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La storia dei gessi rossi in Toscana, un rifiuto industriale che la politica vuole nascondere

I gessi rossi sono un rifiuto industriale che andrebbe smaltito in discarica. In Toscana viene invece utilizzato per riempire le cave esaurite. Risultato? Inquinamento nel terreno e nelle falde acquifere. Lo afferma la commissione Ecomafie, puntando anche il dito contro la politica che invece di intervenire a tutela dell’ambiente ha concesso delle deroghe perché questo non risultasse un problema. “Inquinare non va bene, figuriamoci poi se lo si cerca di autorizzare a norma di legge”, ha commentato il presidente della commissione, Stefano Vignaroli, in un’intervista con Fanpage.it.
A cura di Annalisa Girardi
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"Il rilascio nei terreni di Solfati, Cloruri, Manganese, Nichel, Cromo e Ferro, che possono essere considerate traccianti dei gessi rossi, ha portato nel tempo – per lisciviazione – alla contaminazione delle acque sotterranee monitorate con la rete dei piezometri di controllo intorno alla cava di Poggio Speranzona": lo afferma la commissione Ecomafie, nella relazione sull'inquinamento derivante dall'utilizzo dei gessi rossi prodotti a Scarlino, in provincia di Grosseto, Toscana. Facciamo un passo indietro. I gessi rossi sono un rifiuto che si ottiene unendo la marmellota, un resto della lavorazione del marmo di Carrara e i fanghi rossi, uno scarto di produzione del biossido di titanio. Il quale viene prodotto, nello stabilimento di Scarlino, dalla Venator Materials Corporation, una società chimica leader specializzata proprio nella produzione di pigmenti di biossido di titanio, utilizzati come ingredienti in moltissimi prodotti, dalle pitture industriali ai cosmetici. Nell'impianto toscano, per ogni tonnellata di biossido di titanio prodotta, vengono generate sei tonnellate di gessi rossi. Che dovrebbero essere smaltiti come rifiuti, quindi in discarica: ma, per la maggior parte, non è così.

Come vengono smaltiti i gessi rossi in Toscana

"La destinazione dei gessi rossi, ai fini del loro corretto smaltimento, dovrebbe essere una discarica idonea, in quanto impianto realizzato con l’impermeabilizzazione del fondo che dà la sicurezza della protezione della falda, salvaguardandola dal rilascio degli inquinanti presenti nei gessi", si spiega nella relazione della commissione Ecomafie. Questo però non è il caso di Scarlino: in Toscana infatti i gessi rossi sono stati utilizzati nel recupero dell'ex cava esaurita di Poggio Speranzona, a Montioni. E se è vero che la normativa consente di rilasciare questo rifiuto nelle cave, è altrettanto vero che lo permette solo nel caso in cui si sia isolato il terreno, proprio per impedire al materiale di arrivare alle falde, inquinandole. Processo che a Montioni non è avvenuto.

Sotto il profilo ambientale, non è idoneo il conferimento nelle cave esaurite, per il loro ripristino, come è avvenuto e sta avvenendo nella cava di Poggio Speranzona a Montioni, poiché questo non garantisce la tutela delle acque sotterranee dal dilavamento dei gessi rossi e dal conseguente rilascio degli inquinanti che sono contenuti in essi, in quanto il fondo della cava non è impermeabilizzato e perciò permette il passaggio degli inquinanti dai gessi verso la falda sottostante.

Le deroghe concesse dalla politica

Non solo le autorità non sarebbero intervenute a dovere di fronte a questa situazione, ma tra il 2006 e il 2017 sono state fatte tre diverse deroghe (due provvedimenti statali e una legge regionale) per aumentare le concentrazioni possibili di solfati e cloruri. E così, secondo quanto emerso dalle indagini della commissione dal 2004 un totale di 3 milioni di tonnellate di gessi rossi sono stati utilizzati per il ripristino della cava esaurita di Poggio Speranzona, che dista circa 20 chilometri dallo stabilimento di Scarlino e si trova nei pressi della riserva della Marsiliana, con conseguenze gravissime per l'ambiente.

L'intervista del presidente Vignaroli a Fanpage.it

"Il Parlamento italiano che cosa ha fatto nella scorsa legislatura? Ha derogato specificatamente alcuni valori per permettere a norma di legge che quello non fosse considerato inquinamento. Nel frattempo questo inquinamento è passato dal terreno alle falde, sforando tutti i valori di legge", ha spiegato in un'intervista con Fanpage.it Stefano Vignaroli, presidente della commissione Ecomafie, ribadendo che dal 2004 un rifiuto industriale che dovrebbe andare in discarica viene utilizzato per il ripristino ambientale di una ex cava. E, in tutto questo, portando anche dei benefici economici all'azienda. "Se io ho un rifiuto da smaltire in discarica questo processo lo devo pagare. Quindi quest'azienda si è evitata di pagare oltre 200 milioni di euro considerandolo come materiale per riempire le cave", ha aggiunto.

Nel mirino della commissione c'è anche un'altra azienda, oltre la Venator, si tratta della Sepin: insieme, calcola la commissione, disfacendosi in questo modo dei gessi rossi, senza smaltirli in Toscana, avrebbero risparmiato ben 240 milioni di euro in 15 anni. "Noi abbiamo sollevato la questione, il Senato doveva addirittura discutere questa nostra relazione, che invece è poi sparita dai radar della discussione. Però la Procura di Firenze ci ha chiesto del materiale, vogliamo approfondire la questione perché inquinare non va bene, figuriamoci poi se lo si cerca di autorizzare a norma di legge", ha concluso Vignaroli ai nostri microfoni.

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