Nei centri in Albania ci sono 25 migranti: dovevano essere trentamila, secondo Giorgia Meloni

Ad un anno dall'annuncio dei centri in Albania, le opposizioni certificano il flop del protocollo siglato da Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama. Ad oggi, secondo l'ultimo monitoraggio del Tavolo immigrazione e asilo (Tai), nella struttura di detenzione di Gjader si trovano 25 migranti. Un numero ben al di sotto delle previsioni del governo che sin dalla presentazione dell'accordo con Tirana aveva parlato di almeno 3mila persone al mese, per un totale di circa 35mila migranti l'anno.
Ieri si è tenuta una conferenza stampa alla Camera, convocata dai parlamentari delle opposizioni, Rachele Scarpa, Matteo Orfini (Pd) e Riccardo Magi (+Europa) appena rientrati da una nuova ispezione nel centro di Gjader "Quello che avrebbe dovuto ospitare più di 30.000 migranti all'anno .Ce ne erano 25. Scelti senza alcun criterio dai cpr italiani, deportati in Albania per poi essere riportati in Italia appena qualche giorno più tardi", racconta Orfini. Ma i Cpr italiani, segnala, non sono pieni.
Sin dal principio quello tra Italia e Albania è parso un accordo fragile, messo in discussione dagli stessi giudici che in più di un'occasione hanno bloccato il trasferimento dei migranti negli hotspot di Shengjin e Gjader. Il tentativo di trasformare i centri in Cpr, in cui ospitare anche i migranti destinatari di decreti di espulsione, non sembra aver prodotto gli esiti sperati. Nell'ultimo anno infatti si sono moltiplicate le segnalazioni che raccontavano di strutture vuote, inutilizzate, e di personale licenziato o costretto a fare ritorno in Italia.
"Le procedure necessarie per il rimpatrio si possono fare solo in Albania? Ovviamente no. Il rimpatrio è più facile o più veloce se fatto da lì? Anche in questo caso la risposta è no: semmai è più lento dato che comunque prima di rimpatriarli devono essere riportati in Italia. Dunque che senso ha tutto questo?Nessuno", scrive Orfini, che racconta di aver visitato solo uno dei due centri "perché il secondo è vuoto da mesi, inutilizzato, di fatto chiuso.Un costosissimo monumento al fallimento del cosiddetto modello Albania. Perché tutto questo?La ragione è tanto semplice quanto insopportabile: Giorgia Meloni non può riconoscere il fallimento, altrimenti verrebbe giù il castello della propaganda costruito in questi mesi. E quindi bisogna andare avanti ad ogni costo".
Fino a questo momento il governo ha continuato a tirare dritto, anche dopo il pronunciamento della Corte di giustizia Ue che ha riconosciuto il potere dei giudici di valutare la legittimità dei decreti con cui vengono stabiliti i Paesi sicuri da cui provengono i migranti sottoponibili a procedure di frontiera accelerate. "Abbiamo scoperto ieri consultando i registri del centro che per tutta l'estate il governo ha fatto dei trasferimenti illeciti, perché avrebbe dovuto fermarsi dopo l'ultima ordinanza della Cassazione a maggio che poneva ulteriori dubbi sulla compatibilità di tutta l'operazione Albania con le direttive della Ue, invece ha deciso di andare avanti, sprecando milioni e milioni. Dai registri abbiamo desunto che da aprile ad oggi sono transitate circa 200 persone mentre i rimpatri sono stati circa una quarantina. La stragrande maggioranza di persone viene liberata dieci giorni dopo l'arrivo in Albania perché il trattenimento non viene convalidato, altre vengono valutate come non idonee dopo poco tempo perché i Cpr sono luoghi patogeni. Non sono numeri che possono sorreggere una narrazione trionfalistica", spiega Scarpa.
Ora l'attesa dell'esecutivo è tutta rivolta al nuovo Patto Europa su asilo e migrazione, che dovrebbe sancire la legittimità della gestione di procedure in materia di immigrazione al di fuori dei confini nazionali. E quindi riuscire a rendere finalmente operativi i centri albanesi. Tuttavia, come ha rilevato la Corte di Cassazione, il trattenimento in Albania avverrebbe in un Paese terzo non membro dell’Ue e dunque potrebbe finire per scontrarsi comunque con le garanzie e i limiti europei, specie in materia di libertà personale.
I parlamentari denunciano le complicate condizioni dei migranti, i cui atti di autolesionismo sarebbero sempre più frequenti. "Da aprile ci sono stati 95 eventi critici, qualcuno che si cuce la bocca, altri ingeriscono una lametta", sottolinea Scarpa. Il "modello dei cpr non sta portando sicurezza in Italia, non sta garantendo i rimpatri per cui è nato ma sta solo generando insicurezza e sofferenza oltre che un ingente spreco di risorse pubbliche. Il fatto che viene presentato in Ue come modello da perseguire su larga scala è grave perché si basa su bugie e omissioni".
C'è poi il nodo dei costi. Secondo un rapporto di Actionaid e UniBari i 400 posti all'interno del centro di Gjader sono costati più 150mila euro ciascuno. "Il problema principale ovviamente è la lesione dei diritti, ma visto che siamo in periodo di legge di bilancio è giusto parlare di costi – osserva Orfini . Si dice che non ci sono risorse per nulla, ma secondo i nostri calcoli i centri costano un miliardo in 5 anni. Il governo dà cifre diverse e dice che si tratta di 130 milioni l'anno per 5 anni, ma sono comunque dati preoccupanti. Se dedicati a 200 migranti, si parla di circa 650mila euro a persona".
Per Magi "siamo di fronte a un grande monumento della propaganda e dello sperpero di denaro pubblico". "Stiamo parlando di una struttura faraonica, della presenza di agenti di polizia, carabinieri, militari della guardia di finanza, personale della prefettura. Dalle informazioni che abbiamo preso", le persone "arrivano con dei voli della Gdf, quindi con dei costi elevatissimi. La struttura dovrebbe essere dichiarata chiusa e fallita oggi, se non ieri. Possiamo dire – conclude -per fare il verso alla presidente Meloni che non ha fun-zio-na-to".
 
  