Referendum giustizia, Pagliarulo (Anpi): “Votiamo no, Meloni cambia la Costituzione spaccando il Parlamento”

Ieri l'Anpi ha organizzato un evento per discutere della riforma costituzionale sulla separazione delle carriere e della torsione autoritaria del governo Meloni, attuata con il decreto Sicurezza. La preoccupazione principale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia è che questa modifica costituzionale possa minacciare l'autonomia della magistratura, mentre per i cittadini non ci saranno riflessi positivi sulla velocizzazione dei procedimenti giudiziari.
I lavori del convegno, dal titolo ‘Separazione delle carriere e legge sicurezza: è questa la giustizia della Costituzione?', sono stati aperti dalla presidente Anpi Marina Pierlorenzi, che ha definito la riforma, approvata in via definitiva in Senato lo scorso 30 ottobre, un "attacco alla divisione dei poteri sancita dalla Costituzione" che mette anche in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Il governo si aspetta un risultato "plebiscitario" al referendum, ha ricordato Pierlorenzi: "Penso che il nostro no netto al referendum e l'invito al voto siano importanti".
Sul testo, che prevede la separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante, la conseguente creazione di due Csm e l'istituzione di un'Alta Corte disciplinare, si terrà un referendum confermativo. "La battaglia per il no al referendum ci vede impegnati in prima fila", ha detto l'avvocato Emilio Ricci, vice presidente nazionale Anpi. La separazione delle carriere e il decreto Sicurezza sembrano due questioni diverse. In realtà le due impostazioni normative vanno lette insieme". Per il governo, è il ragionamento di Ricci, "è necessario semplificare per rendere più efficiente lo spazio decisionale, la separazione delle carriere viene presentato come un provvedimento che semplifica. Il decreto Sicurezza viene presentato come una risposta a emergenze reali, come l'immigrazione. Il governo parla di ‘nemici dell'ordine'".
"Oggi l'ordinamento costituzionale prevede un unico Csm per i pm e per la funzione giudicante. I magistrati sono garantiti da una sostanziale separazione delle carriere, anche grazie alla riforma Cartabia. La presenza di contrappesi, dal punto di vista delle garanzie costituzionali, è assolutamente assicurata. Chi è favorevole alla riforma dice invece che l'imparzialità del giudice sarebbe garantita maggiormente da una diversa cultura rispetto a quella di chi accusa. La separazione dovrebbe quindi garantire l'autonomia del pm rispetto al giudice. Al contrario noi riteniamo che l'attuale unità delle carriere e la presenza del Csm siano garanzia di indipendenza della magistratura da qualsiasi potere esterno".
Il pm rischia di essere condizionato dal governo?
Una delle preoccupazioni principali riguarda appunto l'indipendenza dei pubblici ministeri, che rischiano di essere assoggettati al potere esecutivo. La questione era stata sollevata anche dall'ex presidente dell'Anm Santalucia, che in un'intervista a Fanpage.it aveva evidenziato il problema, ricordando che anche se è vero che resta l'obbligatorietà dell'azione penale, "Quando fu varato il testo in Consiglio dei ministri si diceva che l'obbligatorietà doveva essere cassata, poi è rimasta. Si dice che il pubblico ministero è autonomo, e lo si dice anche nel nuovo testo di riforma, e si dice che l'azione penale è obbligatoria. Però, intendiamoci, il pubblico ministero già oggi può essere organizzato con maggiore gerarchia di quanto avviene per il giudicante. Domani la distinzione qualitativa delle due autonomie darà mano libera al legislatore ordinario per organizzare in maniera molto più netta, gerarchicamente, con un capo al vertice, il pubblico ministero. Quando si gerarchizza, la possibilità di un'influenza di poteri esterni rispetto all'intero apparato, è assai più semplice", aveva detto Santalucia in un'intervista a Fanpage.it.
"Nella legge costituzionale non è esplicitato, tuttavia sappiamo quali siano i rischi insiti in una riforma di questo tipo – ha detto Ricci – Oggi conosciamo il carico di lavoro dei pubblici ministeri. È talmente tanta l'attività da svolgere, che spesso l'attività di indagine viene delegata alla polizia giudiziaria, nelle sue varie articolazioni", ha sottolineato l'avvocato. Nel caso in cui il ruolo del pm venisse reso autonomo, è il ragionamento, la dipendenza dalle attività di indagine della polizia giudiziaria, che è dipendente dell'esecutivo, potrebbe portare potenzialmente a un "condizionamento in maniera significativa dell'attività di indagine da parte delle procure e dei pm".
"Noi temiamo che il pm, anche se questo non è presente oggi nella norma costituzionale, possa essere influenzato dal governo, e che si giunga alla cosiddetta ‘rinunciabilità' dell'azione penale. Già oggi a causa dell'enorme intasamento dei tribunali, molte indagini, soprattutto quelle per reati meno gravi, vengono svolte in maniera molto superficiale. Il rischio è che si possa giungere alla decisione di determinare una ‘rinunciabilità dell'azione penale. Sarebbe una violazione significativa di un criterio democratico di esercizio dell'azione penale obbligatoria".
"Tutte queste norme vengono contrabbandate poi come norme per la velocizzazione dei processi, ma non è così. La vera riforma della giustizia, che nessuno ha voluto affrontare, sarebbe una depenalizzazione dei reati meno significativi, che intasano gli uffici giudiziari".
Pagliarulo: "Il non detto della riforma è il controllo del governo sui pm"
Ai microfoni di Fanpage.it si è espresso in modo critico sulla riforma della giustizia il presidente nazionale di Anpi, Gianfranco Pagliarulo.
"A essere esatti – ha detto Pagliarulo – la legge costituzionale che è stata approvata recentemente non è sulla separazione delle carriere. La legge riguarda le modifiche all'ordinamento giurisdizionale e l'istituzione di un'Alta Corte disciplinare. In sostanza la legge cambia la struttura costituzionale che riguarda il Consiglio Superiore della Magistratura. In pratica lo spacca in due, creando un Csm per i giudici e un altro per i pubblici ministeri. Toglie ai Consigli superiori della magistratura il potere di agire dal punto di vista dell'azione disciplinare contro i magistrati, e questo potere viene demandato all'Alta Corte".
Secondo Pagliarulo, "La vera sostanza del problema, che non viene esplicitato nella legge, è il rapporto con il governo. La legge in questione è stata presentata dalla presidente del Consiglio Meloni e dal ministro della Giustizia Nordio, e dopo l'iter parlamentare, previsto per l'approvazione di leggi di modifica della Costituzione, è stata approvata a fine ottobre".
"Non solo è stata presentata dal governo, in difformità da una norma morale che dovrebbe vedere il governo silente davanti a modifiche costituzionali, lasciando il Parlamento proponente. Ma questa legge, per la prima volta nella storia della di leggi di revisione della Costituzione, da quando è stata presentata non è stata modificata di una virgola, cioè è rimasto esattamente il testo originario. Questo vuol dire in sostanza che si è voluto spaccare il Parlamento per arrivare a una modifica costituzionale", ha spiegato Pagliarulo.
"Ricordo che la forza della Costituzione deriva dal fatto che è stata approvata dalla stragrande maggioranza dei membri dell'Assemblea Costituente. A quel tempo De Gasperi, presidente del Consiglio, si sedeva non fra i banchi del governo, ma fra i banchi del Parlamento, proprio per segnare questa lontananza del governo dalle modifiche costituzionali".
"Ma qual è il non detto che c'è in questa legge? Il non detto va rintracciato nelle parole di Meloni e di Nordio. La presidente del Consiglio ha recentemente dichiarato che con questa legge finalmente non ci saranno più ingerenze della magistratura nelle azioni del governo, e ha detto che la riforma rappresenta la risposta più adeguata a una ‘intollerabile invadenza', dei magistrati. E Nordio angelicamente ha detto che anche Schlein avrebbe dovuto sostenere questa legge, perché ove andasse al governo il Partito Democratico, anche questo sarebbe tutelato dalle ingerenze della magistratura. Quindi, arrivando al nocciolo del problema, il punto vero è che con questa legge si scardina lo stato di diritto e l'architettura costituzionale che era stata prescritta al fine di tutelare lo stato di diritto. Questo è il motivo fondamentale per cui noi siamo ovviamente per il no all'approvazione della legge e ci impegneremo in tutte le forme ragionevoli nella campagna referendaria".
"Ricordo che essendo una legge costituzionale il referendum non ha un quorum. Quindi invito tutti quelli che condividono questa preoccupazione che riguarda la natura dello Stato italiano, a recarsi alle urne quando sarà il momento e a votare no".
"Tutto va visto in un disegno più complessivo – ha aggiunto Pagliarulo a Fanpage.it – in quel gioco che sulla Settimana Enigmistica consiste nell'unire i puntini. Proviamo a farlo: decreto legge anti-rave, decreto Cutro, decreto Caivano, modifica e abolizione del reato di abuso d'ufficio, modifica della legge sulle intercettazioni, decreto Sicurezza. E potrei continuare a lungo. Alla fine di questa escalation c'è la riforma del premierato, cioè una riforma che nella sostanza dà tutto il potere a un uomo o una donna sola al comando. Non ci vuole molto per capire che la legge sulla giustizia di cui stiamo parlando, è una legge che si scrive pienamente in questo disegno che tende sostanzialmente a dare il più possibile mano libera al governo".
"Soprattutto con il decreto Sicurezza, si vuole far sì che la legge non sia più uguale per tutti, ma colpisca in particolare i ceti più deboli, cioè i migranti, gli emarginati, degli operai, i giovani e gli studenti, mentre si salvaguardano i colletti bianchi".
"Nel 2027 saranno 80 anni dall'approvazione della Costituzione. Bisogna fare in modo di celebrare quell'anniversario con una Costituzione ancora intatta", ha detto ancora il presidente Anpi a Fanpage.it.
Anche Pagliarulo ha sottolineato che la riforma non renderà la giustizia più efficiente: "La giustizia ha bisogno di profonde riforme che riguardano la velocità dei processi, la mancanza di personale, la situazione drammatica delle carceri che ormai stanno diventando una discarica sociale. Di tutto questo non c'è una parola sulla legge".