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La legge anti rave mette nel mirino del governo Meloni centri sociali e studenti

La nuova legislazione speciale contro i rave varata ieri dal consiglio dei ministri prende di mira non solo e non tanto gli organizzatori delle feste tekno, ma studenti, senza casa e centri sociali. Nel mirino del governo Meloni finisce subito qualsiasi forma di conflittualità sociale.
A cura di Valerio Renzi
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La cosiddetta legge anti rave, così come è scritta, mette nel mirino del Governo Meloni centri sociali e movimenti studenteschi. Più che una legge volta reprimere con un inasprimento di pene e sanzioni un fenomeno specifico, può essere utilizzata per sgomberare in maniera tempestiva e con gravi conseguenze per chi fosse identificato gli studenti e studentesse che occupano una scuola o un'università, o magari chi entra in un edificio abbandonato per farne un centro sociale per fare attività culturali o di solidarietà. Insomma la "pacchia è finita" sì, ma non tanto e non solo per gli organizzatori di free party a base di musica tekno, quanto per chi potenzialmente può organizzare nelle piazze l'opposizione al governo delle destre.

Pensate all'occupazione della Facoltà di Scienze Politiche alla Sapienza, avvenuta la scorsa settimana dopo le cariche della polizia, quando centinaia di studenti hanno "invaso l'edificio", all'interno della città universitaria. Se quel raduno fosse stato giudicato "pericoloso per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica", ecco che la polizia sarebbe potuta intervenire con multe fino a 10.000 euro e pene fino a sei anni di reclusione per gli organizzatori. Ma la stessa cosa può valere per chi organizza una manifestazione non autorizzato, occupa un cantiere, un campo o un palazzo abbandonato. La definizione di "pericolo per l'ordine pubblico" d'altronde è talmente vaga da poter essere facilmente piegata alla bisogna per reprimere duramente il dissenso. Se ci pensiamo anche gli operai che occupano una fabbrica potrebbero essere colpiti dalla norma anti rave, adducendo magari l'incolumità pubblica tra le motivazioni.

Continua così la tendenza a inasprire, con norme specifiche o con spropositati aumenti di pena, la repressione di comportamenti già sanzionati dal codice civile e penale. Lo aveva già fatto Matteo Salvini nei suoi decreti sicurezza con i blocchi stradali ad esempio: nel 2018 è stato reintrodotto il reato di blocco stradale (che era stato depenalizzato nel 1999), punibile con una pena che va da 2 a 12 anni. Eppure vediamo gli attivisti per la giustizia climatica continuare a bloccare le strade, così come gli operai portuali e i facchini della logistica. Il governo delle destre, in difficoltà a rispondere ai problemi dei cittadini di fronte alla crisi e al caro bollette in maniera tempestiva, si concentra su provvedimenti bandiera e identitari, e conferma di avere un problema a tollerare il dissenso.

A finire nel mirino è la conflittualità sociale in ogni forma. Purtroppo le opposizioni sono state tutt'altro che compatte di fronte alla legislazione d'urgenza varata ieri dal Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, con solo la sinistra Fratoianni e Bonelli e il Partito Democratico che hanno colto la pericolosità potenziale del decreto denunciandola. Carlo Calenda ha subito twittato: "Il nome del reato ‘invasione' è piuttosto surreale, ma per il resto è un’iniziativa condivisibile. Lo Stato non può rimanere spettatore di eventi illegali e pericolosi". Il leader di Azione non solo non si è reso conto che il reato di invasione di edificio è una fattispecie ampiamente utilizzata, ma della portata del decreto a cui ha applaudito. Giuseppe Conte ha fatto sapere di attendere di "leggere la norma", ma dopo che è stata resa pubblica non ha più dichiarato nulla al riguardo limitandosi a dire che "ben vengano azioni mirate a maggiore prevenzione e contrasto dell'illegalità".

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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