Opinioni
Caso Paragon

Perché il secondo rapporto di Citizen Lab sul caso Paragon mette il governo con le spalle al muro

L’analisi forense sul telefono di Ciro Pellegrino ha confermato che è stato spiato con Paragon. Qualcuno ora ci deve dire da chi. E il governo ci deve aiutare a scoprirlo.
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Citizen Lab, il centro di ricerca indipendente dell’università di Toronto esperto nella caccia e nell’analisi degli spyware mercenari, ce l’ha messo nero su bianco: scrivono, testuale, che hanno determinato “che Ciro Pellegrino è stato bersaglio dello spyware Graphite di Paragon Solutions”.

Senza entrare troppo nei tecnicismi: Citizen Lab ha trovato l’impronta digitale di un account di iMessagge identificato come ATTACKER1. Quell’account è materialmente il soggetto che è entrato nel telefono di Ciro Pellegrino con Graphite, per prendersi tutto quel che c’era dentro.

Non solo, però. Nel suo rapporto, Citizen Lab dice anche che “L’identificazione di un secondo caso in cui Paragon colpisce un membro dello staff di Fanpage.it suggerisce che le tracce di attacchi contro questo giornale italiano non siano una coincidenza”.

Ora, capirete bene, che questa scoperta cambia tutte le carte in tavola, per una marea di motivi.

Ne parliamo nella puntata del podcast DIRECT – Il Direttore risponde, riservato agli abbonati di Fanpage (ci si abbona qua), ma oggi disponibile a tutti a qui e su tutte le principali piattaforme audio:

Il primo: ora sappiamo con un relativo grado di certezza che c’è stato un tentativo di spionaggio di Fanpage. Non io, non Ciro. Il bersaglio era il giornale, nel suo complesso.

Il secondo: se il bersaglio è il medesimo, è la stessa anche la mano che ha colpito me e Ciro. Questo vuol dire fare parte dello stesso cluster. Tanto per essere chiari: se dall’analisi del telefono di Ciro si scoprisse che lo spionaggio proviene dall’Italia, è molto difficile – direi impossibile – che io sia stato spiato da un servizio segreto estero.

Il terzo: che tutte le chiacchiere di ministri, esponenti della maggioranza, giornali e opinionisti di destra, che per giorni hanno parlato di “Caso chiuso” e di “Nessuno ha spiato Cancellato”, ora stanno a meno di zero. Il caso è aperto, apertissimo. Abbiamo due giornalisti di Fanpage spiati con Paragon. E abbiamo una traccia da analizzare a fondo, per capire dove ci porta.

Il quarto: che il lavoro del Copasir, probabilmente, è da rifare da capo. Perché in quel rapporto il caso di Ciro Pellegrino non è mai stato nemmeno lontanamente preso in considerazione.

Il quinto: che forse a questo punto ha senso davvero che il Governo prenda sul serio l’offerta di Paragon Solutions, che nei giorni scorsi, poco dopo la pubblicazione del rapporto del Copasir, ha affidato al quotidiano israeliano Haaretz una nota in cui spiega che avrebbe offerto la propria collaborazione al governo italiano per scoprire chi ha spiato i giornalisti di Fanpage. E che avrebbe rescisso il contratto con l’Italia dopo che il governo aveva deciso di rispedire al mittente questa offerta.

Forse, ora, è il caso che Palazzo Chigi chieda alla società israeliana di aiutarci a capire chi ha spiato due giornalisti. Più il terzo "prominente giornalista europeo" – attenzione: europeo non vuole dire che non sia italiano – che condivide con Ciro Pellegrino lo stesso spione: ATTACKER1. Non farlo, vuol dire chiudersi la strada maestra per arrivare alla verità.

Ecco: qui secondo me varrebbe la pena di soffermarsi un attimo.

Perché dall’inizio di questo caso sono passati più di cinque mesi. Ed è allucinante che il governo italiano – e più segnatamente Giorgia Meloni – non abbia detto nulla in cinque mesi. Se non “non siamo stati noi” e “se lo dite, vi querelo”.

Cinque mesi per non capire chi ha spiato un giornalista italiano. Nonostante chi ha spiato l’abbia fatto con un software di un tuo fornitore, a cui potevi tranquillamente chiedere cosa fosse successo.

Cinque mesi in cui hai messo segreti di Stato e tolto segreti di Stato, manco fossi Daniel La Russo in Karate Kid.

Cinque mesi in cui hai fatto filtrare qualunque retroscena possibile, dall’indagine di qualche procura nei miei confronti, anche se nessuna procura ha mai avuto in dotazione Paragon, all’ipotesi – buon ultima – che sia tutto un complotto degli americani vicini a Joe Biden per fare uno sgarro al governo Meloni.

Cinque mesi in cui hai isolato le vittime, in cui hai fatto di tutto perché nessuno, in Italia e in Europa, le ascoltasse, in cui le hai irrise, attaccate sui giornali e in televisione, senza alcuna solidarietà, né tantomeno umana empatia.

Cinque mesi in cui hai fatto di tutto per instillare il dubbio, dentro e fuori il Copasir, che ci fossimo spiati da soli. O che Meta ed Apple ci avessero mandato quel messaggio per errore.

Cinque mesi in cui il governo ha provato solo, in tutti i modi, a discolpare se stesso, o a spostare l’attenzione altrove. Senza mai davvero provare a rispondere all’unica domanda sensata: chi ha spiato due cittadini italiani, che di mestiere fanno i giornalisti?

Fossimo in un Paese normale, e non nel Paese dei misteri eterni, sarebbero bastate 24, 48, forse al massimo 72 ore e un paio di telefonate, per rispondere a questa domanda.

Ma siamo in Italia, e come dice Stanis La Rochelle in Boris, a volte siamo davvero troppo italiani.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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