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L’aumento delle temperature ha un impatto negativo sulla crescita economica, dice Bankitalia

Un nuovo studio di Bankitalia che studia la correlazione tra il riscaldamento globale e l’attività economica afferma stima quale sarà l’impatto dall’aumento delle temperature sulla crescita del Pil. Ecco che cosa è emerso.
A cura di Annalisa Girardi
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Il riscaldamento globale ha effetti negativi sull'economia italiana. A dirlo è Bankitalia, in un nuovo studio che evidenza il collegamento tra la dinamica delle temperature e l'attività economica, facendo delle stime sull'impatto che queste avranno in futuro. Le prospettive non sono affatto tra le migliori: se nel 2100 le temperature saranno più alte di 1,5 gradi, rispetto a oggi, la crescita del Pil sarebbe inferiore.

La Banca d'Italia precisa che in uno "scenario corrispondente a un quadro di future emissioni di gas serra ‘intermedio'", la crescita economica sarebbe frenata tra il 2,8% e il 9,5%. Nello studio si legge: "L’incremento delle temperature può avere effetti negativi diretti sulla produzione nazionale attraverso un'ampia gamma di canali come la contrazione del prodotto agricolo, la riduzione della produttività dei lavoratori e la flessione degli investimenti in settori più esposti alle conseguenze del riscaldamento globale".

Il punto evidenziato è chiaro: in un clima che si riscalda, le temperature torride potrebbero comportare "investimenti ridotti, produttività del lavoro depressa, peggioramento della salute e produzione agricola e industriale ridotta". L'impatto più forte, secondo lo studio, si registrerà sul settore dell'agricoltura, ma gli effetti negativi si registreranno anche nell'industria e nei servizi.

Le conseguenze negative di tali cambiamenti possono in prima approssimazione essere distinte in danni di mercato (market damages) e danni non di mercato (non-market damages). I primi riguardano gli effetti economici a livello aggregato e settoriale (non solo nel settore agricolo su cui più direttamente incidono le variazioni climatiche, ma anche su altre attività nella manifattura e nei servizi) di cui può essere tentata una misurazione. I danni non-market, di più difficile quantificazione ma non meno preoccupanti, riguardano invece le perdite di benessere derivanti da un clima meno ospitale e più variabile che determina un degrado degli ecosistemi, una minore biodiversità.

Lo studio non ha solo esaminato l'aumento delle temperature medie, ma anche volto lo sguardo al passato per calcolare l'impatto della persistenza di quelle elevate. E ha rilevato come "l'incremento nella frequenza di temperature giornaliere superiori a 28 C abbia influito negativamente sull'attività economica, in particolare negli ultimi 20 anni del Novecento quando tale frequenza si è acuita significativamente".

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