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Mare Jonio, la Procura chiede di archiviare le indagini: “Salvare vite in mare non è reato”

La Procura di Agrigento ha chiesto l’archiviazione delle indagini sul caso Mare Jonio, la nave della Ong Mediterranea che a maggio 2019 salvò trenta migranti in mare. Si è “adempiuto al dovere di salvataggio di persone in pericolo di vita in mare”, la motivazione della richiesta in cui si aggiunge che sarebbe stato legittimo sbarcare a Lampedusa e non dirigersi verso le coste della Libia, come invece indicato dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
A cura di Giuseppe Pastore
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"Non può essere criminalizzata in sé lo svolgimento dell’attività di salvataggio di vite umane in mare". Lo si legge nella richiesta di archiviazione delle indagini a carico di Beppe Caccia e Massimiliano Napolitano che il 9 maggio del 2019 prestarono soccorso a 30 migranti con l'imbarcazione della Ong Meditarrena, Mare Jonio. I magistrati della Procura di Agrigento, Salvatore Vella e Cecilia Baravelli, hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari il completo proscioglimento da ogni accusa per il capitano Napolitano e per l'armatore Caccia che da due anni sono indagati per favoreggiamento aggravato dell'immigrazione clandestina. Nello specifico, nella richiesta di archiviazione della Procura si legge che la Mare Jonio avrebbe "adempiuto al dovere di salvataggio di persone in pericolo di vita in mare".

Mediterranea: nulla di penalmente rilevante nel soccorso in mare

L'Ong Mediterranea fa sapere che la richiesta della Procura si basa anche su altre valutazioni di "decisiva importanza". In primis, che sarebbe stato "giusto e corretto non comunicare e tantomeno sottoporsi al coordinamento delle autorità di Tripoli" e di conseguenza lecito sbarcare a Lampedusa e non in Libia come, invece, era stato richiesto dall'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini. In secondo luogo che, in merito alle contestate violazioni del Codice di Navigazione, "la Mare Jonio non era tenuta a dotarsi di alcuna certificazione SAR – riferiscono da Mediterranea – poiché non esiste nell’ordinamento italiano alcuna preventiva certificazione diretta alle imbarcazioni civili per lo svolgimento di tale attività”. Una considerazione a cui la Procura aggiunge che non è ammissibile l’idea di stabilire “un numero massimo di naufraghi imbarcabili” durante un’operazione di soccorso. "Si tratta di punti di straordinario rilievo", commentano da Mediterranea. "Ancora una volta – aggiungono – un’inchiesta sul nostro operato si avvia a conclusione, sancendo che non vi è stato nulla di antigiuridico o penalmente rilevante nelle nostre scelte".

Il caso Mare Jonio

Tornando a quel 9 maggio 2019, la Mare Jonio aveva soccorso in acque internazionali un gommone con il motore in avaria. A bordo c'erano trenta persone, tra cui minori non accompagnati e donne in gravidanza. "Poche ore e sarebbe sicuramente affondato", ricordano da Mediterranea. Portate in salvo sull'imbarcazione della Ong, questa aveva trasgredito all'indicazione del Ministero dell'interno di sbarcare in Libia, dirigendosi verso le coste di Lampedusa  dove ad attendere i soccorritori ci sarebbe stata la Guardia di Finanza che avrebbe sequestrato la nave. Le indagini sul comandante Massimiliano Napolitano e sull'armatore Beppe Caccia sono iniziate da quel momento e adesso, la richiesta della Procura di Agrigento potrebbe porre fine alla vicenda. "Salvare le vite umane non è un reato. Queste motivazioni mettono nero su bianco la piena legittimità dell'operato delle Ong nel mediterraneo centrale", il commento che arriva dal segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni.

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