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L’Ue vuole obbligare le aziende a scrivere lo stipendio negli annunci di lavoro: la nuova direttiva

Stop agli annunci e i colloqui di lavoro “al buio”, senza informazioni sulla retribuzione: la nuova direttiva approvata dal Parlamento europeo obbligherebbe i datori di lavoro a comunicare subito, già negli annunci, lo stipendio, senza che lo debba chiedere il candidato. Manca il via libera del Consiglio europeo.
A cura di Luca Pons
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La novità arriva con una proposta della Commissione europea per una nuova direttiva sulla trasparenza salariale, che intervenga sul mondo dei colloqui e degli annunci di lavoro. La settimana scorsa la norma ha avuto il via libera dal Parlamento europeo: ora manca solo l'approvazione del Consiglio europeo, che raccoglie i capi di Stato e di governo dei Paesi membri dell'Ue.

La direttiva contiene diversi provvedimenti, concentrati soprattutto sulla parità di retribuzione tra uomini e donne. Tra i punti che suscitano più interesse immediato, però, c'è anche la sezione sulla trasparenza retributiva, e in particolare l'articolo 5. Questo prevede l'obbligo per le aziende, sia pubbliche che private, di "indicare il livello retributivo iniziale o la relativa fascia (sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere) da corrispondere al futuro lavoratore per una specifica posizione o mansione".

Ovvero, basta colloqui al buio in cui si viene a sapere tutto dell'occupazione, tranne quanto paga. I datori di lavoro dovranno comunicare subito lo stipendio, o perlomeno la fascia di retribuzione. Se possibile, l'informazione dovrà essere inserita direttamente negli annunci per la ricerca di personale. E, il testo lo specifica, lo stipendio dovrà essere comunicato "senza che il candidato deva richiederlo".

Gli altri obblighi delle aziende nella nuova direttiva europea

Non solo, ma le aziende avranno anche l'obbligo di rendere facilmente accessibili ai lavoratori i criteri che vengono utilizzati per stabilire la loro paga, oltre ai vari livelli retributivi presenti in azienda. La trasparenza si applicherà anche, per le aziende con 50 o più dipendenti, alla cosiddetta "progressione economica", cioè la possibilità di ricevere aumenti di stipendio nel tempo.

Infine, i datori di lavoro dovranno anche dare ai propri dipendenti le informazioni sul divario retributivo di genere all'interno dell'azienda e valutare di prendere misure correttive se questo sarà troppo alto. In questo caso l'operazione di trasparenza è più a lungo termine: le aziende con più di 150 dipendenti avranno quattro anni dall'entrata in vigore della direttiva per stendere il loro primo rapporto sulla differenza di stipendio tra uomini e donne, quelle tra 100 e 150 dipendenti avranno otto anni e le aziende al di sotto dei 100 lavoratori non dovranno farlo, se non su base volontaria.

Chi ha votato contro la trasparenza salariale

La proposta era partita dalla Commissione nel marzo 2021, ma solo a inizio aprile 2023, dopo più di due anni di trattative e attese, il Parlamento europeo ha votato e dato così il suo via libera. Nella minoranza che si è opposta c'erano anche sei italiani: Massimiliano Salini e Alessandra Mussolini (Forza Italia), oltre a Carlo Fidanza, Pietro Fiocchi, Chiara Maria Gemma e Denis Nesci (Fratelli d’Italia).

Come detto, adesso manca solamente il consensi dei capi di Stato, che comunque sono già stati coinvolti nelle trattative negli scorsi mesi. Va ricordato che si parla di una direttiva europea, non di un regolamento: questo significa che, anche dopo l'approvazione del Consiglio europeo, le nuove regole non entreranno direttamente in vigore. La direttiva darà delle indicazioni generali, e gli Stati avranno tre anni di tempo per adeguarsi con le necessarie leggi e disposizioni amministrative.

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