamo per cercare di capire quello che stesse succedendo, informare l'ambasciata di quello che stava succedendo e cercare di far dare dell'acqua agli altri. Era il minimo che potessimo fare. Non avevamo la possibilità né di dire né di scegliere cosa fare, dove stare, dove andare. Da quando noi siamo stati messi su quell'aereo, anzi da quando ci hanno portato in aeroporto che abbiamo capito che non c'erano le altre persone con noi, l'unico pensiero costante è stato come stanno gli altri, dove stanno gli altri, quando tornano gli altri, come facciamo a far tornare gli altri il prima possibile, perché sentiamo la responsabilità di fare pressione per cercare di far tornare tutto a posto.
Avete avuto dei contatti con il governo? Da quando siete tornati, avete ricevuto una chiamata da parte della presidente del consiglio Meloni?
No, noi non abbiamo mai sentito la presidente Meloni. Abbiamo avuto dei contatti con il ministro Crosetto che è stato molto attento quando c'era la fregata militare e anche per le parti più di competenza del suo ministero. Ma la presidente Meloni non l'abbiamo assolutamente sentita.
Questo vi dà l'idea anche di come in questo momento il governo vi veda. Immagino avrai sentito la dichiarazione del ministro degli esteri Tajani che ha detto che il il diritto internazionale vale fino a un certo punto. Come ti ha fatto sentire questa frase?
Quello che abbiamo passato me l'ha confermata questa frase. Il punto è che io vorrei far parte di un Paese in cui il il Ministero degli Esteri ha cuore il diritto internazionale e lo rispetta. Ci sono Paesi che non lo rispettano. Israele chiaramente non lo rispetta, ma non è l'unico, ce ne sono tanti altri. Il punto è che vorrei che la mia democrazia avesse a capo delle persone che invece pensano sia fondamentale rispettare e facciano di tutto per farlo rispettare. Quindi questa frase mi ha detto chiaramente che quello che è successo è una mancanza di rispetto dello diritto internazionale che abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
Alcune delle barche dove viaggiavano i membri della flotta, sono state affondate. Gli aiuti sono in questo momento nelle mani degli israeliani, forse non verranno mai portati a Gaza. Era uno degli obiettivi principali della missione, oltre a quello ovviamente di rompere l'assedio. Che cosa pensi che abbia che abbia portato di buono questa missione a chi potrebbe dire che non è servita?
Per una delle prime volte nella storia si arrivato così vicino a Gaza, perché 36-37 miglia dalle acque di Gaza sono impossibili. È un grandissimo risultato.Ha portato le persone a mettere luce sulle violazioni continue perché purtroppo le violazioni quando avvengono lontano sono meno evidenti quando avvengono su persone che conosci diventa più evidente. Capisci quanto è importante che queste violazioni vengano fermate anche quando non sono su di noi. Una grandissima forza della Flotilla è di aver avvicinato le persone a quello che sta avvenendo a Gaza. Penso che il grande problema di una situazione come quella di Gaza, dove c'è un genocidio in corso in diretta è che ti senti impotente. Ti senti completamente impotente perché non puoi far niente. ;i sento impotente io che sto all'Europarlamento, motivo per cui sono entrata sulla flottiglia perché non sapevo più cosa fare nelle istituzioni. La Flotilla ha dato un modo alle persone di non sentirsi impotenti e quindi di avere una speranza, perché potevano supportarla, potevano portare un pacco di pasta, potevano andare sulle navi, potevano fare un lavoro per le barche. Ha dato speranza alle persone e se c'è speranza ci si muove. Ha creato una mobilitazione sempre più forte e ha riportato in questo paese, soprattutto in questo Paese, un senso di appartenenza e rabbia sociale che sfocia però nel tentativo di cambiare le cose, in propositività che mancava da tempo per dire che questo Paese non vuole un genocidio. È una cosa incredibile.
Ti chiedo un'ultima cosa. È stato annunciato che avete presentato un esposto per quello che avete vissuto. Quali sono i prossimi passi dal punto di vista proprio legale?
Non conosco i passaggi tecnici su quello che succederà. Sicuramente c'è una team legale che sta cercando di verificare e studiare la situazione per capire cosa possiamo fare.