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Manovra 2026

Meloni, Salvini e chi si indigna per una protesta di venerdì non hanno capito cosa vuol dire scioperare

Dal governo Meloni e dalla destra sono arrivate le ormai solite critiche e battute sarcastiche sullo sciopero generale della Cgil convocato di venerdì, il 12 dicembre. Ma Meloni, Salvini e gli altri non capiscono – o fanno finta di non capire – qual è il senso di uno sciopero. Così come chi accusa la mobilitazione di “bloccare il Paese”: sì, il punto è proprio quello.
A cura di Luca Pons
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La Cgil ha proclamato uno sciopero generale per protestare contro la legge di bilancio 2026. Si terrà il 12 dicembre. Pochi minuti dopo l'annuncio sono partiti gli attacchi della destra, guidati direttamente dalla presidente del Consiglio Meloni: "In quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre?", ha scritto la premier, aggiungendo anche l'emoji che si sfrega il mento pensosa. È più unica che rara, un'emoji sul profilo Twitter di Meloni, solitamente piuttosto istituzionale: evidentemente ci teneva che la battuta facesse ridere.

Di solito quello meno istituzionale è il suo vicepremier, Matteo Salvini, che in questo caso ha rinunciato alle emoji ma ha comunque seguito la stessa linea comica ("E chissà come mai, proprio di venerdì"), per poi invitare il segretario della Cgil Landini a "rinunciare al weekend lungo e organizzare lo sciopero in un altro giorno della settimana".

Inutile dire che altri esponenti dei due partiti hanno seguito a ruota i leader, attaccando sullo stesso punto: scioperare di venerdì è ridicolo, perché significa che invece di scendere in piazza per le tue idee stai solo approfittando della protesta per farti una vacanza di tre giorni. Questa, però, è la convinzione di chi non capisce qual è il senso di uno sciopero. O, più probabilmente, fa finta di non capirlo.

Cos'è davvero uno sciopero

È lo stesso problema che c'è in tanta retorica della destra contro le mobilitazioni sindacali. Chi le accusa di "bloccare il Paese", chi rivendica oltre al diritto allo sciopero anche quello "di andare al lavoro" (un tormentone particolarmente amato dal ministro dei Trasporti Salvini). Un'incomprensione di fondo su cosa significhi scioperare.

E allora, che cos'è uno sciopero? È una mobilitazione con cui lavoratrici e lavoratori si astengono dal lavoro. Nel farlo subiscono un danno che, per molti, non è da poco: perdono la paga di una giornata intera. Perché lo fanno? L'obiettivo di chi sciopera non è la protesta in sé, ma il danno che questa crea.

Scioperando si danneggia qualcuno, principalmente sul piano economico. Un'azienda che smette di produrre, un negozio che smette di vendere, un ente che smette di funzionare. Facendo leva su quel danno, chi sciopera cerca di spingere la controparte – che sia il datore di lavoro, il governo o chiunque altro – a cambiare posizione. A venire incontro alle richieste degli scioperanti.

È uno strumento delicato, potente, che ha un costo alto sia per chi lo effettua (tagliandosi lo stipendio) sia per chi lo subisce. Sta ai sindacati gestirlo con attenzione, senza abusarne. Non sta al governo, invece, prendere in giro chi lo proclama.

Perché indignarsi per gli scioperi di venerdì non ha senso

Messa a fuoco questa definizione parecchio ampia, un punto diventa immediatamente chiaro. Lo sciopero funziona se tante persone aderiscono. Non è necessario che molti scendano in piazza. Certo, questo può servire a lanciare un messaggio, a ribadire che le rivendicazioni alla base dello sciopero sono sentite. Ma non è l'aspetto centrale. Per causare quei "danni" che sono l'obiettivo finale, moltissime persone devono scegliere di astenersi dal lavoro.

E allora è ovvio che i sindacati puntino a far partecipare più persone possibili. Ed è ovvio, di conseguenza, fissarli di venerdì. Perché chi quel giorno non va a lavorare, che decida di manifestare, o di restare a casa, oppure di partire per un famigerato weekend lungo, ha fatto la sua parte e ne ha pagato il prezzo, letteralmente.

Sembra paradossale, d'altra parte, spiegare a degli esponenti politici che scegliere la data giusta per una mobilitazione che punta su un'ampia partecipazione è importante. Atreju, il festival di Fratelli d'Italia, quest'anno durerà una settimana ma – guarda un po' – si aprirà di sabato e si concluderà di domenica. Il raduno annuale della Lega a Pontida non si è svolto di martedì mattina, ma di domenica. Eppure Meloni e Salvini non si sono mai chiesti come mai, chissà come mai, gli organizzatori abbiano scelto proprio quei giorni.

"Bloccare il Paese" è il punto di uno sciopero

Un'altra delle accuse più comuni, che si è già sentita anche nelle scorse ore e che tornerà più volte prima del 12 dicembre, è che gli scioperi "bloccano l'Italia" e causano "disagi ai cittadini". Non si contano gli esponenti politici di centrodestra che hanno usato queste parole con tono allarmistico. Lo ha fatto il ministro Salvini, a più riprese. Lo ha fatto la presidente Meloni, l'ultima volta prima del grande sciopero del 3 ottobre per la Global Sumud Flotilla. Lo hanno fatto anche diversi membri di Forza Italia, un partito che pure negli ultimi anni non si è intestato la lotta agli scioperi con la stessa foga degli altri due alleati di maggioranza.

Anche qui, però, basta tornare alla definizione di sciopero per capire che è un'accusa vuota. "Bloccare l'Italia" non è un effetto collaterale, o una drammatica conseguenza che i sindacati dovrebbero cercare di evitare per senso di responsabilità: è il punto stesso della mobilitazione. Di nuovo, che piaccia o meno, uno sciopero serve a causare danni, soprattutto economici. Accusarlo di bloccare il Paese è come accusare un concerto di fare musica ad alto volume.

E il "che piaccia o meno" è da intendersi in senso letterale: il diritto allo sciopero è tutelato dalla Costituzione italiana, all'articolo 40. Naturalmente questo non significa che non ci siano limiti. Ci sono leggi che ne stabiliscono i confini – la principale è la legge 146 del 1990, con le successive integrazioni – proprio per proteggere i cittadini dai "disagi" che sono ritenuti troppo gravi per la collettività. Al di là di questo, il diritto di scioperare non può essere represso.

Non è vero che sotto il governo Meloni ci sono più scioperi che in passato, anzi

C'è poi un altro aspetto su cui diversi esponenti del governo Meloni, Matteo Salvini su tutti, hanno insistito negli ultimi anni. A novembre del 2024, il ministro dei Trasporti andò in Aula a elencare numeri sugli scioperi: "In 25 mesi di governo 1.342 scioperi proclamati e 949 effettuati, 38 al mese, più di uno sciopero al giorno". Salvini disse anche che, per quanto riguardava i trasporti, non c'erano mai stati "così tanti scioperi contro un governo". Un dato che fu poi rapidamente smentito dalla Cgil.

L'accusa, tra le righe, era che i sindacati avessero aumentato il numero degli scioperi per attaccare il governo. In generale, l'idea che sigle sindacali come la Cgil abbiano un'ostilità ‘a priori' per il centrodestra, e che per questo indicano più manifestazioni rispetto al passato, è stata ripresa da più di un membro del governo.

Si tratta, però, anche dell'affermazione più semplice da smontare. In Italia esiste una Commissione di garanzia dello sciopero, che ha il compito di garantire che il diritto di scioperare sia esercitato in equilibrio con gli altri diritti costituzionali dei cittadini. Ogni anno, la commissione invia al Parlamento una relazione con i numeri degli scioperi. Basta scorrere l'elenco di queste relazioni, aprirle.

Nel 2024 ci sono stati 1.080 scioperi. Nel 2023 erano 1.129, lo stesso numero del 2022. Nel 2021, invece, solo 1.009 per gli effetti della pandemia. Addirittura "più di uno al giorno", come detto da Salvini. Ma facendo un confronto con gli anni precedenti, il risultato è chiaro.

Nel 2019, in totale 1.462 scioperi. Nel 2018 erano 1.389, nel 2017 ben 1.616, il numero più alto dell'ultimo decennio. In carica c'era il governo Gentiloni.

In sintesi: i numeri non danno ragione agli attacchi del governo contro gli scioperi; le accuse per le mobilitazioni di venerdì non hanno senso; e lo stesso vale per l'indignazione verso chi "blocca il Paese". Insomma, le accuse della destra arrivano da chi non ha capito niente di cos'è uno sciopero, o finge molto bene di non saperlo.

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A Fanpage scrivo dal 2022, mi occupo della politica nazionale e ogni tanto di quella estera, con un'attenzione particolare per temi di economia e lavoro. Mi piace lavorare con l'audio, l'ho fatto per qualche mese in una piccola radio. Radicalmente piemontese (nel bene e nel male), ho iniziato a scrivere nel quotidiano locale del mio paese. Mi sono laureato in Scienze politiche, ho frequentato il master di giornalismo a Torino e sono diventato giornalista professionista nel 2023.
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