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L’Università di Pisa sospende i rapporti con due atenei israeliani: “No a chi sostiene la guerra a Gaza”

Con una decisione senza precedenti, l’Università di Pisa ha annunciato la sospensione dei rapporti accademici con due università israeliane, accusate di legami con l’esercito e di sostegno alle politiche del governo Netanyahu. Il rettore Zucchi condanna apertamente le azioni a Gaza e assicura: “Difendiamo la pace, non escluderemo gli studenti israeliani”.
A cura di Francesca Moriero
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Quando il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi, ha annunciato la sospensione dei rapporti con due università israeliane, ha tracciato una linea netta tra ciò che un'istituzione accademica può tollerare in nome della cooperazione internazionale e ciò che, al contrario, mina alla base i suoi valori fondanti. È una scelta che arriva dopo mesi di mobilitazioni studentesche, pressioni dal basso, discussioni accese nei corridoi e nelle aule dell’ateneo, e che affonda le radici in una domanda profonda: quale deve essere oggi il ruolo dell’università di fronte alle guerre, alle occupazioni, alla sistematica violazione dei diritti umani?

A essere interrotte saranno le collaborazioni con la Reichman University, unico ateneo privato di Israele, e con l’Hebrew University di Gerusalemme. Entrambe, ha spiegato Zucchi, "mantengono legami strutturali con l’esercito israeliano" e hanno apertamente sostenuto l’azione militare del governo Netanyahu, a cui il rettore non ha esitato ad attribuire responsabilità dirette: "Quanto sta accadendo a Gaza è disumano". Un’affermazione che non lascia spazio all’ambiguità, e che trasforma una scelta amministrativa in un atto politico.

La mozione: pace come principio statutario

Il pronunciamento del rettore fa seguito a una mozione approvata lo scorso 11 luglio dal Senato accademico, la prima espressione concreta dei principi sanciti nel nuovo Statuto dell’Università, che pone tra i suoi valori fondativi un impegno esplicito alla pace e alla giustizia. Un documento denso, che condanna apertamente l’uso della violenza come strumento di politica internazionale e che esorta la comunità universitaria a non contribuire – nemmeno indirettamente – allo sviluppo o al perfezionamento di tecnologie belliche. "Quando la vita umana è calpestata, viene negato il senso stesso dell’università", si legge nel testo, che descrive senza mezzi termini la situazione nella Striscia di Gaza come una pulizia etnica in corso, condotta attraverso l’imposizione della fame, della precarietà sanitaria e della distruzione delle infrastrutture civili. È in base a questa valutazione che il Senato accademico ha raccomandato al Consiglio di Amministrazione di chiudere gli accordi quadro con le università Reichman e Hebrew, e di sottoporre ogni altra eventuale collaborazione con enti israeliani a una rigorosa verifica etica.

Nessuna ostilità verso gli studenti israeliani

Nel suo intervento, il rettore Zucchi ha tenuto a chiarire che la decisione dell’ateneo non mira in alcun modo a colpire gli studenti di cittadinanza israeliana, né tantomeno a discriminare chi proviene da quel contesto: "Non li riteniamo responsabili delle scelte del loro governo", ha detto, promettendo un impegno costante per garantire un ambiente sicuro, inclusivo e libero da ostilità; un’attenzione che si estende anche ai docenti e ricercatori israeliani che, come ha sottolineato lo stesso Senato accademico, si oppongono con coraggio alla guerra e alle scelte del proprio esecutivo.

Una comunità che prende posizione

La mozione approvata contiene anche un’esplicita richiesta al governo italiano: cioè riconoscere ufficialmente lo Stato di Palestina e revocare il memorandum militare siglato nel 2023 con Israele. Il documento esprime inoltre solidarietà a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati e alumna dell’Università di Pisa, recentemente colpita da sanzioni personali da parte degli Stati Uniti per le sue indagini sulle violazioni commesse da Israele. In risposta a preoccupazioni espresse da alcuni gruppi studenteschi, come Cambiare Rotta, il senato accademico ha infine riaffermato il valore irrinunciabile della libertà di espressione e del dissenso all’interno dell’università: uno spazio in cui le idee possano confrontarsi senza condizionamenti esterni e senza subalternità al potere politico.

Quella dell’Università di Pisa è una decisione che non potrà passare inosservata nel panorama accademico italiano ed europeo. In un tempo in cui la guerra e la violazione dei diritti umani non sono più eventi lontani, ma realtà che attraversano le nostre istituzioni attraverso la ricerca, i finanziamenti, le partnership internazionali, le università sono chiamate a interrogarsi sulle proprie responsabilità etiche.

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