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Migranti, Oim: “Dall’inizio dell’anno 538 persone sono morte nel Mediterraneo Centrale”

Da gennaio a oggi sono almeno 538 le persone morte o scomparse sulla rotta migratoria più letale al mondo: quella del Mediterraneo centrale. Una realtà drammatica fatta di viaggi disperati e soccorsi al limite, mentre l’Europa è chiamata a riflettere sul peso umano e politico dei suoi confini.
A cura di Francesca Moriero
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Il Mediterraneo centrale è tornato ad essere ciò che è stato per anni: un cimitero liquido e invisibile per chi tenta di raggiungere l'Europa in cerca di salvezza. Secondo gli ultimi dati dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), dal 1° gennaio a oggi almeno 538 persone sono morte o risultano disperse nel tentativo di attraversare quella che viene considerata la rotta migratoria più letale al mondo. Si tratta di numeri che scuotono le coscienze e che riflettono l'immensa portata di un fenomeno umano e politico ancora irrisolto.

Solo nell'anno in corso, 255 migranti sono stati accertati come deceduti, mentre altri 284 risultano dispersi, inghiottiti dal mare nel tentativo di fuggire da conflitti, povertà e persecuzioni. Se nel periodo analogo dello scorso anno si erano registrate cifre simili, la realtà è che la strage silenziosa nel Mediterraneo è ormai una costante, scandita dalle cronache dei soccorsi e dei naufragi. "Dobbiamo fare di più per salvare vite", si legge alla fine di un post su X (ex Twitter) dell'account italiano di Oim.

Le operazioni di salvataggio e le organizzazioni umanitarie

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In un contesto in cui l’assenza di politiche europee condivise trasforma il Mediterraneo in una tomba a cielo aperto, sono soprattutto le organizzazioni umanitarie e le loro navi a garantire soccorsi e accoglienza. Da SOS Mediterranee a Medici Senza Frontiere, passando per Sea Watch e Open Arms, sono loro ad intercettare e salvare i migranti nel cuore di una rotta lasciata fuori dal radar dei governi. Solo nel 2024, si stima che gli equipaggi di queste organizzazioni e di altre realtà civili abbiano soccorso e messo in salvo migliaia di persone in mare, strappandole alla morte e portandole verso porti sicuri; le operazioni dei volontari e dei soccorritori hanno contribuito ad alleviare una crisi umanitaria aggravata dall’assenza di politiche condivise e corridoi legali e sicuri. A Lampedusa e Livorno, due dei principali punti di arrivo dei migranti soccorsi nel Mediterraneo, si sono susseguiti sbarchi e arrivi carichi di speranza e sofferenza. Solo pochi giorni fa, nel porto toscano è approdata la nave Ocean Viking con 48 rifugiati a bordo, tra cui 35 adulti e 13 minori, molti dei quali soli e vulnerabili.

Le domande irrisolte e la sfida europea

Se la macchina dei soccorsi è garantita soprattutto dalle realtà umanitarie e dalle Capitanerie di porto che rispondono alle emergenze, ciò che ancora manca, secondo le denunce, è una visione chiara e condivisa dell’Europa sul fenomeno migratorio e sulla salvaguardia dei diritti umani. Le politiche dei respingimenti e dei pattugliamenti lasciati ai Paesi di partenza dei migranti continuano a fallire, alimentando un traffico umano spietato e una strage silenziosa nel cuore del Mediterraneo.

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