Migranti, la Corte di giustizia Ue smonta il governo Meloni: “Su Paesi sicuri devono poter valutare i giudici”

Un Paese Ue può definire la lista di Paesi sicuri per il rimpatrio dei migranti ma i giudici devono poter valutare la scelta. Lo ha stabilito la sentenza delle Corte di giustizia dell'Unione europea che oggi si è pronunciata sul protocollo Italia-Albania. Uno Stato membro "può designare Paesi d'origine sicuri mediante atto legislativo, a patto che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo".
Il cittadino di un Pese terzo – afferma la Corte – può vedere respinta la sua domanda di protezione internazionale in esito a una procedura accelerata di frontiera qualora il suo Paese di origine sia stato designato come "sicuro" a opera di uno Stato membro. L'indicazione di un Paese come sicuro può avvenire tramite decreto legislativo, ma questo dovrà essere sottoposto a un controllo dei giudici per verificare che sia in linea con le norme europee. Una sentenza che smonta nei fatti quanto sostenuto finora dal governo Meloni, che rivendicava la competenza esclusiva sul tema. Il diritto dell'Unione europea "non osta al fatto che uno Stato membro proceda alla designazione di un Paese terzo quale Paese di origine sicuro mediante un atto legislativo, a condizione che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo", si legge nel parere della Corte.
La definizione dei Paesi sicuri deve basarsi inoltre, su fonti di informazione "sufficientemente accessibili, sia per il richiedente che per il giudice competente", precisano i giudici. "Tale prescrizione mira a garantire una tutela giurisdizionale effettiva, consentendo al richiedente di difendere efficacemente i suoi diritti e al giudice nazionale di esercitare pienamente il proprio sindacato giurisdizionale".
I giudici di Lussemburgo si sono espressi più precisamente sul concetto di Paese sicuro, su cui si era concentrato il dibatto attorno all'accordo Roma-Tirana che ha dato il via libera alla costruzione dei cpr in Albania. La Cgue ha stabilito che "uno Stato membro non può includere nell'elenco dei Paesi di origine sicuri" un Paese che "non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione". In altre parole, un Paese può essere ritenuto sicuro solo se tutta la sua popolazione è protetta e non solo una parte. La Corte precisa che questa condizione è valida fino all'entrata in vigore del nuovo regolamento Ue, "che consente di effettuare designazioni con eccezioni per alcune categorie chiaramente identificabili di persone", atteso il 12 giugno 2026. Tuttavia, "il legislatore Ue può anticipare la data".
Il verdetto era atteso da mesi. I giudici di Lussemburgo si sono espressi sui ricorsi presentati dal Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti nei centri in Albania perché provenienti da Paesi ritenuti sicuri dal governo italiano. Il caso riguarda in particolare, due cittadini del Bangladesh che dopo esser stati deportati in Albania avevano fatto domanda di protezione internazionale. La loro richiesta è stata esaminata dalle autorità italiane secondo la procedura accelerata di frontiera ed è stata respinta in quanto infondata, con la motivazione che il loro paese d'origine è considerato "sicuro". I ricorrenti hanno impugnato la decisione di fronte Tribunale ordinario di Roma, che si è rivolto alla Corte di giustizia per chiarire l'applicazione del concetto di paese di origine sicuro e gli obblighi degli Stati membri in materia di controllo giurisdizionale effettivo. Oggi, è arrivato il responso dei giudici l'atto legislativo dell’ottobre 2024 non precisa le fonti di informazione sulle quali il legislatore italiano si è basato per valutare la sicurezza del paese. Pertanto, sia il richiedente sia l'autorità giudiziaria si troverebbero privati della possibilità, rispettivamente, di contestare e controllare la legittimità di siffatta presunzione di sicurezza, esaminando in particolare la provenienza, l'autorità, l'affidabilità, la pertinenza, l'attualità e l'esaustività di tali fonti. (Segue) EST NG01 mrc 011050 AGO 25
Fratoianni: "Sentenza è macigno per il governo"
La sentenza della Corte Europea di giustizia "è un vero e proprio macigno sulle velleità del governo Meloni e della destra italiana di calpestare il diritto internazionale e il buonsenso. Erano pure arrivati a dire nelle aule parlamentari che i giudici che rispettavano la legge fossero degli eversori. Non era e non è affatto così", ha commentato Nicola Fratoianni di Avs. "Una pesante sconfitta senza appello per chi ha orchestrato un’indegna campagna di propaganda sulla pelle di esseri umani", ha concluso.
"Quelle scritte oggi dalla Corte di giustizia europea sul modello Albania sono parole definitive: la strategia del governo era sbagliata persino nei suoi presupposti", ha affermato Raffaella Paita, capogruppo di Italia viva al Senato. "Gli argomenti addotti dalla Corte (la designazione di Paesi terzi come Paesi di origine sicuri deve essere valutata da un giudice e un Paese e' sicuro se protetta tutta la popolazione) demolisce fin nelle fondamenta un piano costruito da sempre su un'approssimazione dettata unicamente da esigenze di propaganda. Peccato che per un inutile obbrobrio del genere si sia gettato in mare un miliardo dei cittadini italiani, che poteva essere speso ben altrimenti", conclude.
"Ciao Albania, e' stato bello", ha reagito su X il senatore del Partito democratico, Filippo Sensi. La sentenza "è la Caporetto di Giorgia Meloni e dovrebbe mettere fine al progetto di una Guantanamo italiana per la deportazione di migranti", dice Riccardo Magi, di +Europa. "Meloni e il governo sapevano che questo protocollo era stato redatto nella totale illegalità per questo hanno deciso di correre ai ripari cambiando preventivamente destinazione d’uso ai centri in Albania proprio per sfuggire agli effetti di questa sentenza. E si capisce anche il vittimismo di Meloni verso i giudici che, giustamente, hanno sollevato la questione dei Paesi sicuri davanti la Corte di Giustizia Ue. I giudici non solo potevano ma dovevano controllare l’effettiva condizione dei Paesi definiti sicuri. La propaganda sadica di Meloni, che ha speso centinaia di milioni di euro degli italiani per allestire quel tetro spot elettorale dei centri in Albania si infrange contro il diritto. Meloni chiuda quelle inquietanti e illegali cattedrali nel deserto, chieda scusa agli italiani e rispetti lo stato di diritto e i diritti delle persone migranti”.
"La Corte europea ha dato torto al governo italiano chissà se anche stavolta diranno che li abbiamo ispirati noi o che cerca solo di fermare la riforma della giustizia", ha commentato la segretaria del Pd Elly Schlein. "Si prendano la responsabilità di non aver letto le leggi italiane ed europee e di aver fatto una scelta illegale con centri inumani in Albania che calpestano i diritti fondamentali dei migranti e richiedenti asilo e per cui hanno sperperato più di 800 milioni di euro degli italiani che potevamo invece usare per assumere medici e infermieri", ha aggiunto.
Palazzo Chigi: "Sorprende la decisione della Corte Ue"
"Sorprende la decisione della Corte di Giustizia UE in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali", fanno sapere da Palazzo Chigi. "Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche. La Corte di Giustizia UE decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari. Così, ad esempio, per l'individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano".
Duro il commento del vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, che ha definito il pronunciamento "l’ennesimo schiaffo alla sovranità nazionale del nostro Paese, l’ennesimo incentivo a sbarchi senza limite, l’ennesima riprova non solo dell’inutilità, ma della dannosità di istituzioni europee di questo tipo, che pagano i cittadini italiani che però vengono costantemente umiliati".