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Rimborsi spese e rendicontazioni: che ne è stato della trasparenza del M5s

In questi giorni si sono discusse molto le rendicontazioni dei parlamentari Cinque Stelle, in seguito ad un tweet che evidenziava le “spese pazze” di Paola Taverna, vicepresidente del Senato. Proviamo a capire meglio come stanno le cose e perché è cambiato il metodo di rendicontazione dei parlamentari del Movimento 5 Stelle.
A cura di Annalisa Girardi
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In questi giorni si è tornato a parlare delle spese folli dei Cinque Stelle in Parlamento in seguito ad un tweet di Marco Furfaro, di Sinistra Ecologia Libertà. Il post riportava uno screenshot relativo alle spese telefoniche di Paola Taverna, vicepresidente del Senato, che ammontano a circa 17.751 euro in cinque anni, quelli della scorsa legislatura, per ricariche e chiavette internet. Sembrerebbe impossibile spendere quasi 300 euro al mese per il telefono, ma parrebbe che Paola Taverna ci sia riuscita, attirando così l’attenzione mediatica sulle spese dei colleghi pentastellati e i sarcastici consigli che le suggeriscono di cambiare operatore.

I dati provengono dal sito maquantospendi.it in cui Marco Canestrari, ex dipendente della Casaleggio Associati, riporta tutte le spese rendicontate dei Cinque Stelle. Il sito, a sua volta, si basa sui numeri forniti dal portale tirendiconto.it, gestito direttamente dai pentastellati con lo scopo di riferire le cifre riguardanti i bilanci del Movimento. Oltre che alle ingenti spese telefoniche, dal sito risulterebbe che Paola Taverna paghi decisamente tanto anche i suoi spostamenti in auto: 20.501 euro spesi in carburante e 14.381 euro in taxi. Se poi si considera che in cinque anni di legislatura ha registrato solo 14,49 euro di pedaggi autostradali, paiono legittime le perplessità su tutti quei chilometri percorsi in giro per Roma.

La vicepresidente del Senato, nonostante sia in cima alla classifica per quanto riguarda le spese telefoniche, sarebbe solo al 68esimo posto su 123 per le spese totali. Il primo gradino del podio è occupato da Massimiliano Bernini con circa 315.513 euro. Un fatto curioso, messo in luce da Repubblica che ha analizzato i dati di tirendiconto.it in seguito al tweet sulle spese telefoniche di Paola Taverna, sarebbe che nelle fasce più alte della classifica non si trovino i volti più conosciuti del Movimento. Il nome più noto che figura per primo nella classifica totale è quello di Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia, che occupa il 15esimo posto con un totale di 239.003 euro. Al 27esimo posto troviamo Giulia Grillo, ministro della Salute, con 210.880 euro. Alessandro Di Battista, con 197.229 euro di spesa totali, si trova al 39esimo posto, mentre Laura Castelli, sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze, occupa la 47esima posizione con 189.063 euro. Il presidente della Camera, Roberto Fico, è al 66esimo posto con un totale di 174.205 euro, e bisogna scendere fino al 77esimo posto per trovare Luigi Di Maio con 160.782 euro spesi.

Le polemiche per quanto riguarda il binomio rendicontazioni – Cinque Stelle sono state alimentate nelle ultime settimana dall’inchiesta del programma ‘Le Iene’ sui mancati rimborsi da parte di Giulia Sarti, deputata M5S che si è in seguito autosospesa. L’indagine era incominciata circa un anno fa, quando il programma in onda su Mediaset aveva ricevuto informazioni sui mancati rimborsi di alcuni deputati pentastellati dello stipendio da parlamentare, come indicato da regolamento interno. Le fonti di queste informazioni, che all’epoca del servizio non erano state rivelate, erano due ex esponenti dei Movimento, Lorenzo Battista e Fabrizio Bocchino, espulsi dal partito circa 4 anni prima.

L’inchiesta aveva innescate un’indagine più ampia, da cui era risultato che dall’inizio della scorsa legislatura fino al 2018, i parlamentari Cinque Stelle restituivano ogni mese importi sempre inferiori, aumentando allo stesso tempo le richieste di rimborso spese. Già due anni prima le spese dei Cinque Stelle avevano generato qualche domanda. A finire sotto i riflettori era stato proprio Luigi Di Maio, allora presidente della Camera, con i suoi 100.000 euro di eventi sul territorio in tre anni. Il dato ha fatto discutere sia per la sua opacità – non comprendendo i trasporti e gli alloggi non era chiaro dove finissero concretamente quei soldi – sia in quanto fosse nettamente superiore rispetto agli importi spesi dai colleghi pentastellati sotto la stessa voce, che andavano dai 31.600 euro di Roberto Fico ai 16.000 di Alessandro Di Battista.

È importante precisare che non si sta facendo riferimento a eventuali illeciti e che i deputati pentastellati sono gli unici a rinunciare a una parte dell’indennità da parlamentare. Tuttavia, si tratta di una questione di onestà e trasparenza su di cui il Movimento ha riposto la fiducia del suo elettorato. Il M5S ha infatti cambiato il sistema per il calcolo di rimborsi e restituzioni su tirendiconto.it: se prima potevamo analizzare i dati della vecchia legislatura e sapere quanti soldi erano stati spesi dal singolo parlamentare e per cosa, ora ci possiamo confrontare solo con somme generali, che indicano quanto spendono i pentastellati, ma non riferisce dove ricadano quelle spese. La documentazione che si può scaricare dal sito riporta inoltre solo grafici comuni, e non analizza più il comportamento del singolo.

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