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Riforma fiscale, come cambiano le tasse: tre aliquote Irpef e flat tax incrementale per i dipendenti

La riforma fiscale del governo Meloni dovrebbe essere varata dal Consiglio dei ministri già la prossima settimana. Una bozza del testo dà un’idea delle misure su cui vuole puntare il governo: Irpef a tre aliquote per arrivare alla flat tax per tutti, Iva ridotta, meno controlli e meno tasse per le aziende.
A cura di Luca Pons
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La riforma fiscale annunciata dal governo Meloni si avvicina all'approvazione. Il Consiglio dei ministri dovrebbe discuterla già la prossima settimana. Le anticipazioni circolate negli ultimi giorni, confermate da diversi esponenti del governo, sono raccolte in una bozza del testo di trenta pagine che dà le indicazioni principali.

Trattandosi di una legge delega, cioè una legge con cui il Parlamento darebbe al governo il compito di fare una riforma fiscale, non sono delineati tutti i dettagli tecnici, per i quali serviranno dei decreti specifici nei prossimi due anni. Tuttavia, si possono leggere gli interventi principali che il governo Meloni intende portare avanti.

Irpef a tre aliquote e tassa piatta incrementale anche per i lavoratori dipendenti

Nel testo uno dei punti più importanti è l'estensione della flat tax incrementale anche ai lavoratori dipendenti. Si tratta di un'imposta ridotta da pagare sul proprio reddito aggiuntivo in un anno rispetto agli anni precedenti, se ce n'è, e oggi è prevista solo per le partite Iva.

Con questo cambiamento, insieme all'Irpef a tre aliquote – che il governo ha detto saranno "addolcite" e "più basse" rispetto a quelle attuali – lo scopo è di arrivare alla flat tax per tutti entro il 2027, secondo il testo. A proposito di Irpef, al momento ci sono due ipotesi principali per le nuove quote: la prima prevede tre aliquote, una al 23%, una al 27% e una al 43%, per un costo allo Stato di circa 10 miliardi di euro; la seconda invece prevederebbe tre aliquote al 23%, al 33% e al 43%, con un costo più ridotto, stimato a 6 miliardi di euro.

Per affrontare questi costi, oltre agli altri previsti dalla riforma, il governo intende "rivedere" le tax expenditures, cioè tutte le varie esenzioni fiscali. Secondo le stime della bozza, ce ne sono oltre 600 in tutti i settori, e occupano circa 165 miliardi di euro. Riducendole e riorganizzandole, quindi, si dovrebbero aumentare le entrate abbastanza da poter portare avanti gli altri cambiamenti.

Sempre nell'ambito dell'Irpef, dovrebbe essere semplificata la norma sui fringe benefit per i lavoratori dipendenti e dovrebbero essere equiparate la no tax area per i pensionati (oggi fissata a 8.500 euro) e quella per i dipendenti (8.174 euro). Per i lavoratori autonomi, l'intenzione è di ridurre le ritenute sui compensi se l'autonomo deve sostenere costi alti per pagare dipendenti o collaboratori.

Infine, per "semplificare l'intero sistema" e "garantire l'equità orizzontale" di tutti i contribuenti, la bozza interviene su tutte le categorie di reddito Irpef: agrari, dei fabbricati, di lavoro dipendente e autonomo, d'impresa, di natura finanziaria e i redditi diversi. La cedolare secca potrebbe essere estesa anche agli immobili non residenziali. I redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria dovrebbero essere accorpati in un'unica categoria, con una tassazione in base al principio di cassa e compensazione. Si prevede un'imposta agevolata per i redditi di natura finanziaria ottenuti dalle casse di previdenza.

Ipotesi Iva a zero sugli alimenti essenziali

Si va verso una "razionalizzazione" anche per l'Iva. Tra le ipotesi che sono sul tavolo, anche se per il viceministro all'Economia Maurizio Leo "ci si deve lavorare", è quella dell'Iva a zero su alcuni beni essenziali: pane, pasta e latte, ad esempio. Secondo le prime simulazioni, però, la misura costerebbe tra i 4 e i 6 miliardi di euro.

Certamente tra le intenzioni del governo c'è quella di rivedere le attuali aliquote, che sono quattro: una al 4%, una al 5%, una al 10% e una al 22%. In più, si intende intervenire su alcuni istituti come le detrazioni e i rimborsi, per semplificarli.

Ires a due quote per favorire le aziende che investono e assumono

Cambiano le imposte sulle società: il governo parte dalla valutazione che nel 2024 entrerà in vigore la global minimum tax, cioè la tassa minima del 15% per le aziende multinazionali nell'Unione europea. Per questo, l'Ires – l'imposta sul reddito delle società – viene modificata per "rendere maggiormente attrattivo" il sistema fiscale italiano.

Rispetto all'Ires ordinaria al 24%, dovrebbe essere prevista un'aliquota ridotta che non è ancora stata definita. Questa si pagherà sui soldi spesi per investire in innovazione, oppure per assumere. In parallelo, dovrebbero essere gradualmente eliminati o comunque ridotti gli attuali crediti d'imposta. In più, per le attività produttive sarà gradualmente superata l'Irap, perché si introdurrà un'altra sovraimposta che si pagherà sulla stessa base imponibile dell'Ires.

Via le imposte ipotecarie e di bollo per un tributo unico

La bozza prevede anche di razionalizzare diverse spese: imposta ipotecaria e catastale, tributi speciali catastali, imposte di bollo, tasse ipotecarie, dovrebbero essere tutte sostituite da un tributo unico. C'è anche la possibilità che questo sia "a misura fissa". L'autoliquidazione, cioè il versamento sulla base delle dichiarazioni e senza l'intervento diretto dell'amministrazione, sarà estesa anche all'imposta di registro e l'imposta di successione.

Le accise sui prodotti energetici, come gas ed energia elettrica, dovrebbero essere riviste. In particolare, il loro valore dovrebbe essere collegato non più allo storico, ma alle quantità di questi prodotti che vengono realmente vendute e quindi fatturate.

L'intenzione sulle tasse regionali è di andare avanti nell'autonomia delle Regioni, su questo aspetto. Invece di ricevere soldi dallo Stato, le Regioni dovrebbero direttamente tenersi una parte maggiore dell'Irpef e anche una quota dell'Iva. Si prevede anche di riordinare e semplificare i tributi locali.

Tregua fiscale, meno controlli per le aziende e multe più basse

Per quel che riguarda le procedure, anche di riscossione, la linea del governo è di dare fiducia alle imprese. Una delle proposte è che per le piccole aziende l'Agenzia delle Entrate prepari delle dichiarazioni dei redditi precompilate – basate sulla sua banca dati – per due anni, e se le aziende accettano di pagare con questa modalità vengono esonerate dai controlli e gli accertamenti finanziari per quei due anni.

L'idea è che le misure per contrastare l'evasione fiscale non abbiano funzionato fino ad oggi, e quindi la soluzione migliore sia allentare la pressione e i controlli sulle attività produttive. Per questo motivo, anche le grandi aziende dovrebbero avere un sistema di ‘trattativa' con il fisco sulle quote da pagare, la cosiddetta tax compliance volontaria. In più, anche le multe dovrebbero essere riviste – in linea con le norme europee – per essere più proporzionali rispetto alle eventuali infrazioni. Non solo, ma per facilitare le aziende si prevede anche che l'Agenzia delle Entrate non invii comunicazioni ad agosto e a dicembre.

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