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Patto di stabilità Ue, perché il governo Meloni rischia lo scontro con Francia e Germania

I negoziati sul Patto di stabilità proseguono da mesi, anche con la lunga mediazione tra Francia e Germania, ed entro l’8 dicembre dovrebbero chiudersi. Ma il governo Meloni ha minacciato di tirarsi indietro del tutto, se non dovesse essere soddisfatto dall’accordo finale.
A cura di Luca Pons
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I ministri dell'Economia dell'Unione europea si sono riuniti nel cosiddetto Ecofin per discutere uno degli argomento centrali per la politica economica dell'Ue: il Patto di stabilità e crescita (Psc). Francia e Germania, che mesi fa erano su posizioni molto distanti, stanno lavorando per trovare dei compromessi e mettersi d'accordo. La presidente dell'Ecofin, la ministra spagnola Nadia Calviño ha detto di apprezzare questo sforzo. Ma il governo Meloni ha fatto filtrare che, se le regole decise al termine dei trattati non fossero vantaggiose per l'Italia, potrebbe decidere di tirarsi indietro, causando uno scontro diplomatico e politico.

Cos'è il Patto di stabilità e perché è importante

Il Patto di stabilità e crescita è sostanzialmente l'insieme di regole che gli Stati devono seguire quando si parla di bilanci pubblici e di tenere i conti in ordine. Il vecchio Psc, che era piuttosto complicato e stringente, è stato sospeso durante la pandemia perché nessuno sarebbe stato comunque in grado di rispettarlo. Nel 2024, in teoria, dovrebbe tornare in vigore. Proprio per questo, gli Stati si stanno mettendo d'accordo per scrivere un nuovo Patto con regole più semplici e più adatte alla situazione attuale.

Oggi, i negoziati sono proseguiti e sembra che la soluzione sia vicina. Calviño ha dichiarato che i ministri si incontreranno di nuovo a fine novembre, così che l'ultima riunione dell'anno, prevista per l'8 dicembre, sia quella definitiva per l'approvazione del Patto. Questo sarebbe importante perché poi il testo dovrebbe passare al Parlamento europeo per l'approvazione definitiva: dato che a giugno ci saranno le elezioni europee, il Parlamento avrebbe tempo fino alla primavera per dare il via libera. Così, già nei bilanci fatti per il 2025 si potrebbero seguire le nuove regole.

La linea del governo Meloni e il rischio di contrasti con Berlino

Al momento i dettagli dell'accordo non sono ancora definiti. La Francia sostiene i Paesi che cercano limiti meno stringenti, tra cui c'è anche l'Italia, mentre la Germania è alla guida di quegli Stati che vorrebbero più rigore nei conti pubblici. Le bozze circolate oggi avrebbero qualcosa di positivo dal punto di vista italiano, come il fatto che le spese per la difesa e per gli investimenti green peserebbero meno nel calcolare il debito di un Paese.

D'altra parte però la richiesta della Germania di fissare dei paletti rigidi che nessuno Stato può superare è tornata in discussione. Il rischio sarebbe, sempre secondo gli italiani, di creare di nuovo un sistema troppo complicato, e di fissare degli standard che l'Italia non sarebbe in grado di seguire.

La spagnola Calviño, in conferenza stampa, ha detto che nessun Paese preferirebbe "tornare alle vecchie regole del Patto". Ma questo è proprio il messaggio che la delegazione italiana ha fatto passare ai cronisti presenti: piuttosto che firmare un accordo sconveniente, anche tornare al vecchio Patto non sarebbe "il male assoluto".

Così, mentre Francia e Germania continuano il loro dialogo (i ministri Bruno Le Maire e Christian Lindner si sono incontrati a Parigi nei giorni scorsi e si vedranno nuovamente a Berlino), il governo Meloni ha fatto capire di essere disposto allo scontro se alcune richieste non saranno accolte. Tutto rientrerà probabilmente nella normale dialettica tra Paesi, probabilmente. Ma lo scontro aperto resta una possibilità, e all'incontro decisivo dell'8 dicembre manca meno di un mese.

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