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Processo Open Arms, Salvini assolto in via definitiva: la Cassazione respinge il ricorso della Procura

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Procura di Palermo sul caso Open Arms, confermando in via definitiva l’assoluzione di Matteo Salvini. Si chiude così una vicenda giudiziaria durata oltre cinque anni, al centro del dibattito politico e giuridico sulla gestione dei flussi migratori e sugli obblighi di soccorso in mare.
A cura di Francesca Moriero
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È stato respinto dalla Corte di Cassazione il ricorso presentato dalla Procura di Palermo sul caso Open Arms. La Suprema Corte, accogliendo la richiesta della Procura generale, ha così confermato in via definitiva l'assoluzione di Matteo Salvini, chiudendo, di fatto, una vicenda giudiziaria che va avanti da oltre cinque anni e che ha segnato profondamente il dibattito politico sul tema dell'immigrazione.

"Cinque anni di processo: difendere i confini non è reato", sono state le prime parole del leader della Lega Matteo Salvini, dopo la decisione della Cassazione.

Alla vigilia dell'udienza, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, aveva affidato ai social la sua posizione: "A processo per aver fermato gli sbarchi e difeso i confini italiani. Rifarei tutto, a testa alta", aveva scritto infatti su X (ex Twitter), appena ieri sera, annunciando di non essere presente in aula.

Secondo l'avvocata Giulia Bongiorno, che ha difeso il ministro, "Si tratta di un processo che non doveva nemmeno iniziare e questa soluzione di carattere definitivo evidenzia quello che ho sostenuto in aula: era totalmente fuori dal mondo il ricorso della procura, ma ciò che ci interessa è la correttezza dell'operato di Salvini".

"Tutto questo – ha aggiunto – è la conferma del fatto che è partito un processo che veramente non doveva nascere e ciò è stato confermato anche come dalle conclusioni della procura generale". 

Meloni: "Buona notizia, difesa confini non è reato"

Festeggia la notizia anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che pubblica anche una foto che la ritrare con Matteo Salvini: "La definitiva assoluzione di Matteo Salvini nel caso Open Arms è una buona notizia e conferma un principio semplice e fondamentale: un Ministro che difende i confini dell'Italia non commette un reato, ma svolge il proprio dovere. Forza Matteo". 

La premier ha atteso la notizia dell'assoluzione nell'Aula del Senato, e poco dopo è intervenuta in replica alla discussione generale sulle comunicazioni rese in vista del Consiglio europeo. "Vorrei aprire queste mie brevissime repliche chiedendo un applauso per l’assoluzione del vicepremier Matteo Salvini dall’accusa infondata di sequestro di persona e dalla definitiva affermazione del principio che un ministro dell'Interno che difende i confini italiani sta facendo il suo lavoro e niente di più. Esprimiamo la nostra solidarietà e la nostra gioia al vicepremier Matteo Salvini".

Tajani: "Giustizia è fatta"

"Ero certo che Matteo Salvini sarebbe stato assolto in via definitiva. Ha agito nell'interesse dell'Italia, giustizia è fatta. Ora proseguiamo nella nostra azione di Governo, uniti e compatti, fino al termine della legislatura", ha scritto il vicepremier e leader di Furza Italia Antonio Tajani sul suo profilo di X.

Open Arms: "Decisione politica"

"Non è una decisione tecnica, è un decisione politica – ha commentato Oscar Camps, fondatore Open Arms, poco dopo il pronunciamento della Cassazione – Neanche oggi si è fatta giustizia, ma si è costruita una impunità. Dire che non c’è reato quando un ministro blocca per giorni persone salvate in mare significa legittimare l’uso della sofferenza umana come strumento politico. Quello che è successo oggi è preoccupante per lo stato di diritto. Questo precedente non solo cancella il passato, ma autorizza anche il futuro. Autorizza altri governi a chiudere i porti, a trattenere le persone sulle navi. Noi continueremo in mare, loro continueranno nei palazzi: la Storia giudicherà chi sta dal lato giusto".

Il nodo giudiziario nel processo Open Arms davanti alla Suprema Corte

La Cassazione era chiamata a pronunciarsi sul cosiddetto ricorso per saltum con cui la Procura di Palermo aveva chiesto di ribaltare la sentenza di primo grado del 20 dicembre 2024. In quella occasione, il tribunale aveva assolto Salvini dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, legate alla gestione dello sbarco dei migranti soccorsi dalla nave Open Arms nell'agosto del 2019. I pubblici ministeri avevano scelto di saltare il giudizio d'appello, sostenendo che il tribunale avesse commesso un errore nell'interpretazione delle norme sul soccorso in mare e sulla tutela della libertà personale dei migranti trattenuti a bordo.

La vicenda di Open Arms e il processo a Matteo Salvini

I fatti risalgono all'estate del 2019, uno dei momenti più tesi nella gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo. La nave della ong spagnola Open Arms, con a bordo 147 persone soccorse in mare, rimase per 19 giorni bloccata tra le acque internazionali e quelle italiane, a poche miglia da Lampedusa, senza ottenere l'autorizzazione allo sbarco.

A bordo si trovavano uomini, donne e minori in condizioni di evidente vulnerabilità, reduci da traversate estenuanti e da precedenti esperienze di violenza e detenzione. Con il passare dei giorni, la situazione sanitaria e psicologica dei migranti si fece sempre più critica, tanto da richiedere evacuazioni parziali per motivi umanitari. In quel periodo Salvini era ministro dell'Interno e applicava la linea dei cosiddetti "porti chiusi", dando attuazione al decreto sicurezza bis. In base a quella impostazione politica, venne disposto il divieto di sbarco e la nave rimase ferma in mare per quasi tre settimane, nonostante fosse ormai prossima alle coste italiane.

Le accuse e il processo

Secondo la Procura di Palermo, quel prolungato stallo non poteva essere considerato una semplice scelta amministrativa o politica, ma configurava una illegittima privazione della libertà personale delle persone a bordo. Da qui l’imputazione nei confronti di Salvini per rifiuto di atti d'ufficio e, come conseguenza, per sequestro di persona aggravato, con una richiesta di condanna a sei anni di reclusione. Il tribunale di Palermo, però, ha adottato una lettura diversa. Nella sentenza di assoluzione, pronunciata nel dicembre 2024 con la formula più ampia ("il fatto non sussiste"), i giudici hanno ritenuto che non gravasse sul ministro un obbligo giuridico diretto di consentire lo sbarco, sostenendo che la competenza a indicare un porto sicuro spettasse allo Stato di bandiera della nave, cioè la Spagna. In assenza di un obbligo giuridico, secondo il tribunale, non poteva configurarsi alcun reato penale.

Il nodo degli obblighi di soccorso

Proprio su questo punto si è concentrato il ricorso della Procura di Palermo, che ha chiamato in causa la Cassazione chiedendo di ribaltare l'assoluzione. Per i magistrati dell'accusa, il sistema degli obblighi di soccorso in mare — fondato sulla Costituzione e sulle convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia — non consentirebbe vuoti di tutela nei confronti delle persone soccorse. Secondo questa impostazione, il rispetto delle convenzioni internazionali sul soccorso e sulla protezione dei naufraghi prevale sulla normativa ordinaria e, a maggior ragione, su atti amministrativi o decreti ministeriali. In questa cornice, il soccorso non sarebbe solo un dovere morale, ma anche un obbligo giuridico, soprattutto quando le persone a bordo si trovano in condizioni di necessità.

A sostegno di questa tesi, la Procura ha richiamato anche un precedente recente: la decisione della Cassazione civile sul caso Diciotti, in cui è stato riconosciuto ai migranti trattenuti a bordo il diritto a un risarcimento, affermando l’esistenza di un obbligo giuridico in capo allo Stato di consentire soccorso e sbarco.

Sicurezza nazionale e diritti fondamentali

Nel dibattito politico e processuale, la difesa di Salvini ha più volte richiamato l'esigenza di "tutela della sicurezza nazionale", sostenendo che il divieto di sbarco rientrasse nella legittima difesa dei confini e nella prevenzione di ingressi irregolari. Una tesi che l'accusa ha invece sempre contestato, osservando come l'irregolarità o meno delle persone soccorse non possa essere presunta a priori e come, in molti casi, proprio dopo lo sbarco venga riconosciuto lo status di protezione internazionale. Da qui l'idea che il trattenimento prolungato in mare non potesse essere giustificato da generiche esigenze di sicurezza, ma dovesse essere valutato alla luce dei diritti fondamentali delle persone coinvolte.

Il passaggio in Cassazione

Dopo l'assoluzione di primo grado, la Procura di Palermo ha scelto la strada del ricorso per saltum, chiedendo alla Cassazione di pronunciarsi direttamente sulla correttezza giuridica della sentenza, senza passare dal giudizio d'appello. La Suprema Corte è stata quindi chiamata a valutare se l'interpretazione del tribunale di Palermo sugli obblighi di soccorso e sulla posizione del ministro fosse conforme al diritto, oppure se fosse necessario riaprire il processo.

La decisione della Suprema Corte chiude definitivamente il fronte giudiziario, ma lascia aperto il confronto politico e culturale su confini, soccorso e diritti nel Mediterraneo.

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