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La Uil boccia il governo, Bombardieri: “Sul caldo nessuna attenzione per la salute dei lavoratori”

Dall’incontro tra governo e parti sociali sull’emergenza caldo “non sono arrivati risultati”, dice Pierpaolo Bombardieri in un’intervista a Fanpage.it. Bocciata la richiesta dei sindacati di fermare il lavoro sopra i 32 gradi in alcuni settori: “Due presidenti di Regione hanno deciso autonomamente di procedere in questo senso – continua il segretario generale della Uil – Do per scontato che abbiano valutato che lavorare a quelle temperature metta a rischio la vita umana. Mi sarei aspettato lo stesso dal ministro e dal governo, ma non c’è attenzione”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Nessuna risposta, nessuna decisione. Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, non ci gira tanto intorno: non c'è attenzione da parte del governo sull'emergenza caldo, con temperature altissime raggiunte in tutta Italia e un rischio enorme per la salute dei lavoratori. Il sindacalista, intervistato da Fanpage.it, prende anche tempo su un eventuale sciopero generale e bolla il dibattito sul salario minimo come propagandistico e lontano dalla realtà.

Segretario, l'incontro con il governo sull'emergenza caldo è andato male?

Non sono arrivati risultati importanti. Continuiamo a chiedere di fermare il lavoro, soprattutto nei settori esposti a temperature elevate. Il governo non ha risposto né preso impegni. Hanno solo annunciato la possibilità di non conteggiare la cassa integrazione per gli edili e di dividerla a ore nell'agricoltura. Ma vengono lasciati fuori i lavoratori a tempo determinato e gli stagionali. Sul resto del protocollo la discussione si è allargata troppo, perché le associazioni datoriali vogliono parlare di come si affronta la transizione climatica. Il risultato è che sull'emergenza temperature altissime per i lavoratori esposti – edilizia, agricoltura, trasporti – non c'è assolutamente nulla.

Perché il governo ha deciso di non venirvi incontro sulla richiesta di fermare il lavoro quando si oltrepassa una certa temperatura?

Non lo sappiamo. Dico solo che due presidenti di Regione, Puglia e Calabria, hanno già deciso autonomamente di procedere in questo senso. Appartengono, tra l'altro, a schieramenti politici opposti. Do per scontato che abbiano valutato che, in quei territori e in quei settori, lavorare a quelle temperature metta a rischio la vita umana. Mi sarei aspettato, dal ministro e dal governo, un'attenzione analoga. Non c'è attenzione, non ci sono fondi, non ci sono decisioni coraggiose.

Ma vi hanno dato una motivazione nel declinare la vostra proposta?

No, chiediamo lo stop da una settimana. Il governo dice che questo è il quadro nel quale si muovono. Poi ci hanno parlato vagamente di alcune ipotesi di allargamento da portare in Consiglio dei ministri, ma pensare che si possa affrontare l'emergenza con la crema e il cappellino e suggerendo di bere acqua e non alcolici a me sembra un'offesa al senso di responsabilità di lavoratori e lavoratrici che da mezzogiorno alle tre stanno sotto al sole.

Dopo l'incontro di oggi, lei ha chiesto retoricamente: "Ma l’urgenza di proteggere la vita delle lavoratrici e dei lavoratori la sentiamo solo noi?". Pensa che sia così?

Io prendo solo atto che abbiamo sollevato un tema di grande emergenza e che non sono arrivate risposte. Ribadisco che due presidenti di Regione hanno deciso di affrontarlo e il governo no. O non ha la stessa sensibilità o pensa che non si corra un pericolo. Intanto registriamo una crescita degli incidenti del 15% e l'aumento dei morti per colpi di calore.

È abbastanza evidente che questa estate non sarà un caso isolato, ma ci aspettano anni sempre più caldi e con eventi atmosferici sempre più estremi. Come deve cambiare il mondo del lavoro per affrontare tutto ciò?

Dobbiamo innanzitutto prendere atto che questi eventi non dureranno un giorno o una settimana. Servono ragionamenti più ad ampio raggio, non solo sulle alte temperature, ma anche sulle trombe d'aria e la grandine. È necessaria una discussione più ampia che affronti questi temi. Bisogna ragionare, politica e mondo del lavoro, su un clima che è completamente cambiato, per colpa dell'uomo.

Anche l'autunno si preannuncia caldo, ma in un altro senso: il segretario della Cgil Landini ha praticamente annunciato uno sciopero generale sulla manovra. Voi che farete?

Il nostro esecutivo ha deciso oggi di continuare la mobilitazione che abbiamo lanciato a gennaio da soli. Significa andare avanti nell'ascolto di lavoratori e lavorartici, nel confronto con loro. A settembre e ottobre avremo molti impegni, poi faremo una valutazione sulle risposte che darà il governo alle nostre proposte. Aspettiamo la Nadef e di vedere cosa c'è nella manovra. Da lì trarremo delle conclusioni.

Nel frattempo la politica sta parlando di salario minimo per via della proposta unitaria delle opposizioni, che però rischia di slittare a settembre o di essere soppressa per volere della maggioranza. Cosa pensa di questo dibattito?

Che mi sembra un dibattito caratterizzato da molta propaganda e lontano dalla realtà. In Italia c'è un problema di salari e lavoro povero, il salario minimo è uno degli strumenti che può aiutare i lavoratori a recuperare potere d'acquisto. La nostra proposta è sempre la stessa: farlo coincidere con i minimi dei contratti maggiormente rappresentativi. Ci fa sorridere sentire alcuni politici che dicono che vogliono favorire la contrattazione e il ruolo dei sindacati, e poi al tavolo del confronto chiamano sindacati non rappresentativi. Così non si rafforza proprio nulla, ma si prova a indebolire.

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