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Leva militare obbligatoria: il 47% degli italiani si dice favorevole

Secondo un sondaggio L’Aria che Tira su La7, l’Italia si trova divisa a metà sulla reintroduzione della leva obbligatoria: il 47% è favorevole, il 53% contrario. Chi sostiene la misura punta a “educazione e disciplina”, mentre chi si oppone privilegia “istruzione, formazione e professionalità dei militari”.
A cura di Francesca Moriero
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Il dibattito sulla leva militare obbligatoria, abolita in Italia nel 2004, è tornato a occupare un ruolo centrale nella scena politica e nell’opinione pubblica. Una proposta che divide gli italiani quasi a metà: secondo un sondaggio di Izi, presentato a L'Aria che Tira su La7, il 47% degli intervistati si dichiara favorevole, mentre il 53% si oppone.

A plasmare le opinioni non è solo il ricordo del passato, ma soprattutto la realtà attuale: un contesto internazionale sempre più instabile, segnato da conflitti e tensioni, che influisce profondamente sulle percezioni dei cittadini. Il 32,6% degli intervistati ammette che questa situazione ha condizionato "abbastanza" la propria risposta, il 30,9% "poco" e l'11,8% "molto".

Obbligo o volontarietà?

Tra coloro che sostengono la reintroduzione della leva militare, la posizione predominante è chiara: la maggioranza ritiene che il servizio debba riguardare tutti i maggiorenni al compimento dei 18 anni, senza possibilità di scelta. Altri, pur favorevoli all'idea, suggeriscono invece formule più ridotte: una quota propone un periodo di leva limitato a 12 mesi, sufficiente per acquisire disciplina e senso civico senza incidere eccessivamente sulla vita dei giovani. C'è poi chi difende l'opzione esclusivamente volontaria, convinto che l’adesione debba restare una scelta consapevole e personale; infine, una parte significativa immagina una via di mezzo: dare la possibilità di optare tra servizio militare o civile, combinando l'obbligo con il rispetto delle inclinazioni individuali, in un tentativo di conciliare esigenze di sicurezza nazionale e libertà dei cittadini.

Perché sì e perché no

Chi sostiene la proposta cita principalmente motivazioni "educative": il 57% ritiene che la leva possa insegnare "disciplina, rispetto e senso civico ai giovani". Chi invece si oppone sottolinea altre priorità: il 35% preferirebbe investire in istruzione e formazione, mentre il 30% sostiene che le attività militari debbano restare affidate a professionisti consapevoli dei rischi.

Il contesto politico

La proposta, lontana dall’essere nuova, è da tempo un cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini, ma anche il ministro della Difesa Guido Crosetto (Fdi) è tornato a parlarne da poco, seppur con una visione diversa rispetto a quella del Carroccio. Il ministro, infatti, non parla di obbligo diretto, quanto piuttosto di una "riflessione più ampia sulla difesa nazionale": ha annunciato l'intenzione di portare in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento una bozza di disegno di legge che definisca regole, organizzazione e strumenti per garantire la sicurezza del Paese nei prossimi anni: "Se la visione del futuro prevede una minore sicurezza, bisogna riflettere sul numero delle forze armate e sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di crisi", ha spiegato il ministro, richiamandosi anche ai recenti progetti militari di Francia e Germania.  Crosetto ha sottolineato anche come i modelli costruiti in passato, negli ultimi 10-15 anni, per ridurre il numero dei militari, siano oggi messi in discussione: "Tutte le nazioni europee stanno pensando di aumentare le forze armate", ha detto, "alcuni hanno persino reintrodotto la leva. Anche noi dovremmo aprire una riflessione che possa archiviare le scelte di riduzione e guardare a un possibile aumento delle capacità militari". L'obiettivo di Crosetto non sarebbe quello di portare un decreto legge immediato, ma una "traccia condivisa che arrivi in Parlamento, aperta al dibattito e all'integrazione": uno strumento pensato per costruire la difesa del futuro, in un'Italia dove la sicurezza nazionale torna a essere al centro delle preoccupazioni.

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