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Morte di Silvio Berlusconi

Rotondi a Fanpage.it: “Berlusconi è stato il nostro De Gaulle, è morto il nonno d’Italia”

Per Gianfranco Rotondi, amico e storico alleato di Berlusconi è stato un “personaggio sanamente divisivo”, ed è stato “il nostro De Gaulle”. “Sogno un’Italia in cui potremo atterrare a Roma all’aeroporto Alcide De Gasperi e a Milano all’aeroporto Silvio Berlusconi”, ha detto il deputato in un’intervista a Fanpage.it.
A cura di Annalisa Cangemi
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La morte di Silvio Berlusconi, che si è spento ieri mattina alle 9:30 all'ospedale San Raffaele di Milano all'età di 86 anni, ha scosso l'onorevole Gianfranco Rotondi, eletto con Fratelli d'Italia, amico e alleato storico dell'ex premier e leader di Forza Italia, che gli ha fatto anche da testimone di nozze. Abbiamo contattato telefonicamente il parlamentare e presidente di ‘Verde è Popolare', che ha sempre raccontato di aver avuto un legame "speciale" con Silvio Berlusconi.

Onorevole, come ha reagito alla notizia della morte di Berlusconi?

Mi ritorna sempre alla mente una frase di mia madre, che diceva ‘Una cosa è parlare di morte, altro è morire'. Eravamo preparati, perché le condizioni di salute erano tali da poter prevedere che una cosa del genere avvenisse. La sorpresa è però che quando avviene scatena emozioni non prevedibili. Questo succede per tutti, a maggior ragione in questo caso.

Perché secondo lei c'è questo senso di stordimento generale?

La ragione è che questo succede per tutti i patriarchi. C'è una lettura razionale della morte, che è quella comune. Si dice "era anziano, era giunto il suo tempo, la sua ora". Invece quando muore un giovane si dice "che tragedia". Ma questa è un'interpretazione direi statistica della morte. Ma se pensiamo che la morte è la sottrazione di una presenza dalla nostra vita, allora il discorso cambia. È come quando muore il nonno centenario e all'improvviso si rifiuta la consolazione di coloro che dicono ‘fatevene una ragione, aveva cento anni'. Perché i cento anni dilatano la mancanza, significa che nella vita dei figli quella persona c'è sempre stata per 70 anni, così come è stata una presenza costante nella vita dei nipoti per 40 anni. Per cui il lutto è più difficile da elaborare, confligge con la razionalità. Possiamo dire che in questo caso è morto il nonno d'Italia.

Perché questa morte colpisce tutti?

Sul piano politico non è che Berlusconi ha fatto la riforma, Berlusconi è stato ‘la Riforma'. La Prima Repubblica ha cambiato la legge elettorale (il Mattarellum fu la legge elettorale che nel 1993 sostituì il proporzionale ndr) e ha adottato il maggioritario, ma non lo ha saputo usare. I comunisti fecero la gioiosa macchina da guerra e ottennero solo l'effetto di spaventare i loro stessi elettori. I democristiani si rifugiarono nel terzo polo. Scende in campo un signore, sprovvisto di esperienza politica, che accelera i processi a manetta e realizza una coalizione vincente. Tutte le coalizioni dei trent'anni successivi ruotarono intorno a lui, tranne l'ultima del 2022. Questo fa di Berlusconi ‘la Riforma'.

So che ai politologi con la puzza sotto il naso dava fastidio quando lo dicevo negli anni Novanta, e so che ‘l'avevo detto' è la frase più antipatica della storia: "Berlusconi starà all'Italia come Charles de Gaulle alla Francia". La Riforma, il gollismo, il berlusconismo. Cosa manca all'Italia? L'elaborazione di una storia comune. De Mita mi raccontava che incontrando Mitterand, in un dopocena accanto al caminetto, il presidente francese lo stupì per il suo ego dilatato. Indicò dei ritratti, e poi disse "Ciriaco vedi, Napoleone, De Gaulle, Mitterand, la Francia", sbattendo in faccia al presidente del Consiglio italiano del tempo la differenza tra la Francia e l'Italia. Cioè Mitterand disse "noi siamo Napoleone, De Gaulle, Miettrand, la Francia", descriveva se stesso nella sequenza delle glorie, ma raccontava una gloria comune. Una cosa del genere nel nostro Paese non c'è. Non a caso se andiamo a Parigi atterriamo all'aeroporto Parigi Charles De Gaulle. Chi atterra a Roma non atterra al Roma Alcide De Gasperi, come sarebbe giusto. Io sogno un'Italia in cui potremo atterrare a Roma all'aeroporto Alcide De Gasperi e a Milano all'aeroporto Silvio Berlusconi.

Perché non si riesce a fare questo passaggio?

Come disse quel signore "Fatta l'Italia, bisogna fare gli italiani" (la frase è attribuita a Massimo D'Azeglio ndr), credo che siamo ancora a quello stadio. Gli italiani non si sentono popolo, si sentono ancora guelfi e ghibellini. Uno di sinistra non sa omaggiare fino in fondo l'uomo che ha vinto. Lo ha scritto anche il vostro direttore, ‘Per quanto possa non piacere, Berlusconi ha vinto. E chi l'ha combattuto, ha perso', penso che questo commento riassuma bene quello che voglio dire, Berlusconi ha vinto, perché ha cambiato l'Italia. Poi è legittimo dire che non piace il modo in cui l'ha cambiata, ma riconoscere che l'ha fatto è la premessa di qualsiasi ragionamento.

Lei due mesi fa, durante il primo ricovero di Berlusconi, diceva che "Forza Italia è Berlusconi", e che non aveva senso parlare del futuro e del dopo Berlusconi. E ora cosa succede?

Come amo ricordare, io sono l'erede araldico della Democrazia Cristiana, l'unico che può legittimamente usarne il nome. Si può allora dire che ciò che resta della Democrazia Cristiana in Italia è Rotondi? Solo un pazzo potrebbe dire una cosa del genere, perché la Democrazia in Italia è un metodo, è una classe dirigente diffusa che ancora oggi guida il Paese, nelle banche, nel Parlamento, nel volontariato, nel società civile diffusa. Quel ceto guida esiste ancora, è ancora maggioranza in un Paese che invecchia, i democristiani hanno dai 50 ai 100 anni e sono tutti ancora nei posti di comando.

Così il berlusconismo: scostiamo l'eredità di Berlusconi dal partito. Forza Italia sta al berlusconismo come la Dc di Rotondi sta alla Democrazia Cristiana, è una traccia di intimità e continuità sentimentale con le battaglie di Berlusconi. Ma il berlusconismo ormai anima tutto il centrodestra, il partito e i gruppi parlamentari di Giorgia Meloni sono pieni di berlusconiani. Tutti quei parlamentari erano parte del Pdl, compresa la stessa Giorgia Meloni, che era la leader dei giovani del Pdl, oltre a essere stata un ministro di Berlusconi. Non è meno berlusconiana di amici di Forza Italia che sono arrivati molto dopo nel partito. Così come esiste una presenza di berlusconiani nel Pd, ex ministri di Berlusconi. Per non parlare del Terzo Polo, nella Lega c'è Laura Ravetto. E ancora ci sono tanti che sono poi usciti dalla politica, manager privati e pubblici che sono stati in politica con lui. E abbiamo una straordinaria ricchezza di talenti che lui ha inventato, nelle sue televisioni, nelle case editrici, nei giornali, in Forza Italia, nelle nomine fatte nelle lunghe stagioni di governo. Sarebbe riduttivo insomma pensare all'eredità di Berlusconi solo guardando al dividendo elettorale di Forza Italia, che è solo una delle società dello straordinario mondo di Silvio Berlusconi.

C'è qualcuno oggi in grado di raccogliere quell'eredità? Esiste un erede del berlusconismo?

Anche dopo la morte dei grandi della Dc ci si chiedeva chi ne fosse l'erede. Ma i grandi non lasciano eredi perché sono grandi, e due grandi di seguito nascono raramente.

Nei ritratti che di Berlusconi sono stati fatti in questi giorni spesso la sua figura è stata accostata alla Regina Elisabetta, cioè un leader che per molto tempo ha simboleggiato l'Italia, e che ha segnato un'epoca, nel bene e nel male. È d'accordo?

No, io penso che sia stato il nostro De Gaulle. La Regina Elisabetta rappresentava l'unità del popolo inglese, un'istituzione millenaria. Berlusconi invece è stato un personaggio sanamente divisivo, che non aveva alle spalle una tradizione millenaria, ma una bellissima storia di un ragazzo che ha caricato sulle spalle le lavatrici con Confalonieri, e poi ha scalato la finanza, l'impresa, la politica, ed è rimasto sempre quel ragazzo, sempre con Confalonieri accanto. Perché questa è un'altra cosa bellissima di Berlusconi, sapeva mescolare vita privata con l'avventura imprenditoriale e politica, il partito dei compagni di scuola, è molto bello tutto questo, non c'è nella biografia di nessun altro uomo politico.

L'ex parlamentare Elio Vito ha detto che Meloni, dato che ha vinto le elezioni anche grazie a Berlusconi, ora dovrebbe dimettersi. Che ne pensa?

Questa è una cosa che non esiste, ma cosa significa? I parlamentari di Berlusconi continuano a votarle la fiducia, e i governi cadono quando perdono la fiducia parlamentare. Questo governo rischia solo di accrescerla la fiducia. La Costituzione detta regole che nemmeno Vito può riformare.

Secondo lei quindi non cambieranno adesso gli equilibri all'interno del centrodestra?

No, Meloni governerà a lungo e accrescerà la sua maggioranza parlamentare, perché sta facendo scelte che fisiologicamente porteranno le opposizioni a esaminare con più attenzione le scelte del governo. E non mi riferisco solo al Terzo Polo.

E a chi si riferisce?

Secondo me anche nel Pd e nel M5s c'è una riflessione seria su quello che il governo fa, e ci saranno posizioni su cui anche loro potranno convergere, a cominciare dalle riforme.

Pensa che la scomparsa di Berlusconi possa creare un problema nell'operazione di avvicinamento tra popolari e conservatori, in vista delle elezioni europee del 2024? Poteva essere una cerniera?

L'Europa ragiona con il pallottoliere, non ha bisogno di cerniere. Se popolari e conservatori insieme hanno la maggioranza per dettare la linea l'alleanza la faranno. Se no si faranno piacere altre maggioranze. Non ho mai visto politici più sbrigativi dei popolari europei, applicano l'antico principio democristiano: prima si conta, poi si ragiona.

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