Portuali di Livorno contro le navi cariche di armi per Israele: cosa sta succedendo

Livorno si è unita alle mobilitazioni che, da Genova a Ravenna, chiedono di fermare il transito di armamenti diretti a Israele. Dalle 6 di ieri mattina oltre duecento persone, tra sindacati di base, lavoratrici e lavoratori portuali, collettivi studenteschi, realtà antagoniste ed extraparlamentari, hanno infatti dato vita a un presidio permanente ai varchi doganali, con il sostegno anche di esponenti delle istituzioni locali. Questa sera, intorno alle 21, è atteso l'arrivo della nave statunitense SLNC Severn, che pochi giorni fa ha fatto scalo nel porto israeliano di Eilat trasportando mezzi militari e caterpillar. Se il cargo proverà ad attraccare, l'Unione Sindacale di Base (Usb) proclamerà uno sciopero immediato di 48 ore per impedirne lo sbarco. "Il presidio", come ha spiegato Giovanni Ceraolo di Usb Livorno, "cresce di ora in ora e sta bloccando i varchi doganali: non vogliamo che il porto diventi complice di rifornimenti bellici a Israele".
Una legge disattesa
La mobilitazione richiama con forza la legge 185/1990, che vieta l’esportazione di armamenti verso Paesi coinvolti in conflitti armati o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Israele, anche alla luce dei numerosi pronunciamenti internazionali, rientra chiaramente in questa categoria: a luglio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato illegale l'occupazione israeliana dei territori palestinesi, definendola una forma di apartheid; a settembre 2024 l'Assemblea Generale dell'ONU ha votato sanzioni contro Israele, imponendo il termine del 18 settembre 2025 per la fine dell'occupazione di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est; il 16 settembre 2025 la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha concluso che le autorità israeliane stanno commettendo genocidio nella Striscia di Gaza.
Eppure, denunciano i sindacati, nonostante queste chiare indicazioni, il divieto previsto dalla legge viene sistematicamente aggirato, tra mancanza di controlli e assenza di autorizzazioni da parte dell'Uama, l’unità governativa che dovrebbe vigilare su questi traffici. Di fronte a sentenze e risoluzioni di questa portata, consentire il transito di armamenti, dichiarano, non è solo una scelta politica ma la violazione di una legge dello Stato e di obblighi internazionali che l'Italia non può continuare a ignorare.