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L’Odissea dei contratti di filiera, tra ricorsi e ritardi. E Lollobrigida dà 40 milioni all’ente roccaforte di Fdi

Al ministero dell’Agricoltura si trascina da ormai tre anni la questione dei contratti di filiera. Dopo che il quinto bando per assegnare le risorse è stato sommerso dai ricorsi, il ministero ha ottenuto altri 2 miliardi del Pnrr, per finanziare i programmi di sviluppo del mondo agroalimentare. Ma tra sentenze dei tribunali e ritardi, il percorso rimane ricco di ostacoli. Per superarli, Lollobrigida paga peso d’oro l’assistenza di Isema, l’ente vigilato dal Masaf, diventato una roccaforte di Fratelli d’Italia.
A cura di Marco Billeci
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Il 16 aprile scorso, nel pieno della crisi dei dazi e subito prima di volare negli Usa dove avrebbe incontrato Donald Trump, la premier Meloni trova il tempo di apparire in video sul maxi schermo del Centro Fiere di Montichiari, in provincia di Brescia. Lì si sta tenendo l'assemblea per celebrare i 70 anni di vita del Consorzio di Tutela del Grana Padano. "Uno dei prodotti simbolo del nostro Made in Italy" lo definisce Meloni, rivendicando che "il Governo ha scelto di difendere questo settore con stanziamenti e investimenti record, come mai si erano visti prima".

Cosa sono i contratti di filiera

Pochi giorni prima che si tenesse la kermesse, però, i rappresentanti Consorzio di Tutela del Grana Padano e quelli del Governo si erano trovati faccia a faccia anche altrove. Stavolta senza celebrazioni, encomi e telecamere, ma sui fronti opposti di un'aula di tribunale, tra avvocati e carte bollate. Il 2 aprile infatti si era discusso davanti il Tar del Lazio un ricorso promosso dal Consorzio contro il ministero dell'Agricoltura. È solo uno delle decine di ricorsi di realtà del mondo agroalimentare contro il dicastero guidato da Francesco Lollobrigida, su una questione che ormai da tre anni si attorciglia tra le stanze del ministero e quelle giudiziarie, quella che riguarda i contratti di filiera.

Istituiti da una legge del 2003, i contratti di filiera sono accordi siglati dal ministero dell'Agricoltura con  gruppi di soggetti aggregati tra loro per realizzare investimenti che riguardano appunto particolari filiere agroalimentari: dal vino al miele, dalle verdure bio alla carne etc… Per attuare i progetti, lo Stato mette a disposizione diverse forme di agevolazione economica – contributi diretti, finanziamenti, garanzie bancarie – che vengono assegnate con dei bandi, distribuendo le risorse a chi presenta la domanda, sulla base di punteggi e graduatorie di valutazione delle proposte.

Il Quinto bando e il bingo di Coldiretti

Ad aprile del 2022, in epoca Draghi, il governo lancia il Quinto Bando per i contratti di filiera, impiegando 650 milioni di euro del Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari, un fondo parallelo al Pnrr, con simile modalità di funzionamento, ma finanziato da risorse nazionali. Poi al ministero dell'Agricoltura si insedia il Fratello d'Italia Francesco Lollobrigida e dopo una serie di proroghe, il 30 giugno 2023 viene emanata la graduatoria provvisoria per l'assegnazione delle risorse.

Qua arriva la prima "sorpresa". Dei 39 progetti ammessi ai finanziamenti, sette hanno come referente la stessa persona, Raffaele Grandolfini, all'epoca responsabile dell'area finanza di Coldiretti. Altri quattro afferiscono a David Granieri, direttore per il Lazio della potentissima associazione degli imprenditori agricoli. Insomma, almeno 11 dei 39 vincitori del bando hanno un collegamento con Coldiretti, associazione che può vantare un rapporto di ferro con Lollobrigida, fin dal suo arrivo al ministero.

I problemi tuttavia arrivano soprattutto dagli altri circa 270 soggetti proponenti, che sono esclusi dal finanziamento. Una gran parte di questi infatti solleva forti dubbi sul modo con cui la Commissione ministeriale chiamata a valutare i progetti ha assegnato i punteggi per formare la graduatoria. Gli uffici di Lollobrigida però tirano dritti e senza dare risposte alle richieste di chiarimento. Il 15 novembre 2023 si procede all'approvazione definitiva della "classifica".

I ricorsi al Tar: "Progetti da decine di pagine esaminati in pochi minuti"

A questo punto, nei mesi successivi, almeno una sessantina di imprese, consorzi, e organizzazioni agricole rimasti fuori dall'assegnazione dei fondi decidono di rivolgersi al Tar del Lazio, per far valere le proprie ragioni. Tra i ricorrenti ci sono gruppi locali, piccoli produttori, ma anche grandi realtà del settore come appunto il Consorzio Tutela del Grana Padano, quello del Prosecco. E aziende come Granarolo e Barilla.

La lista degli errori rilevati nel lavoro della commissione è lunghissima: somme aritmetiche dei punti palesemente sbagliate; elementi di valorizzazione dei programmi previsti dal bando  – come quelli relativi alle aziende bio – e poi invece trascurati al momento di esaminare i progetti;  discrezionalità completa nella decisiva valutazione dei parametri più soggettivi, dall'impatto sul mercato allo sviluppo della filiera, con i relativi punteggi assegnati senza dare alcuna motivazione.

Nei ricorsi si sollevano anche dubbi sul metodo di lavoro degli esperti del ministero: leggendo i verbali, infatti, gli avvocati calcolano che la Commissione avrebbe dedicato alla valutazione di ciascun programma un tempo compreso tra i tre e gli otto minuti, pur ipotizzando che le sedute si siano svolte senza alcuna interruzione, nemmeno per una pausa caffè. Un tempo bassissimo, in cui è improbabile che i commissari abbiano potuto leggere tutte le decine di pagine di documentazione di ogni progetto. Ammesso di non esserseli divisi tra loro, cosa che però avrebbe violato l'obbligo di uno scrutinio collegiale.

I nuovi fondi del Pnrr

Insomma, la valanga di ricorsi rischia di travolgere tutta l'impalcatura messa su dal ministero, ma a fine 2023 arriva il colpo di scena. Nell'ambito della revisione del Pnrr, il governo decide di assegnare altri 2 miliardi di euro per i contratti di filiera, stavolta presi direttamente dai fondi europei. Al termine di una lunga negoziazione  un anno dopo, a ottobre 2024, la Commissione Ue autorizza l'Italia a distribuire queste risorse scorrendo la graduatoria dei soggetti, rimasti esclusi dai finanziamenti del V bando.

Il ministro Lollobrigida esulta, ma non dice che la mossa serve anche a rimediare al pasticcio generato dal caos sui punteggi assegnati in precedenza dal suo ministero. Pasticcio che però non è per niente risolto. Intanto perché molti soggetti che avevano fatto richiesta di fondi – dopo essere rimasti per anni in mezzo al guado – hanno dovuto rinunciare ai loro investimenti o cercare i soldi altrove. Poi perché i soldi del Pnrr sono condizionati al rispetto di stretti vincoli ambientali, a cui vanno sottoposti tutti i programmi presentati nel 2022, con un adeguamento che in diversi casi risulta complicato se non impossibile.

Il ruolo di Ismea

Nei corridoi del ministero poi viene sollevata più di una perplessità sulla scelta di affidare tutta l'istruttoria per il riesame dei progetti e la concessione dei nuovi stanziamenti a Ismea. L'istituto per i Servizi per il Mercato Agricolo è un ente pubblico controllato dal Masaf a cui Lollobrigida e i vertici di via XX settembre nel tempo hanno affidato sempre più potere e risorse, come Fanpage.it ha già raccontato in passato.  Ismea è diventata ormai una roccaforte della destra di governo: il presidente è Livio Proietti, già segretario romano del Msi e deputato di Alleanza Nazionale. Direttore generale è Sergio Marchi, che prima di assumere l'incarico aveva svolto il ruolo di capo della segreteria tecnica di Lollobrigida e in un recente passatoe era stato stretto collaboratore di un altro ministro di Fratelli d'Italia, Adolfo Urso.

Come detto, il ministero decide di esternalizzare a Ismea tutta la pratica relativa al assegnazione dei fondi del Pnrr per i contratti di filiera, forse per evitare di incorrere in nuovi errori e ritardi. Anche se fonti interne al Masaf sostengono che l'istituto non avesse al suo interno la capacità per portare a termine questo compito e abbia dovuto cercare in fretta e furia dall'esterno le professionalità necessarie. Forse anche per questo motivo, il dicastero di Lollobrigida ha deciso di concedere a Ismea 40 milioni di euro, sottratti dai fondi europei, per svolgere le attività previste.

Si tratta – sostengono le stesse fonti interne al Masaf – di una cifra monstre, incomparabilmente più alta rispetto a quelle stanziate in passato per eseguire tutte le pratiche relative ai precedenti bandi dei contratti di filiera, usando le strutture interne al ministero. Tanto più che in questo caso non si tratta di fare una nuova gara, ma di scorrere una graduatoria già esistente, anche se certo c'è da riesaminare tutte le proposte definitive, alla luce del contesto mutato nel tempo e dei nuovi vincoli.

Le scadenze europee e le pronunce del Tar

D'altra parte, il governo non può andare troppo per il sottile, perché le scadenze del Pnrr incombono. Entro il 30 giugno di quest'anno c'è da sottoscrivere contratti per almeno il 50 percento dei 2 miliardi stanziati, anche se fonti a conoscenza del dossier dubitano che entro quella data si potrà arrivare alla stipula degli accordi definitivi e ipotizzano che si cercherà un escamotage, con delle soluzioni intermedie per "accontentare" l'Europa. A fine giugno del 2026 poi scatterà il gong finale e tutti le intese con i beneficiari finali dei fondi dovranno essere firmate.

Nel frattempo però stanno arrivando i primi pronunciamenti del Tar sui ricorsi relativi alla graduatoria dell'ormai lontano 2023. E in oltre dieci casi i giudici hanno già in parte accolto le contestazioni contro il ministero. Altre decisioni simili sono attese nelle prossime settimane. È vero che il tribunale ha stabilito "in via eccezionale" come non si possa ripetere il bando, perché sarebbe impossibile a quel punto rientrare nei termini fissati dall'Europa e l'Italia finirebbe per perdere i fondi.

Ma i ricorrenti hanno comunque interesse alla rivalutazione della propria posizione, anche in vista della nuova erogazioni dei 2 miliardi del Pnrr. Per questo motivo, il Tar ha imposto al Masaf di riunire nuovamente la commissione esaminatrice per riesaminare i progetti interessati. La commissione dovrà dunque considerare se modificare i punteggi, riconoscendo i propri presunti errori. Oppure confermare le decisioni, stavolta però spiegando le scelte nel dettaglio, come non ha fatto in precedenza.

A questo punto la palla passerà di nuovo al tribunale amministrativo, che deciderà se accogliere le conclusioni degli esperti del ministero o respingerle. E se nel frattempo la procedura di assegnazione dei fondi dovesse essersi conclusa, il ministero potrebbe sempre essere costretto a risarcire i danni. Insomma, nei prossimi mesi la graduatoria potrebbe cambiare ancora, anche dopo la stipula dei primi contratti con i fondi del Pnrr. E poi la vicenda potrebbe avere un'ulteriore coda legale.

Gli uffici di Lollobrigida sono convinti che fra rinunce ed esclusioni, alla fine ci saranno i soldi per accontentare tutti. Vedremo se le cose andranno così, ma anche in quel caso quella del V bando di contratti di filiera rimarrà una storia di ritardi, errori, garbugli burocratici. Esattamente tutti questi gli ostacoli che il Recovery Plan puntava a superare.

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