Manovra, D’Aprile (Uil Scuola): “Taglio Irpef non tocca i docenti, media stipendi non arriva a 28mila euro annui”

Precariato in aumento, rinnovo del contratto nazionale del comparto Istruzione, le misure per la scuola nella manovra 2026, la Carta docente in ritardo. Sono alcune delle questioni affrontate dal segretario della Uil Scuola Rua Giuseppe D'Aprile, in un'intervista a Fanpage.it.
Segretario, partiamo dal problema del precariato nella scuola. Negli ultimi dieci anni il numero dei precari è continuato ad aumentare. Adesso siamo arrivati a quota 285mila. Il governo sta facendo abbastanza per invertire questa tendenza?
Un problema atavico della scuola italiana è proprio il precariato. Sono 300mila le persone che tutte le mattine si alzano e vanno a scuola a fare il proprio dovere, e vengono assunte nella migliore delle ipotesi il 1 settembre e licenziate il 31 agosto o anche il 30 giugno. Stiamo parlando di 285mila persone, tra insegnanti e personale ATA. Il precariato è triplicato dal 2015 ad oggi, è cresciuto del 125%, e tutti i governi che si sono succeduti evidentemente hanno adottato politiche fallimentari, a partire da un sistema di reclutamento farraginoso. Quel sistema va rivisto e rimodulato, affinché tutti i posti vacanti possano essere occupati da personale stabile, non solo per assicurare alle persone stabilità economica, ma anche per garantire agli alunni la continuità didattica.
Che soluzioni proponete al governo?
Noi abbiamo proposto la soluzione già al precedente governo e subito al ministro Valditara quando si è insediato. A fronte di 250mila precari, abbiamo fatto un calcolo semplice: cosa significa licenziare un precario il 30 giugno e riassumerlo il 1 settembre? Significa pagargli quella che una volta si chiamava disoccupazione e oggi si chiama Naspi, e cioè una retribuzione nei mesi di luglio e agosto. Ebbene, la differenza tra quanto un precario percepisce a luglio e agosto e la somma che servirebbe per stabilizzarlo, è di soli 712 euro. Stabilizzare oltre 200mila precari costerebbe allo Stato 180 milioni di euro. Se pensiamo che le finanziarie negli anni scorsi erano di 35 miliardi, quest'anno di 18, si potrebbero spendere 180 milioni di euro per rendere strutturale questo personale. Ne varrebbe la pena, per azzerare quella che è una piaga sociale dello Stato italiano, unica forse in tutta Europa.
Questa piaga del precariato tocca in particolare una categoria di docenti, quelli impiegati sul sostegno. Oggi ci sono 121.026 insegnanti precari di sostegno. Il punto è che ci sono molte differenze regionali. Come si affronta questo problema?
È un problema che riguarda i docenti di sostegno e a cascata interessa gli alunni con disabilità. La distribuzione delle specializzazioni che vengono assegnate dal Ministero alle varie università, non tiene conto delle esigenze territoriali. Le faccio un esempio: se diamo migliaia di posti di specializzazione alle università siciliane, in una Regione in cui ci sono pochi posti vacanti, e diamo al contrario alla Lombardia pochi posti per specializzare, mentre ci sono migliaia di posti vacanti, c'è qualcosa che non va. E poi c'è un secondo problema.
Quale?
In Italia bisognerebbe riaprire il numero chiuso delle università che specializzano sul sostegno, perché purtroppo il numero degli alunni con disabilità in Italia aumenta e il numero degli specializzati diminuisce. Cosa succede? Spesso, soprattutto nelle regioni del Nord, vengono assunte persone che non sono specializzate. E coloro che non riescono a specializzarsi in Italia, perché trovano il numero chiuso delle università, sono costretti ad andare all'estero a prendere il titolo di specializzazione, finendo nella morsa della speculazione. Se in Italia un titolo costa 3mila euro, all'estero arriva a costare anche 10mila euro. Bisogna essere molto cauti su questo argomento, perché i processi di integrazione rappresentano ancora un fiore all'occhiello. Nel 1977 in Italia sono state abolite le classi differenziali, quando ancora oggi in tanti Stati del mondo le classi differenziali, cioè i ragazzi con disabilità separati dai loro compagni, sono ancora presenti.
Nell'attuale legge di Bilancio sulla scuola c'è molto poco. Continuerete a chiedere lo stanziamento di risorse aggiuntive nell'iter parlamentare della legge? Siete soddisfatti?
Sulla manovra siamo parzialmente soddisfatti. C'è un cambio di passo relativamente alla parte che riguarda le relazioni sindacali. Siamo stati ascoltati per la finanziaria, alcune misure sono state prese in considerazione. Sulla scuola però c'è ben poco. Nello specifico, obbligare i dirigenti scolastici ad assegnare al personale interno, e non più ai supplenti esterni, le supplenze fino a dieci giorni, è una misura che dovrebbe apparire come innovativa. Secondo me al contrario cela quella logica che purtroppo attanaglia la scuola, e cioè la logica del risparmio. Non c'è molto altro nella legge finanziaria, se non qualche misura sulla fiscalità. Il taglio dell'aliquota Irpef di 2 punti percentuali per i redditi oltre 28mila riguarda solo parzialmente la scuola, perché gli stipendi del settore sono così irrisori che la media spesso non supera quella soglia. Noi chiaramente abbiamo separato la legge finanziaria dalla firma del rinnovo contrattuale della settimana scorsa, perché sono due cose diverse che camminano in modo parallelo.
Perché in questo caso avete firmato il rinnovo contrattuale?
Nel 2022 noi avevamo firmato l'accordo economico, insieme a tutte le altre sigle sindacali. Avevamo lasciato aperta la parte normativa, che poi non abbiamo sottoscritto, e la conseguenza è stata che siamo stati esclusi da tutti i tavoli delle trattative. Però l'iter è lo stesso. Nel 2022 abbiamo firmato la parte economica perché c'era un rinnovo al 4,2%, con un'inflazione altissima. Certo, l'inflazione è rimasta uguale, però questa volta abbiamo rinnovato un contratto al 6%. Perché l'abbiamo firmato? Perché erano soldi già stanziati e che erano lì da dieci mesi, quindi secondo il nostro punto di vista chiedere in questa finanziaria di aggiungere soldi per un triennio già scaduto non era fattibile. Abbiamo chiesto però al governo di aprire subito il contratto 2025-2027, affinché i soldi già stanziati del 2025-2027 vengano elargiti a monte del prossimo contratto e non a valle.
Vi aspettate degli emendamenti in legge di bilancio per ampliare le risorse a disposizione per il nuovo contratto?
Assolutamente sì, ci aspettiamo sicuramente che le misure della scuola vengano ampliate in questa manovra finanziaria. Noi discuteremo con la nostra Confederazione sul da farsi. Sicuramente non staremo con le mani in mano, ma anche come Uil Scuola abbiamo pensato di manifestare e fare sit-in, forse anche insieme alla Confederazione, perché secondo noi la scuola non dovrebbe avere vincoli di bilancio. Un cambio di rotta in questo senso è necessario da parte di tutti, destra e sinistra.
A proposito di risorse mancanti, in questo momento la Carta docente, che serve per la formazione continua degli insegnanti, è ancora bloccata, e si presume che possa essere sbloccata non prima di febbraio. Sarà possibile far arrivare queste risorse agli insegnanti prima di allora?
Intanto la Carta docente è chiamata così impropriamente. Noi abbiamo già proposto di cambiare il nome e trasformarlo in ‘Carta della formazione', perché riguarda anche un altro pezzo della scuola italiana che si chiama personale ATA. E penso agli assistenti amministrativi che devono interagire anche con l'INPS, con delle piattaforme molto delicate, e che quindi avrebbero bisogno di formarsi al pari dei docenti. Una nostra rivendicazione è stata quella di allargare la platea, includendo anche chi ha il contratto al 30 giugno e gli educatori. Da qui sono scaturite lungaggini burocratiche, perché il sistema è farraginoso. Arriverà in ritardo, probabilmente a febbraio, perché il Ministero oggi non ha contezza del numero di supplenti al 30 giugno che vengono nominati. Ancora oggi in Campania e nel Lazio si continuano ad assumere supplenti e quindi è difficile per il Ministero individuare la platea in tempi brevi, così da elargire subito i 500 euro della Carta dei docenti. Il disservizio è una conseguenza di una macchina burocratica lenta, è un cane che si morde la coda. Tanti precari, nessuna stabilizzazione, e tanti docenti che arrivano ad essere nominati anche a Natale. Se stabilizzassimo da subito tutti i precari, questo problema non ci sarebbe, perché avremmo contezza del numero di docenti a scuola già dai primi di settembre, e non non ci sarebbe alcun bisogno di aspettare gennaio.