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Referendum 2025

Referendum 2025, nuovo sondaggio sul quesito sulla cittadinanza: il 70% degli italiani non conosce la legge

Un sondaggio YouTrend rivela che solo un italiano su tre conosce davvero i requisiti per ottenere la cittadinanza, nonostante la maggioranza la voglia cambiare: il 51% è favorevole infatti alla riforma proposta dal referendum dell’8 e 9 giugno. Informazione e partecipazione si muovono di pari passo.
A cura di Francesca Moriero
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C'è un paradosso che attraversa silenziosamente il dibattito pubblico italiano, e il recente sondaggio di YouTrend lo mette in piena luce: la maggioranza degli italiani vuole cambiare la legge sulla cittadinanza, ma la maggioranza non la conosce. L'indagine, presentata alla Stampa Estera a poco più di due settimane dal voto sul referendum cittadinanza, mostra che meno di un terzo degli elettori conosce con precisione i criteri attualmente in vigore per diventare italiani. Eppure, più sale la consapevolezza, più aumenta il consenso alla riforma. Non è solo, dunque, una questione di opinioni: è una questione di informazioni, che sembrano ancora oggi scarsamente diffuse su un tema che riguarda il futuro democratico e civile del Paese. E mentre il 51% si dice favorevole alla proposta referendaria, che punta a dimezzare il periodo di residenza necessario per chiedere la cittadinanza, solo il 12% crede che sarà raggiunto il quorum.

I requisiti per ottenere la cittadinanza: solo il 28% li conosce davvero

La prima, impressionante, fotografia scattata da YouTrend riguarda il livello di conoscenza della legge: solo il 28% degli intervistati dichiara infatti di conoscere bene e nel dettaglio i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana. Il 55% afferma di conoscerne "qualcuno", mentre il 14% ammette di non saperne nulla. Un ulteriore 3% risponde di non sapere nemmeno come rispondere. Eppure si tratta di norme fondamentali, che incidono sulla vita di centinaia di migliaia di persone nate o cresciute in Italia ma formalmente ancora considerate "straniere". I tre requisiti attuali, almeno dieci anni di residenza legale e continuativa, un reddito dimostrabile, l'assenza di precedenti penali, risultano poco noti: solo il requisito dei dieci anni è riconosciuto dall'81% degli intervistati, mentre quello del reddito stabile è noto soltanto al 50%. Per un italiano su due, insomma, il legame tra stabilità economica e accesso alla cittadinanza è del tutto ignoto.

Un'Italia più aperta, ma solo in teoria

Nonostante la scarsa informazione, la maggioranza assoluta degli italiani, il 52%, si dichiara favorevole ad abbassare il requisito di residenza da dieci a cinque anni; il 33% fissa come soglia ideale i cinque anni, mentre un ulteriore 16% scenderebbe addirittura sotto quella soglia: 9% basterebbero dodici mesi, per il 7% due anni. Solo il 30% difende l'attuale limite decennale, mentre un marginale 6% spingerebbe oltre, fissando il paletto a 15 o 20 anni. C'è poi un dato che va anche oltre il dato numerico: il 9% degli italiani pensa che la residenza non dovrebbe essere nemmeno un criterio. Si tratta, chiaramente, di una minoranza, ma il fatto che questa opinione esista mostra una spaccatura nel modo in cui il Paese immagina l'appartenenza.

La forbice tra conoscenza e voto: chi sa, vota sì

Il punto forse più significativo del sondaggio sta però nella correlazione tra conoscenza e opinione. Tra coloro che conoscono bene i tre criteri reali per ottenere la cittadinanza, il sostegno al referendum aumenta sensibilmente; lo stesso vale per chi sa distinguere le condizioni vere da quelle inventate, come l'obbligo di lavoro dipendente o l'origine da Paesi democratici, che la legge non prevede. Il 60% degli intervistati che hanno deciso di andare a votare conosce correttamente la normativa. Il dato è, insomma, estremamente chiaro: l'informazione è il vero fattore abilitante della partecipazione. E dove c'è consapevolezza, cresce il consenso per la riforma. Come ha sintetizzato una delle frasi emerse in conferenza stampa: "Più conosci la legge sulla cittadinanza, più ti rendi conto che va cambiata".

Le intenzioni di voto e il nodo del quorum

Per quanto riguardano invece le intenzioni di voto, alla domanda centrale, "Una persona residente in Italia dal 2019, senza precedenti penali e con un reddito sufficiente, dovrebbe poter chiedere la cittadinanza nel 2025?", il 51% ha risposto sì, il 38% no, l'11% ha preferito non esprimersi. Sono numeri che mostrano una maggioranza teorica favorevole alla proposta del referendum dell'8 e 9 giugno. Ma quando il tema si sposta sulla reale possibilità di raggiungere il quorum, le aspettative si ridimensionano bruscamente: solo il 12% del campione crede infatti che si supererà la soglia del 50% + uno degli aventi diritto al voto.

Magi (+Europa): "Chi sostiene il no si sottrae al confronto"

In conferenza stampa, Riccardo Magi, segretario di +Europa e tra i promotori del referendum, ha messo in rilievo le responsabilità della politica: "Gli italiani non sono adeguatamente informati. Più cresce la conoscenza, più cresce la propensione al voto e al sì. Non c’è una conoscenza approfondita di cosa prevede la legge e chi sostiene le ragioni del no si sottrae al confronto". Un altro aspetto sottolineato è stato il ruolo della mobilitazione dal basso: "Abbiamo raccolto 640mila firme in tre settimane e abbiamo capito che ce l'avremmo fatta quando il link del nostro referendum è finito nelle chat delle scuole, dei genitori", ha raccontato. "Se si fornisce un'informazione concreta, cresce la propensione a votare".

Il referendum sulla cittadinanza non è quindi soltanto un'occasione per aggiornare una legge giudicata da molti obsoleta, ma è anche un test sulla tenuta democratica dell'informazione e del dibattito pubblico in Italia. Perché non può esserci scelta libera dove manca la conoscenza. Ed è forse proprio anche su questo terreno che si giocherà la partita decisiva delle prossime settimane.

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