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La grande bellezza viene messa a reddito: nasce il “parco archeologico” di Roma antica

Di recente il ministro Franceschini ha annunciato la creazione di un Parco archeologico nella zona Colosseo-Foro-Palatino-Domus Aurea. Così la Roma Antica rilancerà l’economia della città, ma a quale prezzo?
A cura di Silvia Buffo
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Uno scrorcio di piazza del Pantheon
Uno scrorcio di piazza del Pantheon

Di recente Dario Franceschini ha annunciato la creazione di un Parco archeologico nella zona Colosseo-Foro-Palatino-Domus Aurea. La gestione dell'area sarebbe affidata a un manager e prevederebbe tra gli altri interventi la ricostruzione dell'arena dell'anfiteatro. Si aggiunge al quadro di rinnovamento la decisione di far pagare l'accesso al Pantheon, uno tra i più rappresentativi e amati monumenti- simbolo della Roma Antica. Con l'attuazione del parco archeologico, ciò che viene messo a rischio è in primis l'attitudine a vivere collettivamente questi luoghi, sentendosi parte di una vera e propria comunità, l'humus stesso della città, fatto di persone abituate da sempre a vivere e a percorrere i luoghi della storia.

Così la Roma antica sarà blindata…

Secondo il ministero una gestione centralizzata favorirebbe la valorizzazione e la fruibilità dell'area, il ritorno economico sarà notevole, ma a quale prezzo? Si dovranno eliminare le barriere all'ingresso dei tre siti e sarà così creata un’unica e invalicabile frontiera. Una Roma sensazionale, antichissima ma blindata al tempo stesso. Non ci si potrà avvicinare nemmeno alla piazza del Colosseo, e buona parte del Colle Oppio non sarà valicabile nemmeno da chi ci risiede. La zona sarà adibita al mero lucro turistico, riducendo gli spazi di abitabilità e cittadinanza.

Immaginate il Pantheon, ma a porte chiuse…

I dati sono fruttuosi e il Ministero è giustamente allettato: sono circa sette milioni di visitatori del 2016, varrebbe la pena farli pagare e mettere a reddito ‘la grande bellezza'. Valorizzare sì, ma compatibilmente con le esigenze della cittadinanza e non tradendo le abitudini dei romani. Un Pantheon a porte chiuse significa trasfigurare un'icona monumentale e cambiare drasticamente le abitudini di chi vive Roma nel quotidiano e non da turista. Il piano ministeriale sottrae le bellezze archeologiche alla collettività. L'assessore alla cultura del Comune di Roma e vice-sindaco, Luca Bergamo, si è opposto alle ultime iniziativa ministeriali, ricordando che Roma non debba però diventare parco giochi dell'antichità. Il rischio c'è e a risentirne potrebbero essere i cittadini che non vogliono fare i turisti, vogliono vivere la propria città a pieno che già è complicata e faticosa per mille altre questioni. Dichiara Luca Bergamo a Fanpage.it:

Il Centro Storico di Roma è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO oltre trenta anni fa. Nelle motivazioni che accompagnano la scelta di dichiarare questo luogo patrimonio dell’umanità si sottolinea la complessità e la stratificazione della sua storia e dei suoi monumenti, l’integrazione dei luoghi con la vita dei cittadini: “l’intero Centro Storico, così come i singoli edifici, testimonia il succedersi ininterrotto di tremila anni di storia dell’umanità. Il sito si caratterizza per la stratificazione di linguaggi architettonici, la ricchezza di tipologie edilizie e l’originalità dell’articolazione degli spazi urbani, che si integrano con la complessa morfologia dei luoghi. Tra le realizzazioni più significative si possono citare quelle civili (Fori, Terme, cinte murarie e palazzi); quelle religiose dalle basiliche paleocristiane alle chiese barocche; le opere idrauliche (i sistemi fognari, gli acquedotti antichi ed il sistema delle fontane rinascimentali e barocche, fino alle più recenti sistemazioni degli argini del Tevere). Questa complessa e chiara diversità di stili si fonde in un insieme fortemente caratterizzato e capace di evolversi nel tempo”. Un insieme di luoghi, di relazioni, di spazi. Non solo monumenti ma anche strade, parchi, piazze percorsi. Un paesaggio unico.
Per questo pensiamo che Roma non sia solo un luogo da preservare per i turisti ma che i primi ad avere diritto di vivere e godere del suo patrimonio siano i cittadini che vi abitano. Quando avremo reso questo possibile, avremo nettamente migliorato la qualità della vita nella città e per conseguenza aumentato la capacità di attrarre turismo sostenibile e di generare valore anche per il tramite di impresa che innova e non grazie allo sfruttamento intensivo del nostro patrimonio a meri fini di biglietteria.
In un’epoca che premia il turismo esperienziale, con la costituzione del parco archeologico mi pare si vada nella direzione opposta, tentando di fissare l’esistente in una cornice che di fatto lo decontestualizza, limite questo comune a tanti musei che fanno fatica a innovare e raccogliere in pieno la sfida che il nostro tempo pone loro: essere contemporaneamente generatori di ricchezza e capitale sociale. Immaginare una nuova gestione del Colosseo e dei Fori potrebbe significare cogliere un’occasione di portata storica, utile a tutto il paese: guardare al patrimonio non solo come a una macchina che produce denaro a servizio di un’offerta che asseconda il consumo mordi e fuggi del turismo. Roma ha un immenso patrimonio che solo se valorizzato nella sua interezza può essere davvero un fattore fondamentale per lo sviluppo della Capitale, il volano di una nuova immagine dell’Italia nel mondo e fonte di felicità per i cittadini. Questo patrimonio è incredibilmente diffuso in tutte le aree della città, tra le case, nelle piazze e nei parchi, ed è gravemente in sofferenza quasi ovunque, eccetto nelle aree trasformate in attrattori turistici primari: il Colosseo e i Fori innanzitutto. Ma Colosseo e Fori sono anch’essi parte integrante del tessuto urbano. Affidare ad un gestore la “good company”, la macchina che attrae e macina ricavi (il Colosseo o il Pantheon) e ad un altro gestore il resto (oggi parente povero) non può motivare il primo a sviluppare una strategia di gestione capace di creare valore sul resto. È facile, al contrario, prevedere una certa competizione, mentre la valorizzazione del patrimonio di Roma richiede una programmazione integrata che a sua volta nasce da una strategia unitaria sulla città.
Una vera trasformazione urbanistica del centro di Roma, deve necessariamente prevedere che molta parte di ciò che oggi è accessibile solo a pagamento possa essere traversato liberamente. Con il biglietto si dovrebbe viceversa regolare l’accesso ai monumenti o aree di particolare attrazione come il Colosseo, i luoghi del Palatino, i Mercati di Traiano e altri ancora. Invece di un museo per i turisti, Roma può offrire a chi la vive e al mondo un incredibile spazio pubblico, un parco per e nella città, un unicum mondiale che lega storia e vita contemporanea, sulle orme della città antica. L’apertura gratuita di Capodanno rappresenta solo un piccolo inizio di ciò che si potrebbe fare e che speriamo possa diventare la norma in un futuro non molto lontano. Voglio immaginare che sia possibile che uno studente che abita a Monti possa andare a scuola a Trastevere attraversando nella sua quotidianità il Foro romano, e come lui tanti altri cittadini utilizzare il nostro patrimonio come una parte della città.
Per chiarire che la destinazione degli incassi del nuovo parco archeologico non viene sottratta alla tutela e valorizzazione del patrimonio di Roma, il Ministro si è impegnato a destinare automaticamente il 30% degli introiti netti alla nuova soprintendenza speciale, quella che dovrà occuparsi di tutto ciò che non è compreso nel parco. Ma perché non il 50%, visto che oggi questa è la percentuale che rimane a Roma al netto dei costi di gestione e della quota ripartita al Ministero? Detratto il 20% di redistribuzione nazionale, come saranno ripartiti gli incassi del parco che derivano dalle biglietterie e dagli accordi commerciali?  Mi sembra che la risposta non sia ancora del tutto chiara e il diritto a godere della vita culturale spetta a tutti i cittadini, anche nelle periferie di Roma.
Noi lavoriamo per una città che sia un patrimonio da abitare e non un museo da consumare.
All'Italia e a Roma serve pensare ed agire davvero in grande. Se si pensa in grande, se finalmente si prende atto della unicità di Roma e del suo immenso potenziale lo si può metterle a supporto della rinascita della città e dell'intero paese.

Il parere dell'archeologo, Stefano Alessandrini

Per entrare nel merito della questione abbiamo chiesto anche un parere a Stefano Alessandrini, consulente del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il quale dichiara a Fanpage.it che il parco archeologico si può realizzare ma con maggior prudenza e che ad essere prioritaria deve restare la salvaguardia delle aree archeologiche, prima di ogni altra cosa:

Mi auguro veramente che il Colosseo e i Fori diventino una risorsa non solo per se stessi, ma per tutti i monumenti, per i siti archeologici in pericolo, i reperti in magazzino da restaurare e catalogare. Il progetto di un immenso parco archeologico, dai Fori fino all’Appia Antica, non è certo una novità (era il sogno del grande Antonio Cederna), ed in parte è stato attuato. Il colle Oppio va salvato dal degrado: rappresenta un insieme di testimonianze straordinarie (come la Domus Aurea e le terme di Tito e di Traiano). Unirlo al Parco lo valorizzerà, ma va recintato e sorvegliato esattamente come i Fori (eliminando il traffico e lasciando una parte verde alla fruizione pubblica).

Continua Alessandrini, sottolineando l'importanza della collaborazione con le associazioni in difesa del Patrimonio culturale:

Il problema per me non è fare il Parco, ma come e con chi. Nel progetto devono anche essere coinvolte le principali associazioni che per decenni hanno difeso il patrimonio culturale della Capitale dagli assalti del cemento e svolgono attività di valorizzazione. Penso ad Italia Nostra, al Gruppo Archeologico Romano e a tutti i volontari con esperienza nel campo della tutela. La priorità assoluta è il completo recupero della Domus Aurea, unica e incredibile, che non è stata completamente scavata. Ricordo inoltre la cronica mancanza di fondi, che non permette al Comune di avviare restauri importantissimi e prioritari, come il completamento di quelli sulle Mura Aureliane. Gli incassi devono servire anche per questo scopo. Roma è madre di tutti, e lo Stato deve contribuire alla salvezza delle testimonianze del suo passato.

Ci auguriamo che con la realizzazione di questo grande parco archeologico il Ministero riesca a trovare un punto di equilibrio fra la tutela dei beni e la messa a reddito degli stessi, senza restringere ulteriormente gli spazi di cittadinanza e di vivibilità. Ci auguriamo che questa grande bellezza non divenga pura mercificazione.

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