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Perché criticare La Russa e Fontana non è un affronto alla democrazia, ma una scelta legittima

Il rispetto per le istituzioni e il pensiero critico verso chi le rappresenta non sono la stessa cosa. L’adeguatezza o meno di determinate figure a ricoprire le più alte cariche dello Stato può e deve essere oggetto di discussione, a prescindere dall’espressione democratica che le ha poste in tale ruolo.
A cura di Annalisa Girardi
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Sono stati eletti presidenti di Camera e Senato rispettivamente Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa. Due nomi che, uno per le posizioni sull'aborto e sulla comunità Lgbtq+, l'altro per gli ambigui legami con il fascismo, hanno scatenato le reazioni delle forze di opposizione. Sia in Parlamento (alla Camera, ad esempio, poco prima della votazione il Partito democratico ha appeso uno striscione che recitava "No a un presidente omofobo e pro-Putin"), ma anche al di fuori. Non si è fatta attendere la reazione della destra. Che ha chiamato in causa il rispetto per le istituzioni.

"Agli esponenti di sinistra che stanno rilasciando dichiarazioni irrispettose verso i nuovi presidenti delle Camere, ricordo che le istituzioni vanno rispettate sempre e non solo quando sono loro espressione. Aggredirle in questo modo è un’offesa allo Stato e alla volontà popolare", ha scritto Giorgia Meloni su Twitter. E Matteo Salvini, da parte sua, ha aggiunto: "La sinistra non si rassegna e attacca con violenza la seconda e la terza carica dello Stato, appena democraticamente elette". Quindi sorge la domanda: ora che Fontana e La Russa sono stati eletti presidenti della Camera e del Senato, ogni attacco alle loro idee si traduce automaticamente in un attacco alle istituzioni della Repubblica? Ipotizzare che non siano adeguati a ricoprire quel ruolo, a cui sono stati democraticamente eletti, come precisa Salvini, significa mettere in discussione la volontà popolare?

Rispondere "sì" a queste due domande significa ridurre una questione estremamente complessa ad assioma. Il rispetto per le istituzioni e il pensiero critico verso chi le rappresenta non sono la stessa cosa. L'adeguatezza o meno di determinate figure a ricoprire le più alte cariche dello Stato può e deve essere oggetto di discussione, a prescindere dall'espressione democratica che le ha poste in tale ruolo.

Democrazia non è solo una forma di governo. Alla base di questa, perché funzioni, ci deve essere una cultura democratica. E questa si esprime anche attraverso l'esercizio di un pensiero critico, che non può astenersi dal toccare le presidenze di Camera e Senato solamente in nome di un mero "rispetto per le istituzioni". Né questo può essere proporzionale al consenso ricevuto alle urne.

Il consenso popolare non è uno scudo al giudizio, sarebbe un gigantesco ossimoro democratico. Come il mero vestito istituzionale non può rendere immuni alle critiche e alle riflessioni sull'idoneità o meno a indossarlo. Il rispetto delle istituzioni sta anche in questo: nella capacità di chiedersi se sia opportuno o meno eleggere presidente del Senato un uomo che arreda la propria casa con cimeli fascisti e busti di Benito Mussolini. E alla Camera uno che ritiene una "schifezza" una famiglia composta da due uomini o due donne e che pensa che l'aborto sia "la prima causa di femminicidio al mondo".

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Video. Scrivo, realizzo video e podcast su temi di attualità e politica, provando a usare parole nuove per raccontare il mondo di sempre. 
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