Renzi dice che Meloni non andrà al Quirinale per colpa del caso Paragon: “È un’ombra sul suo governo”

Per l'ex premier Matteo Renzi il caso Paragon, la vicenda dello spionaggio attraverso lo spyware militare israeliano Graphite, ai danni di attivisti e giornalisti, tra cui il direttore di Fanpage.it Cancellato e il fondatore di Dagospia Roberto D'Agostino, non è chiuso. Il governo non ha mai chiarito cosa è successo.
Nemmeno dopo le ultime notizie, dopo che qualche giorno fa è emersa una nuova vittima coinvolta, Francesco Nicodemo, ex spin doctor proprio di Matteo Renzi quando era segretario del Pd e presidente del Consiglio. Il nome di Nicodemo, che oltre a essere un professionista che cura la comunicazione di aziende e di parlamentari Pd, è anche legato da rapporti d'amicizia con Francesco Cancellato, è uscito per la prima volta nel libro del direttore di Fanpage.it ‘Il nemico dentro', in cui si ripercorre tutto il caso Paragon, che ha colpito direttamente anche il capo della Cronaca di Napoli, il giornalista Ciro Pellegrino.
Questa sera, alla presentazione del libro, è intervenuto il leader di Iv Matteo Renzi, secondo cui questa storia dai contorni ancora opachi sbarrerà alla premier la strada per il Quirinale: "Penso che Giorgia Meloni non andrà al Quirinale per colpa di Paragon, lei vuole andarci ma non andrà al Quirinale" perché "questa vicenda verrà fuori", ha detto l'ex premier. "La candidata di Giorgia Meloni – ha detto Renzi – è Giorgia Meloni e per" eleggere il presidente della Repubblica "deve vincere le elezioni politiche del 2027 e lei le vince se la sinistra come al solito si spara sui piedi perché ci va divisa".
"Occorre un atto di coraggio: dire con forza cara Giorgia, caro Alfredo (Mantovano, ndr), su questa cosa non vi daremo tregua perché da questo snodo passa la libertà dei cittadini e delle istituzioni".
Secondo Renzi, "il governo sa perfettamente chi è stato e non risponde e non fa nulla per beccare i colpevoli. E nessuno si indigna nel Paese". Se ci fosse stato ancora Silvio "Berlusconi ci sarebbero state" sui giornali "le dieci domande".
Il governo avrebbe dovuto, ha sottolineato ancora Renzi, "non comprare Paragon e comprandolo avrebbe dovuto usarlo per terrorismo e mafia perché c'è scritto nel contratto con Paragon. Invece hanno spiato Cancellato. Hanno sparato a una formica con una bomba nucleare. Stiamo parlando di un giornalista, di un consulente politico, di un parlamentare" che "fa fatica ad avere spazio", ha detto ancora ricordando le persone coinvolte. "Cosa può succedere ai cittadini? Qui vale la regola di Brecht: quando arriveranno e vi portano via tutto ricordatevi che c'è stato un momento che l'opinione pubblica se n'è fregata".
"Questo casino – ha attaccato Renzi – parte con Meloni e Mantovano" che "invece di dire abbiamo sbagliato, danno versioni contrastanti e Paragon lo sa e prima o poi anche Paragon dovrà decidere se mantenere credibilità o continuare a coprire il governo italiano".
"È tema che riguarda Giorgia Meloni ed è un'ombra sull'azione del governo", ha affermato Renzi. "È normale che ci sia una agenzia nazionale sulla cybersicurezza che sulla vicenda Paragon non ha aperto bocca e alla cui guida" il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano "ha messo un suo amico prefetto che lavorava nel mio governo? Era a capo dei vigili e affermo che la competenza di Frattasi è zero. E fino a che c'è questa situazione va chiusa l'agenzia nazionale sulla cybersecurity".
Gli sviluppi del caso Paragon
Francesco Nicodemo ha denunciato lo spionaggio ai suoi danni alla Procura di Roma, affermando di essere stato spiato con il software Graphite prodotto dalla ditta israeliana Paragon. La denuncia di Nicodemo è stata inserita nel procedimento già avviato da tempo dalle procure di Roma e Napoli e che vede come parti lese sette persone, tra cui il fondatore di Dagospia Roberto D'Agostino e i giornalisti Eva Vlaardingerbroek, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino.
Gli inquirenti – che nelle scorse settimane hanno ascoltato come persone informate sui fatti i vertici dei servizi segreti – sono in attesa dei risultati degli accertamenti tecnici irripetibili sui dispositivi utilizzati dalle parti lese. Il tentativo è quello di individuare un'"impronta", un codice alfanumerico che identifichi lo spyware, dall'analisi dei dispositivi telefonici che sono stati infettati.
Nell'indagine si procede, al momento contro ignoti, per una serie di reati tra cui l'accesso abusivo a sistema informatico e quanto previsto all'articolo 617 del codice penale su reati informatici: cognizione, interruzione o impedimento illecito di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche e installazioni abusiva di apparecchiature atte ad intercettare.