Misiani (Pd): “Sulla sanità bugie e propaganda di Meloni, i soldi in Manovra non bastano”

L'Italia nei prossimi anni avrà una crescita economica tra le più basse in Europa, perché finora "il governo Meloni ha vissuto di rendita" ma non ha "fatto praticamente nulla che potesse spingere la crescita del Paese". Lo ha detto Antonio Misiani, senatore del Pd, vicepresidente della commissione Bilancio e responsabile Economia della segreteria di Elly Schlein, a Fanpage.it
Misiani ha parlato anche della proposta nella legge di bilancio 2026 di alzare la no tax area per far risparmiare centinaia di euro di Irpef a chi ha redditi bassi, e della divisione del centrosinistra sul tema della patrimoniale. Ma soprattutto di uno dei punti più critici della legge di bilancio: la carenza di fondi per la sanità. "Che le liste d'attesa migliorino è l'ennesima bugia propagandistica di Giorgia Meloni. Andiamolo a chiedere a alle persone che rinunciano a curarsi perché le liste d'attesa nel pubblico sono infinite e non hanno i soldi per andare nella sanità privata".
Senatore, nelle previsioni della Commissione europea l'Italia da qui al 2027 sarà uno dei Paesi peggiori in Ue per quanto riguarda la crescita economica. Quali sono, secondo lei, le responsabilità del governo Meloni in questo?
Il governo Meloni ha vissuto di rendita, fondamentalmente. Avevano da spendere 200 miliardi del Pnrr, con fatica comunque li stanno spendendo, e questo aiuta a tenere a galla un'economia che altrimenti sarebbe già in recessione. Nonostante questo arranchiamo, perché il governo non ha fatto praticamente nulla che potesse spingere la crescita del Paese. E quest'ultima legge di bilancio ne è dimostrazione più evidente.
Sono i numeri stessi del governo che dicono che la manovra non avrà alcun impatto sulla crescita dell'economia. Impatto zero sulla crescita, impatto zero sui consumi delle famiglie, impatto addirittura negativo sugli investimenti delle imprese che cresceranno meno di quanto sarebbe accaduto senza la legge di bilancio.
Il loro focus è solo sui mercati, le agenzie di rating, la tenuta dei conti pubblici. Che per l'amor di Dio, è un punto importante, ma per il resto non c'è nulla di quello che potrebbe aiutare l'economia a ripartire. Il paese si sta deindustrializzando silenziosamente e loro hanno assistito inerti a questo processo, senza mettere in campo alcuna politica industriale. Lo vediamo anche in queste ore con il dramma di Ilva.
Questa legge di bilancio è una delle più ‘piccole' degli ultimi anni a livello di soldi stanziati, ma è anche quella in cui la maggioranza ha proposto più emendamenti dall'inizio del governo Meloni: oltre 1.600. È un segnale di divisione interna?
Per molti versi, sì. Due anni fa Giorgia Meloni aveva imposto ai suoi parlamentari di non presentare emendamenti. In due anni siamo passati da zero emendamenti di maggioranza a 1.600, e questo la dice lunga. Alla fine i parlamentari intercettano gli umori dell'opinione pubblica, e i sondaggi stessi dicono che anche la maggioranza degli elettori di destra boccia questa manovra, la ritiene inutile o addirittura dannosa.
Si ha la percezione che non darà alcuna spinta alla crescita di un Paese che nel frattempo si è fermato, e non affronterà le disuguaglianze, i problemi del ceto medio, di milioni di famiglie che non ce la fanno più.
Sempre a proposito di emendamenti: voi ne avete presentati 16 scritti insieme agli altri partiti di opposizione. Uno nello specifico riguarda la no tax area, cioè la soglia di reddito sotto cui non si paga Irpef. Vorreste alzarla a 15mila euro. Che effetto avrebbe questa riforma, rispetto a quella che invece il governo ha inserito nella legge di bilancio?
Il governo ha stanziato tre miliardi per un mini taglio Irpef che riduce dal 35 al 33% la aliquota del secondo scaglione, ma questi pochi soldi li ha distribuiti su una platea amplissima. Lo sgravio andrà anche a chi ha un reddito lordo di 150 o 200mila euro, che non possiamo certo definire ceto medio.
La nostra proposta, che abbiamo condiviso con le altre forze di opposizione, è di concentrare queste risorse sui redditi bassi e medi. E lo facciamo, appunto, alzando la no tax area, cioè il livello di reddito sotto il quale non si pagano tasse, da 8.500 fino a 15mila euro. Ci sarebbe un risparmio massimo di 1.495 euro all'anno per chi ha un reddito lordo di 15mila euro, e poi via via decrescente fino a 60mila euro.
Quindi agiamo su una platea ampia, ma evitando di ridurre le tasse a contribuenti che onestamente ne possono fare a meno. Alzare la no tax area a 15mila euro aiuta i lavoratori poveri, i giovani precari, persone che hanno redditi bassi – sono tantissime in questo Paese – e che su quei redditi però pagano tasse.
Alleanza Verdi-Sinistra ha proposto invece una imposta patrimoniale sui redditi sopra i due milioni di euro. Giuseppe Conte ha detto che non è all'ordine del giorno, Matteo Renzi è contrario: è impossibile trovare un accordo tra voi su questo punto?
Vedremo. Mi lasci dire una cosa innanzitutto: i 16 emendamenti che abbiamo presentato con tutte le forze di opposizione, da Italia viva ad Avs, passando per il Pd e il Movimento 5 Stelle, sono un fatto politico enormemente importante. È la migliore risposta a chi dice che le opposizioni non hanno un programma, non condividono una visione di futuro del Paese. Questi 16 emendamenti affrontano temi importantissimi dal fisco, alla sanità, alle politiche industriali, alla scuola e danno il segno di una larga condivisione su alcuni nodi centrali.
Siamo tutti d'accordo che le disuguaglianze crescenti siano un grande problema. Noi abbiamo un sistema fiscale che è diventato regressivo per la parte più benestante dei contribuenti: lo 0,1% di contribuenti a più alto reddito, in proporzione, paga meno tasse delle famiglie del ceto medio e di chi ha redditi bassi. È un paradosso. Come affrontare questo problema è un punto su cui la discussione è aperta.
Noi stessi siamo scettici nei confronti di un'imposta patrimoniale a livello nazionale, perché i capitali si muovono. Quindi sarebbe un'imposta che verrebbe facilmente elusa dai super ricchi, che in quattro e quattr'otto possono spostare il loro patrimonio da altre parti, in giurisdizioni fiscali più favorevoli.
Per noi i super ricchi vanno tassati di più, a loro deve essere chiesto un contributo maggiore, ma bisogna farlo su scala almeno europea. Non a caso Gabriel Zucman aveva proposto un'imposta sui super ricchi addirittura al G20, quindi in un consesso di livello globale. Perché quella è la scala su cui è realistico chiedere un contributo maggiore a super ricchi che spesso eludono le tasse, scelgono i paradisi fiscali e pagano molto, molto meno di quanto dovrebbero.
Sanità. Anche quest'anno si parla dei fondi che il governo ha deciso di stanziare nella legge di bilancio, Giorgia Meloni rivendica di averne messi più di tutti i governi precedenti e che le liste d'attesa stiano migliorando grazie alle loro misure. Voi con questa legge di bilancio cosa chiedete?
Che le liste d'attesa migliorino è un miraggio, l'ennesima bugia propagandistica di Giorgia Meloni. Andiamolo a chiedere a alle persone che rinunciano a curarsi perché le liste d'attesa nel pubblico sono infinite e non hanno i soldi per andare nella sanità privata.
Sa quanti erano quando è arrivato questo governo? Quattro milioni e 100mila persone. Oggi sono cinque milioni e 800mila. Siamo passati dal 7 al 10% della popolazione. Un italiano su dieci è escluso da visite specialistiche, esami specialistici, terapie di cui avrebbe bisogno, perché questa è la condizione della sanità pubblica.
I soldi che il governo ha messo in più non bastano nemmeno a ridurre la discesa del Fondo sanitario nazionale in rapporto al Pil, che è l'unica misura che unanimemente si usa a livello internazionale per capire se le risorse bastano o meno. Il FSN valeva il 6,3% del Pil quando la Meloni è arrivata, nel 2022. È sceso al 6% quest'anno, scenderà al 5,9% nel 2028, che è il livello più basso dal 2004. Questa è la realtà, il resto è propaganda di un governo che silenziosamente sta privatizzando la sanità e noi questo lo vogliamo impedire.