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Ora Draghi dica la verità sulla cosiddetta “Guardia Costiera Libica”

Quando ha definito Erdogan un dittatore, il presidente del Consiglio Draghi ha rivendicato l’importanza di parlare con franchezza. Coerenza vorrebbe allora che il premier usasse la stessa franchezza quando parla del sostegno dell’Italia alla Guardia Costiera Libica e dei respingimenti dei migranti nel Mediterraneo fatti con il supporto delle autorità del nostro Paese. L’opinione del senatore Gregorio De Falco.
A cura di Redazione
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di Gregorio De Falco – senatore gruppo Misto

Il presidente del Consiglio Draghi ritiene, giustamente, che nell'esercizio dell’azione politica, possa essere necessario dover collaborare con regimi non democratici e con leader dittatoriali, ma aggiunge che occorre comunque sempre franchezza. L'opinione pubblica deve cioè essere messa in condizione di valutare l'opportunità di quelle collaborazioni, in relazione ai fini ed ai compromessi che esse comportano.

Una parte importante del patrimonio di ogni un uomo è la propria credibilità, che è un valore addirittura fondamentale per un decisore politico. La “franchezza” dunque, rispetto alla politica estera in Turchia, si traduce nel dovere di chiarire, ad esempio, che lì vi è un regime illiberale e che Erdogan è un dittatore, poiché la franchezza è elemento essenziale della necessaria trasparenza politica.

Un approccio nuovo ed impegnativo, dunque, ma soprattutto un elemento di pragmatismo ben diverso e lontano da quella cortina fumogena che viene chiamata “realpolitik”, la quale presuppone, invece, un rapporto fideistico con il politico e che è spesso causa del tradimento della rappresentanza. Ed allora, se la franchezza deve essere considerata uno degli apprezzabili elementi di novità, il presidente del Consiglio ha il dovere di essere coerente, anche con riguardo alla cosiddetta “Guardia Costiera Libica”, ammettendo che essa è, di fatto, un’articolazione dei centri di ricerca e soccorso in mare italiano e maltese e che sovente le unità navali "libiche" (già italiane) sono coordinate anche da Frontex.

Dobbiamo avere piena consapevolezza che a queste autorità e non soltanto ai libici risale la responsabilità dei respingimenti collettivi illegali, poiché essi sono effettuati con il nostro coordinamento delle risorse navali libiche che, altrimenti sarebbero incapaci di operare. Ma la franchezza imporrebbe anche al presidente del Consiglio di ammettere che gli accordi (in buona parte segreti) che l’Italia ha stretto con i libici non sono affatto finalizzati a salvare le persone in mare, e nemmeno a garantire che i migranti ed i naufraghi siano tenuti in condizioni umane. Non possiamo ingannarci continuando a raccontare a noi stessi che i milioni di euro che l’Italia dà alla Libia servano davvero per “progetti di sviluppo” e per “stabilizzare il Paese”, come da anni il governo viene a raccontare al Parlamento.

Non è quindi coerente con l'impegno alla franchezza, signor Presidente, andare a ringraziare la sedicente Guardia Costiera libica “per i salvataggi fatti”, poiché come abbiamo ben visto tutti si tratta di catture violente, non di salvataggi, effettuate da quegli aguzzini da cui quelle persone fuggono disperate. All'opinione pubblica si deve anche confessare che il c.d. contenimento dei migranti si attua, da parte nostra, eliminando sia il soccorso in mare delle navi istituzionali (Marina Militare e Guardia Costiera), sia di quelle da traffico, che infine trattenendo in porto le ONG, in modo da dare spazio ai libici cui diamo centinaia di milioni, affinché non le nostre ma le loro mani respingano per noi quelle persone, prima che possano chiedere aiuto, asilo o soccorso. Il problema poi, signor presidente, è stringerle quelle mani.

Il Mediterraneo centrale è stato reso il tratto di mare più pericoloso al mondo, privo di soccorso (e testimoni), un luogo dove il deterrente alla partenza è tanto più efficace, quanto maggiore è la frequenza della morte. Allora, se la franchezza è davvero una novità politica, sta a ciascuno di noi, come cittadino e innanzitutto come parlamentare, valutare se condividere o meno l’azione di Governo senza poter contare su finzioni, silenzi o ambiguità

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