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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Meloni chiama Netanyahu, ma Israele dice no al cessate il fuoco: intanto a Gaza si continua a morire

Mentre Israele prosegue l’invasione militare nella Striscia di Gaza, causando nuove vittime tra i civili, l’Italia sembra cercare un ruolo diplomatico: la premier Meloni sollecita un cessate il fuoco. Ma Netanyahu respinge le modifiche proposte da Hamas. La popolazione civile, intanto, è allo stremo.
A cura di Francesca Moriero
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A oltre un anno dall’inizio dell’invasione militare israeliana nella Striscia di Gaza, la crisi umanitaria ha superato ogni soglia di tollerabilità. Ospedali rasi al suolo o resi inaccessibili, interi quartieri cancellati dalle bombe, scuole e infrastrutture civili trasformate in macerie: la distruzione è sistematica, totale. Al blocco quasi assoluto degli aiuti umanitari si aggiunge la costante impossibilità, per oltre due milioni di persone, di trovare riparo o salvezza. Ormai, non si fatica più a chiamarla con il suo nome: una pulizia etnica in corso, davanti agli occhi della comunità internazionale. Le testimonianze raccolte da medici, operatori umanitari e civili parlano di fame, sete, mancanza di medicinali, operazioni senza anestesia, bambini ridotti allo scheletro. Il sistema sanitario è al collasso: chi riesce ad arrivare in ospedale trova reparti assolutamente precari, sovraffollati, strumenti rotti, farmaci inesistenti e personale esausto, costretto a scegliere chi curare e chi lasciare morire.

In questo scenario, il governo italiano prova a inserirsi nei canali della diplomazia: la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto nei giorni scorsi colloqui telefonici con alcuni interlocutori internazionali, tra cui l’ex presidente USA Donald Trump, l’Emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, per sollecitare una tregua immediata. Secondo quanto riferito da Palazzo Chigi, l’obiettivo sarebbe duplice: permettere l’ingresso senza ostacoli degli aiuti umanitari e favorire il rilascio degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. Ma l’iniziativa ha trovato un ostacolo insormontabile: Netanyahu, infatti, ancora una volta, ha respinto le condizioni proposte da Hamas per avviare il cessate il fuoco, definendole "inaccettabili". Nonostante Israele abbia accettato l’ultima proposta negoziata con il coinvolgimento di Qatar, Egitto e Stati Uniti, il premier israeliano ha dato ordine alla propria delegazione di partire per Doha mantenendo ferma la linea del rifiuto.

Raid israeliani: ancora civili sotto le bombe

Nelle stesse ore in cui la diplomazia si muove, sul terreno, intanto, i bombardamenti continuano. Secondo fonti mediche palestinesi e testimoni sul campo, almeno 19 persone sono state uccise sabato 5 luglio in una serie di raid israeliani nella Striscia; l'attacco più sanguinoso si è verificato ad Al-Mawasi, nei pressi di Khan Younis, dove le tende che ospitavano civili sfollati sono state colpite: sette i morti, oltre dieci i feriti, in quello che i sopravvissuti definiscono un vero e proprio massacro. L'ennesimo. In un altro raid, sempre nella zona di Khan Younis, un padre e suo figlio sono stati uccisi. L'agenzia palestinese Wafa parla di un bilancio destinato ad aggravarsi.

Neonati senza latte: "Sono pelle e ossa"

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Tra le emergenze più drammatiche, quella dei neonati. Nei pochi ospedali rimasti operativi, le scorte di latte artificiale sono praticamente esaurite. Il dottor Ahmad al-Farra, primario di pediatria all’ospedale Nasser di Khan Younis, ha denunciato che il latte per prematuri è già finito da giorni, e che il poco latte standard rimasto viene razionato tra i bambini ricoverati. "Non riesco nemmeno a descrivere quanto sia grave la situazione. È catastrofico, sono pelle e ossa. L’unica soluzione è che la guerra finisca", ha dichiarato al Guardian. I pochi aiuti passati tramite la cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation, promossa da Israele e Stati Uniti, non includono latte artificiale, aggravando una crisi che i medici definiscono senza precedenti.

Hamas apre ai negoziati, ma vuole garanzie

Hamas, da parte sua, si è detto disponibile ad avviare "immediatamente" negoziati per una tregua, accogliendo in linea di principio la proposta di cessate il fuoco elaborata da Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Il movimento però chiede alcune modifiche, considerate "minime ma fondamentali": tra queste, la garanzia che i combattimenti non riprendano allo scadere dei 60 giorni di tregua, ma che si prosegua con un dialogo politico che possa condurre a una soluzione duratura. Anche in questo caso, la risposta israeliana è stata netta: Netanyahu ha fatto sapere che nessun cambiamento sarà accettato.

Cambiamenti al vertice: lascia il portavoce di Netanyahu

In un contesto di forti tensioni politiche e militari anche interne, intanto, il portavoce del primo ministro israeliano, Omer Dostri, ha annunciato le sue dimissioni. Figura centrale della comunicazione durante l’invasione di Gaza e nei rapporti con la stampa internazionale, Dostri ha coordinato la narrativa del governo Netanyahu su più fronti: dalla gestione della guerra nella Striscia agli scontri con Hezbollah, fino alla comunicazione istituzionale del Mossad e dello Shin Bet.

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