Referendum 8 e 9 giugno, gli ultimi sondaggi: a quanto arriverà l’affluenza

I referendum dell'8 e 9 giugno su cittadinanza e lavoro si avvicinano. Tra meno di venti giorni gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su una serie di questioni. Oltre alla riforma della cittadinanza, ci sono quattro quesiti sul lavoro che riguardano contratti precari, subappalti e licenziamenti. Come spesso è avvenuto negli ultimi anni, però, la domanda non è tanto se gli italiani siano favorevoli o contrari, ma se andranno o meno a votare. E gli ultimi sondaggi sul tema sono piuttosto pessimistici.
La rilevazione più recente è quella effettuata da Demopolis: solo il 30% degli italiani dice che andrà a votare, mentre il 56% dice di no. Anche considerando un 14% di indecisi, insomma, non ci sarebbero margini al momento per raggiungere il quorum del 50% più uno. La stima sull'affluenza al momento sarebbe tra il 31% e il 39%.
Rispetto agli altri sondaggi diffusi nelle ultime settimane, il risultato è sostanzialmente identico. In altri casi il massimo era 36% o 38%, ma concretamente poco cambia. L'impressione è che l'obiettivo di arrivare a un numero sufficiente di elettori al momento sia molto difficile da raggiungere.
La Cgil e le opposizioni si sono uniti in una protesta contro l'astensionismo, di fatto sostenuto dal governo e spinto anche dallo scarso interesse mostrato dalla televisione pubblica. Ma per adesso i numeri dicono che per ottenere il quorum bisognerebbe convincere oltre il 15% della popolazione ad andare a votare: più di quanto prenda la maggior parte dei partiti alle elezioni.
È utile ricordare che si voterà domenica 8 e lunedì 9 giugno, e che come detto sono in gioco cinque quesiti. Il primo riguarda la cittadinanza. Si tratta di una modifica tutto sommato limitata alle leggi attuali: l'unico cambiamento se passasse il Sì sarebbe che per diventare cittadini italiani servirebbero cinque anni di residenza nel Paese, invece di dieci. Un cambiamento che però permetterebbe a molte persone già di fatto integrate in Italia di evitare di aspettare altri cinque anni con una serie di limitazioni ai loro diritti.
Gli altri quattro quesiti, proposti dalla Cgil, riguardano tutti il lavoro. Uno cancella una sezione del Jobs Act ritorna in parte all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, permettendo il reintegro dei dipendenti che vengono licenziati senza giustificato motivo nelle aziende medio-grandi (anche se solo nei casi più gravi). Un altro prevede la possibilità di un risarcimento più alto per chi subisce un licenziamento ingiustificato in una piccola impresa.
Il terzo riguarda i contratti a tempo determinato, e obbliga chi ne fa uno a giustificare sempre il motivo specifico per cui non sta offrendo un contratto fisso. E infine il quarto riguarda il sistema dei subappalti, di fatto dando una parte della responsabilità a chi commissiona i lavori.