60 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Nuove regole per i concorsi pubblici, dall’esame orale alla scelta di Regione: cosa cambia

La prova orale non sarà più obbligatoria fino al 2026, i candidati dovranno indicare la Regione in cui vogliono essere assunti e ci sarà una quota riservata a chi ha fatto il servizio civile universale. Con un emendamento al decreto Pa, il governo Meloni ha cambiato le regole dei concorsi pubblici.
A cura di Luca Pons
60 CONDIVISIONI
Immagine

Il governo Meloni ha inserito nel decreto sulla Pubblica amministrazione alcuni emendamenti che vanno a cambiare le regole dei concorsi pubblici. Si tratta di novità che avrebbero dovuto arrivare più avanti, con un intervento dell'esecutivo sul decreto del Presidente della Repubblica 487/1994, ma il governo ha deciso di anticiparli.

Le novità sono legate al Pnrr: infatti, l'Italia si è impegnata a una riforma dei concorsi pubblici entro il 30 giugno 2023. Così, mentre il governo lavora ancora alla modifica del Dpr del 1994 per una riforma più ampia con il ministro Paolo Zangrillo, alcuni dettagli sono stati inseriti nel decreto sulla Pa, che al momento è in lavorazione alla Camera per essere convertito in legge e lunedì 5 giugno andrà al voto. Lo scopo complessivo è accelerare i tempi di assunzione nelle pubbliche amministrazioni, portandoli complessivamente a 6 mesi.

Prova orale non obbligatoria fino al 2026 nei concorsi pubblici

Una delle novità più importanti è che non sarà più obbligatoria la prova orale per i concorsi. In particolare, si legge, i bandi "possono prevedere, per i profili non apicali, lo svolgimento della sola prova scritta". La novità sarà valida fino al 31 dicembre 2026: non a caso, la data finale della scadenza di tutti i progetti legati al Pnrr. È possibile che successivamente sarà rinnovata e resa stabile, ma il governo su questo non si è espresso.

In più, con lo stesso emendamento il governo ha previsto anche che nascano anche dei concorsi con divisioni su base territoriale. Ovvero, nei concorsi nazionali i candidati potranno presentarsi per tentare di essere assunti solo in un ruolo – anche se il bando riguarda più di una figura professionale – e in un solo "ambito territoriale", cioè in molti casi in una sola Regione.

In questo modo, chi si voglia candidare per un ruolo nell'Agenzia delle Entrate, oppure all'Inps, dovrà scegliere prima non solo qualche incarico vuole ricoprire, ma anche in quale Regione o in quale Comune (a seconda di come è strutturato il bando) vuole presentare domanda. Ci potranno poi essere degli slittamenti da una Regione all'altra, ma solo se per una non ci sono abbastanza candidati idonei mentre invece in altra ne ha troppi rispetto alle posizioni libere messe a bando. E questo potrà avvenire solo tra Regioni confinanti.

Quota di posti riservata a chi fa il Servizio civile universale

Anche per gli idonei cambiano le regole: saranno considerati tali non più tutti quelli che raggiungono un certo punteggio, ma quelli che rientrano in una precisa fascia: il 20% dei posti dopo l'ultimo degli assegnati. Questo nuovo criterio renderà molto importante il piazzamento in graduatoria per chi ha raggiunto un punteggio sufficiente, e permetterà di ridurre il numero di idonei in modo da velocizzare le procedure.

Infine, ci sarà una quota di posti riservata a chi ha fatto il Servizio civile universale. Il 15% dei posti di lavoro assegnati nei concorsi pubblici andranno ai volontari che hanno completato lo Scu senza demerito, ovviamente sempre a condizione che raggiungano un punteggio idoneo.

60 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views