Perché il suicidio assistito di Laura Santi rischia di essere l’ultimo in Italia: il nuovo episodio di “Nel Caso Te Lo Fossi Perso”

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La giornalista Laura Santi era malata di sclerosi multipla ed è morta nella sua casa in Umbria dopo aver fatto ricorso al suicidio assistito. La sua era una forma avanzata della malattia che le provocava dolori terribili. Lo ha raccontato nella lettera lasciata prima di morire in cui ha lanciato un appello alla politica e alla società tutta perché si attivino per una "buona legge" sul suicidio assistito, che "rispetti i malati e i loro bisogni".
La sua storia ci porta a parlare ancora una volta di fine vita, un tema su cui la politica continua a dividersi e su cui finora non è stata in grado di decidersi. Attualmente infatti, la proposta presentata dalla maggioranza e di cui si discute in Parlamento prevede una serie di paletti che complicherebbero ulteriormente le procedure che devono affrontare i pazienti prima di ricevere il via libera per la morte volontaria. Il testo è stato fortemente criticato da opposizioni e associazioni che hanno accusato il centrodestra di voler restringere il campo per l'accesso al suicidio assistito, anziché disciplinare una materia su cui da tempo i giudici chiedono un intervento del Parlamento.
Sono passati sei anni da quando la Corte costituzionale ha disposto la non punibilità di chi agevola il suicidio assistito, fissando i criteri per farne richiesta, ma il vuoto normativo a livello nazionale non è stato colmato e in tutto questo tempo la maggior parte dei partiti ha dimostrato di non saper prendere una posizione sui temi etici, ritenuti particolarmente spinosi. Come dicevamo, oggi il Parlamento sembra essersi attivato. Sebbene la discussione sia appena agli inizi, il testo adottato dal centrodestra presenta molti aspetti controversi. Tra questi, la condizione che il paziente sia sottoposto a "trattamenti sostituivi di funzioni vitali", che restringerebbe il campo solo a chi è mantenuto in vita da macchinari rispetto, invece, a quanto previsto dalla Consulta che ha ammesso anche altre forme di sostegno vitale (come i caregiver). Una previsione che rischia di escludere così, casi come quello di Laura Santi, che non era attaccata a delle macchine ma dipendeva dal sostegno di terze persone.
Insomma la proposta della maggioranza sembra seguire un approccio ideologico, quasi peggiorativo rispetto alla situazione attuale. Quando la logica dovrebbe essere quella di garantire l’accesso al fine vita con tempi e modalità certe, ma soprattutto con norme equilibrate, per riconoscere il diritto all’autodeterminazione di chi soffre.
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