Music for Peace a Tajani: “300 tonnellate di aiuti per Gaza ancora bloccate, governo le faccia partire”

Alla Camera dei Deputati, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha presentato questa mattina l'informativa urgente del governo su quello che viene definito Piano di pace per la Striscia di Gaza.
L'Italia, ha spiegato Tajani, ha lavorato "con pazienza e concretezza", mantenendo aperti i canali con Israele e l'Autorità Palestinese, senza cedere "al clamore e ai proclami". Il ministro degli Esteri ha così parlato dei bambini palestinesi curati negli ospedali italiani, di studenti accolti nelle università, di un grande piano umanitario per la Striscia da sessanta milioni di euro. Un racconto saldo, istituzionale, che disegna l'immagine di un Paese attivo, generoso e ben visto dagli alleati: "Abbiamo fatto la nostra parte", ha aggiunto.

Nel frattempo, però, oltre 300 tonnellate di aiuti umanitari restano bloccate al porto di Genova da settimane: pacchi alimentari completi, imballati da mesi da Music for Peace, organizzazione umanitaria genovese presente a Gaza dal 2009, che negli anni ha inviato nella Striscia oltre novecento tonnellate di cibo, duecentocinquanta di medicinali, ambulanze, materiali sanitari. La raccolta iniziata mesi fa a Genova proprio su appello di Music for Peace e anche del Calp, il collettivo autonomo dei lavoratori portuali, aveva l’obiettivo iniziale di raccogliere 40 tonnellate di beni di prima necessità, poi ampliata grazie alla risposta solidale di centinaia di persone.
Ora però tutto è fermo. I container non partono. E da settimane, alle domande più semplici, non arriva risposta. Questi aiuti, destinati a una popolazione disperata, restano bloccati per motivi burocratici che appaiono davvero surreali: è stata chiesta infatti la rimozione di biscotti, miele e marmellata "per non fornire troppa energia a donne e bambini", secondo direttive israeliane confermate poi da interlocutori locali e documenti ufficiali mostrati anche in una recente conferenza stampa al Senato.

Di tutto questo nel discorso di Tajani alle Camere non c'è però alcuna traccia. E mentre il ministro degli Esteri parla del rafforzamento del piano "Food for Gaza", iniziativa governativa che prevede l'erogazione di fondi e l’organizzazione di corridoi umanitari per l’ingresso di beni di prima necessità nella Striscia, Music for Peace prende le distanze: quella iniziativa "non ha nulla a che vedere con la nostra", commenta a Fanpage.it. "È gravissimo che una questione così rilevante venga ignorata o liquidata con risposte vaghe. Parliamo di 300 tonnellate di aiuti ferme al porto di Genova, destinate a Gaza. Nonostante interrogazioni e richieste formali, la risposta che riceviamo è sempre la stessa: un generico richiamo al progetto Food for Gaza, che però non ha nulla a che vedere con la nostra iniziativa. La domanda è semplice: questi aiuti possono partire o no?".
L'organizzazione aggiunge con fermezza che non accetterà compromessi: "I pacchi devono partire così come sono, senza tagli o modifiche, e la consegna deve avvenire con almeno due nostri rappresentanti presenti a Gaza, per garantire che tutto venga consegnato e documentato, come previsto dal diritto internazionale umanitario. I destinatari devono essere i nostri partner locali di fiducia, oppure enti come Caritas o la Chiesa locale, tramite il Patriarcato di Gerusalemme, sotto la supervisione del nostro direttore operativo, per assicurare trasparenza e rendicontazione".
Considerando che le restrizioni sono imposte da Israele a tutte le organizzazioni che inviano aiuti, resta da chiarire poi se anche il piano "Food for Gaza", che Tajani dice essere in partenza, sia soggetto alle stesse direttive che prevedono la rimozione di prodotti fondamentali come biscotti, miele e marmellata.
Insomma, la distanza tra la retorica ufficiale e ciò che accade sul campo rischia di trasformarsi in una frattura netta tra parole e fatti; senza trasparenza e risposte concrete, l’Italia potrebbe apparire più interessata all’immagine che al sostegno reale alla popolazione palestinese, lasciando dietro di sé un grande vuoto di promesse non mantenute.