Migranti, in Italia calano gli arrivi regolari ma crescono le richieste d’asilo: cosa dicono i dati ISTAT

Il 2024 è stato un anno di tensione e trasformazione sul fronte migratorio. Mentre il dibattito politico continua a ruotare attorno alla parola "emergenza" o "sicurezza", l'Italia registra un calo complessivo dei nuovi ingressi regolari e, al tempo stesso, un aumento significativo delle richieste di asilo. Un paradosso solo apparente: le politiche di chiusura dei canali legali d'ingresso, dai visti per studio ai ricongiungimenti familiari, hanno reso più difficile arrivare in modo regolare, spostando parte dei flussi verso la protezione internazionale.
Dietro la retorica dei porti chiusi e della "difesa dei confini", i numeri pubblicati dall'istat raccontano un'altra realtà: quella di un paese che, pur irrigidendo le proprie regole, continua a essere meta di migliaia di persone in cerca di sicurezza, lavoro, stabilità e pace. Alla fine del 2024, i cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno regolare sono stati oltre 3,8 milioni, una presenza dunque ormai strutturale, fatta di famiglie, lavoratori, studenti e nuovi cittadini italiani.
Flussi in calo, ma con tendenze diverse
Nel corso del 2024 i nuovi permessi rilasciati sono stati 290.119, con una flessione del 12,3% rispetto all’anno precedente. La diminuzione riguarda soprattutto i motivi familiari e di studio, mentre aumentano i permessi per lavoro e, in misura ancora maggiore, le domande di asilo. In sintesi, diminuiscono le vie regolari di ingresso ma cresce il numero di chi tenta la strada più incerta, quella della protezione.
Famiglie più lontane, ricongiungimenti in calo
I permessi per famiglia — tradizionalmente la principale motivazione d'ingresso — mostrano un calo netto (-18,8%). Gli arrivi per ricongiungimento familiare diminuiscono in modo marcato per gli ucraini (-44,9%) e per gli indiani (-37,8%), ma calano anche per albanesi e bangladesi. L'unica crescita riguarda tunisini, cinesi ed egiziani. Un dato che segnala una difficoltà crescente nel riunire i nuclei familiari, un effetto indiretto delle politiche migratorie più restrittive che rendono i tempi più lunghi e i requisiti più rigidi.
Meno studenti stranieri negli atenei italiani
Anche l'accesso all'Italia per motivi di studio mostra un brusco arresto: secondo i dati Istat, infatti, nel 2024 sono stati rilasciati poco più di 20mila permessi, con una contrazione del 26,7% rispetto al 2023. È il primo calo dopo tre anni di crescita. I principali Paesi di provenienza restano Iran, Cina e Turchia, seguiti da India e Pakistan. Un dato che riflette anche un quadro più ampio: le difficoltà burocratiche per ottenere visti, l'aumento dei costi e l'assenza di politiche di attrazione di studenti stranieri riducono la capacità del sistema universitario italiano di essere competitivo a livello internazionale.
Crescono i permessi per lavoro, ma con forti squilibri di genere
Diversa la tendenza invece per i permessi di lavoro, che aumentano leggermente (+3,8%) e rappresentano il 13,9% del totale. È una crescita che segue la riapertura dei decreti flussi e la ripresa di settori stagionali come l'agricoltura e il turismo; la crescita non è però ancora equamente distribuita: gli uomini aumentano del 16,7%, mentre per le donne si registra un calo del 30,3%.
Il lavoro stagionale rimane la forma più diffusa (45,9% dei nuovi permessi), seguita dal lavoro dipendente (45,1%).
Il lavoro autonomo resta marginale, segnale della scarsa possibilità per i migranti di costruire percorsi professionali stabili.
Le nuove provenienze: più Bangladesh e Tunisia, meno Ucraina
Il 2024 segna anche un cambiamento nelle cittadinanze dei nuovi arrivati: per la prima volta, i cittadini del Bangladesh guidano la graduatoria con 28.045 nuovi permessi (9,7%), seguiti dai marocchini (25.776) e dagli albanesi, che registrano un forte calo (-26%). Crescono anche i flussi da Tunisia (+30,7%) e Perù (+25,7%), mentre crollano quelli dall'Ucraina (-54,2%), dopo i picchi legati all’emergenza bellica.
Questi dati riflettono un sostanziale mutamento nelle rotte migratorie: la progressiva chiusura dei confini orientali e la riduzione dei canali umanitari per gli ucraini spostano i flussi verso il Mediterraneo centrale, dove le partenze dal Nord Africa e dall'Asia meridionale tornano invece a crescere, spinte da guerre dimenticate, crisi economiche e mancanza di diritti.
Geografia delle presenze: il Nord resta il principale punto d'approdo
I dati raccontano anche che la Lombardia continua a essere la regione con il maggior numero di nuovi permessi (20,9%, pari a 60.738), seguita da Emilia-Romagna e Veneto. È nel Nord industriale insomma che si concentra gran parte della domanda di lavoro e dove i ricongiungimenti familiari restano più frequenti. Uno squilibrio territoriale che sostanzialmente sottolinea come le migrazioni siano strettamente legate alla struttura economica del Paese e alla distribuzione delle opportunità, più che a fattori contingenti.
Domande di asilo in aumento ma percorsi ancora difficili
Sul fronte della protezione internazionale, il 2024 registra poi un aumento netto: 151.120 persone hanno presentato domanda di asilo, oltre 20mila in più rispetto al 2023. Le Commissioni territoriali hanno esaminato 78.565 prime istanze, respingendone il 64,1%. Il dato conferma poi la pressione crescente sulle procedure di accoglienza e, insieme, la mancanza di vie regolari per chi fugge da guerre, crisi ambientali o povertà.
La maggioranza delle richieste arriva da uomini giovani, ma aumenta anche la presenza di nuclei familiari e donne sole.
La lentezza dell'integrazione
Nel 2024 le acquisizioni di cittadinanza, sempre secondo l'Istat, superano le 217mila unità, in lieve aumento rispetto all'anno precedente. Un segnale di stabilità, ma anche di estrema lentezza: la burocrazia e le norme restrittive rendono infatti ancora estremamente difficile il riconoscimento della piena appartenenza per chi vive da anni in Italia.
Un equilibrio ancora molto fragile
L'insieme dei dati restituisce insomma un quadro molto complesso, in cui le migrazioni appaiono tutt'altro che un'emergenza. O meglio, i numeri del 2024 raccontano un paese attraversato da flussi in trasformazione, più che da ondate improvvise: diminuiscono gli ingressi regolari, aumentano le richieste di protezione, cambiano le provenienze e i motivi per cui si arriva. Ma non è l'arrivo in sé a rappresentare un problema: lo diventa quando le persone vengono lasciate senza percorsi stabili, senza canali regolari d'ingresso o possibilità reali di integrazione.
L'allarme, semmai, riguarda ciò che accade dopo, cioè quando chi arriva resta intrappolato tra burocrazie, respingimenti e assenza di diritti. È qui che si misura la distanza tra la realtà e la narrazione politica dell'emergenza: nei vuoti normativi, nella fragilità delle politiche di accoglienza, nella difficoltà di trasformare la presenza in partecipazione. Le migrazioni, osservate da vicino, mostrano piuttosto un'Italia che continua ad attrarre e a essere attraversata, nonostante i confini più rigidi e le regole più strette. Un'Italia che cambia lentamente, e che nel volto di chi arriva continua a riflettere le proprie contraddizioni, ma anche la possibilità concreta di un futuro condiviso.