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Global Sumud Flotilla

Non è vero che la Flotilla non portava aiuti, come dice Ben Gvir: ecco le prove

La Global Sumud Flotilla è partita con tonnellate di aiuti umanitari destinati a Gaza, ma è stata oggetto di una campagna di disinformazione volta a screditare la missione e giustificare il sequestro delle navi. Le prove documentali, tra cui packing list, foto e video, che Fanpage.it ha potuto visionare, confermano la presenza reale degli aiuti, mentre le accuse di propaganda e assenza di materiale umanitario si inseriscono in una strategia più ampia di delegittimazione e controllo narrativo.
A cura di Francesca Moriero
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Ogni volta che qualcuno cerca di rompere l'isolamento di Gaza, si attiva una macchina di disinformazione. Succede da anni: alle testimonianze sul campo si risponde con la delegittimazione, alle immagini documentate con smentite ufficiali, alle denunce con accuse di estremismo. Negli ultimi mesi, influencer, blogger e youtuber sono stati inviati in tour "umanitari" nei territori occupati per raccontare al mondo che a Gaza non manca cibo, che le proteste sono propaganda e che le denunce sono esagerate: c'è chi ha mostrato bar affollati, ristoranti pieni, famiglie felici, sostenendo che non esistono bambini affamati e che il genocidio è una messinscena. Strategie comunicative ben collaudate, coordinate dai vertici politici e militari israeliani, costruite per screditare ogni forma di attivismo internazionale e oscurare le violazioni sistematiche dei diritti umani. Parallelamente, attiviste, attivisti e organizzazioni umanitarie vengono dipinti come "terroristi di Hamas" o come "minacce alla sicurezza", giustificando così arresti, sequestri e violenze illegali.

Le accuse israeliane e la risposta della Flotilla

Anche questa volta, il messaggio arriva direttamente da una fonte ufficiale: "Non c'erano aiuti umanitari sulle barche della Flotilla. Solo propaganda", dice Dean Elsdunne, portavoce internazionale della polizia israeliana. Nei primi giorni di ottobre, Elsdunne ha infatti diffuso un video girato all’interno di una nave — che sostiene appartenere alla Global Sumud Flotilla, una delle imbarcazioni sequestrate illegalmente in acque internazionali da Israele. Il filmato, realizzato dopo l'abbordaggio, mostra una stiva apparentemente vuota, qualche scatola e nessun aiuto in vista: "Niente medicine, niente cibo. Solo un'operazione mediatica", ribadisce Elsdunne. Il video è stato immediatamente rilanciato da numerose testate e account ufficiali, diventando in poche ore la "prova definitiva" per screditare l'intera missione.

La versione di Lizzy Savetsky e le sue contraddizioni

La narrazione è stata ulteriormente rafforzata da Lizzy Savetsky, influencer americana filoisraeliana, che ha pubblicato un video in cui sostiene di essere salita a bordo dello "yacht di Greta Thunberg", dove avrebbe trovato solo "alcol, droga, preservativi e zero aiuti". Il geotag del suo video la collocava però a Tel Aviv, mentre le navi della Flotilla erano state portate ad Ashdod, come confermato dalle stesse autorità israeliane, smentendo così la sua versione.

Il sostegno ufficiale alla narrazione israeliana

Il messaggio di Elsdunne e Savetsky è stato rilanciato anche dall'ambasciata israeliana presso la Santa Sede, dall'ambasciatore a Roma Jonathan Peled e infine dal Ministero degli Esteri israeliano, che in un post su X (ex Twitter) ha parlato apertamente di "provocazione Hamas-Sumud" e di "aiuti mai trovati", insinuando che l’intera operazione fosse una messa in scena; anche il partito di Giorgia Meloni, in Italia, si è allineato alla narrazione israeliana, contribuendo a diffondere la versione secondo cui "sulle navi non c'era nulla": Raffaele Speranzon, vicepresidente dei senatori di Fratelli d'Italia, ha pubblicato un post in cui affermava: "Nessuna delle 40 imbarcazioni trasportava aiuti umanitari. Vergognosi".

Le accuse smentite dalle indagini indipendenti

È importante sottolineare che le autorità israeliane, da mesi, negano di aver bombardato ospedali, ostacolato convogli umanitari o affamato deliberatamente la popolazione civile, accuse che sono state smentite più e più volte da numerose inchieste indipendenti: documenti satellitari, video sul campo e rapporti di agenzie ONU, ONG internazionali e associazioni mediche attestano infatti che a Gaza è in corso un genocidio, che i coinvolgi umanitari vengono bloccati da Israele, i centri di distribuzione e gli ospedali bombardati e la fame è usata come arma di guerra. È proprio per denunciare questo quadro e rompere l'assedio che è nata la Flotilla.

Gli obiettivi della Global Sumud Flotilla

La Global Sumud Flotilla ha attraversato il Mediterraneo con un obiettivo preciso e dichiarato: portare simbolicamente aiuti umanitari destinati alla popolazione palestinese affamata da mesi di assedio, bombardamenti e isolamento, rompere il blocco navale illegale imposto da Israele e creare un corridoio umanitario stabile e verificabile. A bordo delle imbarcazioni della Flotilla non c'erano solo attivisti, ma anche parlamentari, giornalisti, medici, operatori umanitari e osservatori internazionali, provenienti da ben 47 paesi diversi. Una missione dunque, profondamente politica, non solo umanitaria.

Il ruolo italiano nella Flotilla: Music For Peace

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Uno degli assi principali della Flotilla è italiano: coordinata dall'organizzazione genovese Music for Peace, con oltre vent'anni di esperienza in cooperazione internazionale, la sezione italiana ha raccolto e spedito oltre 40 tonnellate di aiuti umanitari, imbarcati su quattro navi partite da Genova. I materiali sono poi stati trasportati ad Augusta, in Sicilia, dove si sono uniti al convoglio principale. Fanpage.it ha potuto visionare e verificare le packing list ufficiali, cioè le liste di carico, tra cui quella datata 30 agosto 2025, che documenta l'invio di ben 882 pacchi famiglia contenenti alimenti a lunga conservazione, riso, zucchero, farina, pasta, tonno, legumi, biscotti, marmellata, per un peso complessivo di 15.876 kg. Si tratta solo di una parte del totale raccolto: le cifre complete parlano infatti di oltre 2.000 pacchi complessivi. La destinazione era esplicitamente indicata: Global Sumud Flotilla. Il container, sigillato e numerato, è stato caricato sui mezzi diretti alle navi. A confermarlo, anche le fotografie scattate durante le operazioni di carico, le testimonianze dei volontari presenti in porto e i video pubblicati dalle attiviste e dagli attivisti a bordo delle imbarcazioni, prima del sequestro. Gli aiuti erano reali. I materiali, documentati. Il trasporto, tracciabile. Ogni aspetto della spedizione italiana è supportato da prove concrete: documenti, fotografie e video, pesi, elenchi. Le immagini mostrate da Israele si riferiscono invece a una singola imbarcazione, non si sa quale, in un momento imprecisato e successivo al sequestro, senza alcun riferimento al contesto più ampio della missione.

La smentita della portavoce italiana

Maria Elena Delia, portavoce italiana del movimento, ha smentito categoricamente le affermazioni israeliane: "È tutto verificabile. Sulle barche partite dall'Italia c'erano alimenti, medicinali, carichi fotografati dai giornalisti prima della partenza. Ogni accusa è infondata e facilmente smontabile". Sul sito ufficiale della Global Sumud Flotilla, è possibile leggere un comunicato che contrasta direttamente la disinformazione secondo cui a bordo non ci sarebbero stati aiuti umanitari; non solo è possibile anche visionare fotografie e video che documentano i carichi prima e durante la partenza.

Il ruolo di Dean Elsdunne nella comunicazione israeliana

La figura di Dean Elsdunne, portavoce della polizia israeliana, è centrale in questa operazione di comunicazione. Oltre al suo ruolo operativo e alla stretta collaborazione con le Israeli Defense Forces (IDF), Elsdunne partecipa regolarmente a convegni internazionali dedicati alla “lotta contro la disinformazione”, dove promuove la necessità di contrastare quelle che definisce “narrazioni distorte” sull’operato di Israele. In questi contesti, denuncia una presunta rappresentazione faziosa da parte di media internazionali, ONG e attivisti nei confronti delle forze dell’ordine israeliane; il suo obiettivo dichiarato è quello di “correggere la percezione”, tentando così di ribaltare l’immagine negativa, che secondo lui è stata costruita ad arte contro le istituzioni israeliane.

La strategia di delegittimazione del ministro Ben-Gvir

Ma il suo intervento sulla Flotilla si inserisce in una strategia più ampia di distrazione e negazione, perfettamente in linea con quella del ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir, che ha definito gli attivisti “terroristi”, promuovendo una retorica securitaria estremamente aggressiva e violenta. Ben-Gvir, leader del partito ultranazionalista Potere Ebraico, è noto per utilizzare anche la delegittimazione come strumento politico: ogni voce che denuncia la crisi umanitaria a Gaza viene etichettata come ostile, ogni testimonianza internazionale come propaganda ostile, ogni azione civile come minaccia alla sicurezza nazionale.

I tour a Gaza del Ministero della Diaspora

La propaganda israeliana attorno alla Flotilla non nasce certo nel vuoto; già nelle settimane precedenti alla partenza della Flotilla, il Ministero della Diaspora aveva organizzato una serie di "tour informativi" per influencer e creator stranieri, portati in aree selezionate vicino alla Striscia per raccontare "un'altra Gaza"; i video pubblicati da Xavier De Rousseau, Marwan Jaber, Jeremy Abramson e altri presentavo una versione ripulita e normalizzata della realtà, negando la fame e il blocco degli aiuti umanitari, attribuendo ogni colpa ad Hamas o alle inefficienze delle Nazioni Unite. Una narrazione smentita in modo sistematico da fonti indipendenti, tra cui l'OCHA, l'UNRWA, il Programma Alimentare Mondiale, Amnesty International, Human Rights Watch, e anche, addirittura, organizzazioni israeliane come B’Tselem e Physicians for Human Rights Israel, che denunciano da mesi il genocidio in corso e il blocco sistematico degli aiuti da parte di Tel Aviv.

La missione della Flotilla, lungi dall’essere una messa in scena, è stata al contrario una delle poche azioni collettive internazionali che hanno cercato di rompere concretamente un assedio che dura da vent'anni. Dire, quindi che le barche erano vuote serve a cancellare le responsabilità di chi le ha sequestrate illegalmente. Definire gli attivisti “terroristi” o “irresponsabili” è un modo per criminalizzare la solidarietà internazionale e giustificare l’impunità del governo israeliano. Le tonnellate di alimenti raccolti dalle persone comuni, le bolle di carico, le immagini e i racconti delle volontarie e dei volontari a bordo parlano chiaro: quelle navi erano cariche di beni, ma soprattutto cariche di una volontà collettiva di rompere un assedio illegale, con la forza della solidarietà, della presenza fisica e della disobbedienza civile.

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