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Per colpa di chi evade lavoriamo 156 giorni all’anno solo per pagare le tasse

Quest’anno, fino alla prima settimana di giugno, gli italiani hanno di fatto lavorato solo per pagare le tasse: sono 156 giorni. È un dato che rende l’idea della pressione fiscale, che è a un livello tra i più alti degli ultimi trent’anni. Ma la colpa è anche di chi non versa le imposte, e obbliga gli altri a compensare queste mancanze. Lo sostiene un’analisi della Cgia di Mestre.
A cura di Luca Pons
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In Italia, circa 2,5 milioni di persone lavorano in nero del tutto o quasi. Quindi, per la gran parte, non pagano tasse. Chi invece le versa è costretto a lavorare per 156 giorni nell'anno solo per guadagnare abbastanza da mettersi in pari con il Fisco. I restanti 209 giorni, invece, si lavora per sé e per la propria famiglia. Il calcolo è fatto dalla Cgia di Mestre, con uno studio che misura la pressione fiscale degli ultimi anni.

Visto che così tante persone non pagano imposte, il peso viene spostato sui contribuenti che invece rispettano le regole. E naturalmente, tanto più alte sono le somme evase, tanto maggiore è il danno alla collettività. Fatto sta che quest'anno la pressione fiscale è stimata al 42,7% del Pil, in aumento rispetto allo scorso anno. Per fare fronte alle tasse da pagare, in media, è come se tutti i contribuenti regolari avessero lavorato per 156 giorni – quindi dal 1° gennaio al 5 giugno – e avessero versato tutto ciò che avevano guadagnato in questo periodo. Solo dopo, nei 209 giorni rimasti tra il 6 giugno e il 31 dicembre, hanno iniziato a lavorare e guadagnare per sé.

Il messaggio, naturalmente, non è che pagare le tasse sia un male in sé. Come sottolinea anche lo studio, le imposte servono per pagare i dipendenti pubblici che lavorano nella scuola, nella sanità, nei trasporti, e a far funzionare tutti i servizi essenziali. L'analisi sottolinea però che il livello di pressione fiscale raggiunta in Italia quest'anno è uno dei più alti registrati dal 1995.

Il punto più basso si toccò nel 2005, durante il secondo governo Berlusconi, con il 38,9%. Quell'anno, secondo i calcoli della Cgia, gli italiani dovettero lavorare ‘solo' 142 giorni per coprire le richieste del Fisco: oltre due settimane in meno di quest'anno. Il picco venne raggiunto invece negli anni tra il 2012 e il 2014, quelli della crisi finanziaria: la pressione fiscale superò stabilmente il 43% in quel triennio. Oggi, come detto, siamo al 42,7%, in aumento dal 41,4% del 2023.

Il dato italiano è anche tra i più alti che si possono trovare in Europa (facendo riferimento al 2024, quando la nostra pressione fiscale è stata del 42,6%). Al primo posto si trova la Danimarca, con il 45,4%. Segue l'unico dei grandi Paesi europei che ha una pressione più alta dell'Italia: la Francia, con il 45,2%. Danesi e francesi, così come i belgi e gli austriaci che occupano le posizioni successive in classifica, devono lavorare tra 164 e 166 giorni all'anno per saldare il debito con le rispettive Agenzie delle Entrate.

Se si guarda solamente ai Paesi paragonabili all'Italia per dimensioni e potenza economica, ci piazziamo al secondo posto dietro la Francia. Ben più in basso la Germania, con una pressione fiscale al 40,8% (che significa 149 giorni all'anno per pagare le tasse). E sotto ancora la Spagna, con il 37,2% (136 giorni). Il dato più basso in tutta l'Unione europea è quello registrato in Irlanda, con appena il 23,6% di pressione fiscale. La media dell'Ue, invece, è in linea con il dato tedesco e ben più bassa di quello italiano: 40,4%.

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