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Guerra in Ucraina

Perché il 15 aprile la Russia potrebbe fallire e cosa succede con la guerra in Ucraina

Il Cremlino ha detto che la Russia non rischia il default, a causa delle sanzioni economiche inflitte per la guerra in Ucraina. Secondo l’economista Marcello Messori non ci sarà un collasso nel breve periodo: “Ha sicuramente difficoltà di gestione dei circuiti finanziari, però non dobbiamo illuderci che le sanzioni adottate fino ad ora portino a un collasso a breve termine”, ha detto a Fanpage.it.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nonostante le pesanti sanzioni inflitte a Mosca dai Paesi occidentali, il rischio default della Russia sembra per il momento scongiurato. Il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha assicurato in un'intervista alla rete televisiva statale Russia Today di aver pagato in dollari gli interessi sui due bond che andavano pagati entro la giornata di ieri, mercoledì 16 marzo. La Russia doveva pagare 117 milioni di dollari di interessi su due emissioni denominate in dollari Usa. Il ministero russo ha annunciato anche che aggiornerà il mercato separatamente in merito al deposito sul conto dell'intermediario Citibank. Fino ad ora però non c'è la conferma che la transazione sia stata eseguita.

Si tratta di un importante test per Mosca, perché è il primo pagamento in dollari Usa da quando sono iniziate le operazioni militari in Ucraina, lo scorso 24 febbraio. Le sanzioni internazionali imposte dopo l'invasione dell'Ucraina hanno bloccato più della metà dei 300 miliardi di dollari di asset della banca centrale, che normalmente sarebbero utilizzati per l'adempimento degli obblighi relativi al debito estero, e hanno fatto crollare il rublo, che ha perso un terzo del suo valore. Se il pagamento degli interessi sui bond fosse avvenuto in rubli la Russia sarebbe stata dichiarata in default. In pratica se il contratto è fissato in una determinata valuta, in questo caso in dollari, trattandosi di una transazione di un contratto internazionale, il debitore, in questo caso la Russia, che non ottempera a una clausola contrattuale perché paga con una moneta che non è quella prevista, di fatto non sta rispettando il contratto.

Secondo Marcello Messori, professore di Economia al dipartimento di Scienze politiche della Luiss e direttore della Luiss School of european political economy, questo scenario per il momento è escluso: "Se il debitore copre comunque i suoi obblighi contrattuali, seppure in una moneta diversa, aprirà una vertenza legale, sostenendo che la clausola contrattuale del pagamento in dollari non è stringente. Ma secondo il diritto internazionale se si cambia moneta è l'equivalente di un default".

In ogni caso, se anche la transazione non fosse andata a buon fine, la dichiarazione di default da parte dei creditori non potrebbe avvenire prima del prossimo 15 aprile, per via di un periodo di grazia di 30 giorni, che tiene conto anche di possibili disguidi tecnici. Tradotto: la Russia dal momento della scadenza, cioè ieri, ha un mese di tempo per ottemperare a questo obbligo.

"La dichiarazione di default non sarebbe una novità assoluta ha detto Messori a Fanpage.itQuesto è già avvenuto in passato in parte anche per la Russia, seppure su titoli detenuti all'interno del sistema economico nazionale. È accaduto che ci sia stato default sul mancato pagamento di un bond internazionale nel caso della Grecia nei confronti del Fondo monetario internazionale, e in precedenza è accaduto all'Argentina e ad altri Paesi asiatici. In ogni caso sarebbe un fatto rilevante perché la Russia è uno dei primi dodici sistemi economici a livello internazionale".

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Cosa succede se viene dichiarato il default

Secondo Messori la dichiarazione di default sarebbe per i mercati un elemento di "ulteriore incertezza", perché "la Russia verrebbe considerata un interlocutore commerciale e finanziario non affidabile. Solitamente quando accade un default viene meno la propensione ad avere transazioni economiche con il Paese interessato. In questo caso la Russia è già sottoposta a sanzioni da molti Paesi, anche se non da tutti, quindi non sarebbe un fattore che altererebbe il quadro. Ma certamente sarebbe un segnale di mercato che va ad aggiungersi ad altri molto sfavorevoli".

Secondo alcuni analisti davanti a quest'eventualità potrebbe innescarsi una reazione russa, con lo scopo di colpire l'Europa sul suo punto debole, ovvero il fabbisogno energetico. In altri termini Mosca potrebbe chiudere i rubinetti di gas e petrolio, come contromisura. Ma per Messori non è all'orizzonte una contromossa simile: "In questo momento ci sono dei Paesi che pesano dal punto di vista economico e che hanno rapporti di varia entità con la Russia, che hanno deciso una serie di sanzioni. Queste, almeno nel caso dell'Europa, non prevedono un'immediata cessazione delle importazioni di una serie di beni energetici. La Russia ottiene risorse grazie all'esportazione di questi beni energetici, difficilmente le converrebbe chiudere i rubinetti. Però potrebbe voler determinare strozzature sul flusso di esportazioni per influire sui prezzi di vendita. Non vedo però, a meno che non si deteriorasse ulteriormente una situazione già drammatica, una convenienza economica da parte della Russia nel bloccare le esportazioni. D'altra parte non credo che nel breve periodo l'Europa possa fare a meno delle importazioni di beni energetici".

"La Russia non rischia un collasso nel breve periodo"

Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha ribadito che la Russia ha "tutti i mezzi necessari" per evitare un default. "Qualsiasi inadempienza che potrebbe verificarsi sarebbe di natura puramente artificiale", ha dichiarato.

E ancora: "Fin dall'inizio, abbiamo detto che la Russia ha tutti i mezzi e il potenziale necessari per non portare la situazione al default". Ma stanno davvero così le cose? "È difficile stabilirlo, non c'è una risposta semplice", ci ha detto Messori. "Bisogna distinguere con attenzione breve, medio e lungo termine. Non credo che nell'immediato, proprio alla luce delle considerazioni che ho fatto prima sulla possibilità di continuare a esportare beni energetici, che costituiscono una parte significativa dell'export russo in Europa, la Russia rischi un collasso. Ha sicuramente difficoltà di gestione dei circuiti finanziari, però non dobbiamo illuderci che le sanzioni adottate fino ad ora portino a un collasso a breve termine. Anche perché la Russia ha altri mercati di sbocco, a cominciare da una parte dell'Asia".

"Poi sappiamo che la Russia è molto dipendente dal sistema economico europeo e in parte da quello statunitense per l'importazione di beni a contenuto tecnologico, essenziali per la crescita economica di breve periodo per lo stesso apparato di sicurezza e militare. Nel medio periodo quindi, se continuasse questa situazione di fortissima tensione, come credo proseguirà per i prossimi anni, con una guerra che da calda si trasforma in fredda, la capacità di crescita della Russia sarebbe fortemente compromessa. Ci sarebbe un forte impoverimento in termini di reddito pro capite. In questo momento la parziale emarginazione della Russia dai circuiti internazionali può creare difficoltà di disponibilità di beni, ma nel medio periodo questo potrebbe diventare un fatto strutturale".

"Nel lungo periodo poi credo che essere emarginati da gran parte dei sistemi economici avanzati avrebbe un costo davvero elevato. Ma nel lungo periodo possono intervenire molti fattori, soprattutto di tipo non economico, e non è facile fare una previsione".

Del resto non è semplice calcolare il debito della Russia. Prima dell'invasione dell'Ucraina il debito pubblico del Paese era molto basso rispetto agli standard internazionali, intorno al 40% del Pil. Basti pensare che l'Italia è sopra il 150%. "Cosa sia accaduto a seguito dell'aggressione e dopo le sanzioni è difficile dirlo. Così come è difficile farsi un'idea dei debiti e dei crediti che le diverse grandi società russe controllate dallo stato, direttamente o indirettamente, hanno nei mercati internazionali. Bisognerebbe conoscere, a partire da colossi come Gazprom, qual è l'indebitamento rispetto al capitale e rispetto alla dimensione del bilancio".

Mosca nel frattempo sta lavorando con Pechino a una piattaforma alternativa al sistema internazionale di pagamenti Swift. "Il sistema finanziario russo è stato in larga misura escluso dal sistema Swift, e questo certamente ha impatti rilevanti sul sistema dei pagamenti anche all'interno dell'economia russa. Ma la Russia ha anche un sistema nazionale, anche se questo non può essere paragonato al sistema Swift. La Cina a sua volta sta cercando di ampliare un proprio sistema di pagamento. La Russia potrebbe collegarsi a questo, anche se non è esteso e affidabile come Swift. L'evoluzione che questo avrà nel medio periodo è molto difficile da prevedere. Se ipotizziamo che ci sarà una marcata dipendenza dell'economia russa da quella cinese vorrà dire che il sistema dei pagamenti cinese si estenderà alla Russia. Su questa base economica si instaurerebbe un confronto bilaterale tra gli Stati Uniti e una Cina che si sarà allargata di fatto a un pezzo dell'Europa. E questo accentuerebbe delle tensioni che già ci sono, in termini di innovazione tecnica".

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