Migranti, 108 persone bloccate da quattro giorni nel Mediterraneo: l’Europa non indica un porto sicuro

Da quattro giorni 108 persone si trovano a bordo di una nave commerciale nel Mediterraneo centrale, senza che nessuno Stato europeo abbia indicato un porto sicuro. È il 30 dicembre 2025 e, mentre l'anno si chiude, l'Europa conferma ancora una volta la propria assenza davanti a un obbligo che non è politico ma giuridico: soccorrere e sbarcare le persone salvate in mare.
La prima segnalazione del 26 dicembre

La vicenda comincia il 26 dicembre. Alarm Phone, la linea di emergenza che riceve richieste di aiuto dalle imbarcazioni in difficoltà, avvisa le autorità italiane e maltesi. La Maridive 703, una nave di supporto offshore impegnata presso piattaforme petrolifere nel Mediterraneo, ha soccorso 34 persone alla deriva, tra cui tre bambini piccoli; non si tratta di un'operazione facoltativa né di un atto di buona volontà: il diritto internazionale del mare stabilisce chiaramente che chi viene salvato deve essere condotto senza ritardo in un porto sicuro. Ma, da quel momento, nessuna risposta arriva né da Roma né da La Valletta.
Il numero dei soccorsi sale a 108 persone
Nei giorni successivi la situazione si aggrava: la Maridive 703 presta ulteriore assistenza a un'altra imbarcazione in difficoltà e il numero delle persone a bordo sale a 108. Secondo le informazioni raccolte da Alarm Phone, due persone avrebbero perso la vita e altre sarebbero ferite. Una nave commerciale, progettata per operazioni industriali e non per accogliere decine di naufraghi per giorni, si ritrova così a gestire un'emergenza umanitaria prolungata, mentre gli Stati costieri restano immobili.
Quattro giorni senza coordinamento europeo
Sono passati quattro giorni dalla prima segnalazione. Quattro giorni senza che una guardia costiera europea assuma il coordinamento delle operazioni, senza che venga indicato un luogo di sbarco, senza che venga applicato un principio elementare del diritto internazionale. Le persone soccorse restano sospese in mare, invisibili, come se il salvataggio non producesse alcuna responsabilità.
Negli ultimi giorni del 2025, il Mediterraneo continua così a essere il luogo in cui le norme valgono solo sulla carta e i soccorsi diventano un problema da evitare. E mentre le navi commerciali suppliscono alle mancanze degli Stati, uomini, donne e bambini restano in attesa di un porto sicuro che, per legge, dovrebbe già essere stato indicato.
Il naufragio di Natale al largo della Libia
La vicenda della Maridive 703 non è certo un caso isolato, ma si inserisce in una sequenza di tragedie che ha segnato il Mediterraneo negli ultimi mesi, e anche nei giorni immediatamente precedenti al Natale. Il 24 dicembre Alarm Phone ha confermato un naufragio al largo della Libia in cui avrebbero perso la vita 116 persone partite da Zuwarah la sera del 18 dicembre. Di un barcone con 117 migranti a bordo si erano perse le tracce poche ore dopo la partenza: nonostante le segnalazioni alle autorità competenti e i tentativi di localizzazione, nessuna operazione di soccorso era stata avviata in tempo. L'unico sopravvissuto sarebbe stato recuperato giorni dopo da pescatori tunisini e trasferito in ospedale in condizioni gravissime. Secondo Alarm Phone, per giorni si è consumato lo stesso schema già visto troppe volte: contatti senza risposta, rimpalli di responsabilità tra guardie costiere, giustificazioni legate al meteo e nessuna ricerca sistematica dopo la scomparsa dell’imbarcazione. Anche i sorvoli aerei, inclusi quelli di Frontex, non hanno portato a comunicazioni pubbliche su eventuali avvistamenti. Sulla tragedia è intervenuta anche la Commissione episcopale italiana per le migrazioni; il presidente di Migrantes ha parlato di una ferita che interroga direttamente l'Europa: "Con che coraggio possiamo difendere i confini prima delle persone?", chiedendo un rafforzamento reale del soccorso in mare e una collaborazione tra Stati e società civile.
I 116 morti di dicembre si aggiungono a un bilancio già drammatico: oltre 1.700 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo nel corso dell'anno. Numeri che trasformano ogni singola vicenda, compresa quella delle 108 persone ancora bloccate in mare, in parte di un sistema che continua a produrre morte e attesa.