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Perché l’Agenzia delle Entrate potrebbe entrare nei conti correnti di chi ha debiti con il Fisco

La proposta dei tecnici al ministero dell’Economia: dare all’Agenzia delle Entrate il potere di sapere non solo se una persona ha dei conti correnti intestati, ma anche quanti soldi ci sono. Cosa che semplificherebbe la pratica per far partire eventuali pignoramenti. Spetterà al governo decidere se metterla in pratica.
A cura di Luca Pons
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Oggi, se una persona ha dei debiti con il Fisco l'Agenzia delle Entrate-Riscossione può solamente sapere se quel contribuente ha un conto corrente a suo nome. Sulla base di questo può dare il via alle pratiche per recuperare i soldi dovuti, anche con il pignoramento o il fermo amministrativo. Ma in futuro i poteri del Fisco potrebbero allargarsi e permettere anche di sapere quanti soldi ci sono, su quel conto. Naturalmente, questo renderebbe molto più facile procedere in modo lineare per saldare i debiti.

La proposta è contenuta in una relazione che la Commissione per il riordino della riscossione ha inviato alla Conferenza unificata delle Regioni negli scorsi giorni. La commissione è nata lo scorso anno e opera all'interno del ministero dell'Economia. È presieduta da Roberto Benedetti, presidente di Sezione della Corte dei conti a riposo; gli altri quattro membri rappresentano il ministero, la Ragioneria generale dello Stato, le Regioni e gli enti locali. Il suo compito è valutare la situazione del ‘magazzino fiscale', cioè l'enorme quantità di tasse non riscosse dal Fisco, e capire come si può migliorare la situazione.

Nella relazione stilata dalla commissione si legge che bisogna "aumentare l'efficacia dell’attività di riscossione e la tempestività dell’azione di recupero". Per questo "sarebbe opportuno prevedere" che "la struttura procedente possa conoscere non solo l’esistenza del rapporto, ma anche la sua consistenza attuale". In parole povere: che l'Agenzia delle Entrate sappia non solo se c'è un conto corrente intestato a una persona, ma anche la sua "consistenza", cioè l'estratto conto. Sempre assicurandosi che ci siano le "necessarie cautele procedimentali e a tutela della privacy".

Naturalmente non si parla di tutti i contribuenti, a prescindere dalla loro situazione, ma solo di quelli che hanno dei debiti in sospeso. Coloro che hanno ricevuto una cartella, oppure un avviso, perché non hanno pagato il dovuto e non si stanno mobilitando per rimettersi in regola. Queste sono le persone nei cui confronti l'Agenzia delle Entrate-Riscossione può valutare di far scattare i pignoramenti, e di cui quindi sarebbe utile sapere quanti soldi hanno in banca.

Non è la prima volta che viene fatta circolare una proposta simile. Anzi, il governo Meloni ci era andato piuttosto vicino già con la sua prima legge di bilancio, dove – in una bozza – era apparsa la possibilità di accedere alle informazioni sui conti corrente di chi aveva dei debiti per poi procedere con il pignoramento. Sul punto era nata però una polemica politica, anche interna alla maggioranza. Alla fine l'esecutivo aveva deciso di lasciar perdere (o meglio, si era imposto chi era contrario alla misura), e così la situazione era rimasta la stessa.

Oggi, i debiti che l'Agenzia delle Entrate non ha riscosso dal 2000 in poi ammontano a 1.272,90 miliardi di euro. Sono coinvolti 21,8 milioni di contribuenti. La commissione ha calcolato che circa 408 miliardi potrebbero essere cancellati del tutto: sono debiti di persone morte o nullatenenti e di società che non esistono più.

Resterebbero circa 860 miliardi di euro. Su questi, il governo potrebbe decidere di intervenire con la rottamazione che la Lega sta chiedendo da mesi. La decisione sull'accesso del Fisco ai conti correnti spetterà comunque al ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, e nel caso il dibattito si aprirà con il resto dell'esecutivo.

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