video suggerito
video suggerito
Caso Almasri

La Corte penale internazionale smentisce il governo Meloni sul caso Almasri: “Non fece il suo dovere”

Il governo Meloni avrebbe dovuto semplicemente collaborare con la Corte penale internazionale, nel caso Almasri, ma non l’ha fatto. E, quando ha dovuto spiegare la propria posizione, ha risposto con errori, imprecisioni e mezze verità. Questa è l’accusa formulata dalla procura della Cpi, che ha chiesto un “accertamento formale di inadempienza” per l’Italia.
A cura di Luca Pons
133 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

La procura della Corte penale internazionale (Cpi), nelle "osservazioni" sul caso Almasri, ha scritto che il governo italiano ha "impedito alla Corte di esercitare le sue funzioni", perché "non ha ottemperato ai suoi obblighi". La sua posizione è "insostenibile" e non ha dato né "spiegazione" né "tantomeno giustificazione" per quello che ha fatto. Così, la procura ha chiesto ufficialmente che l'Italia venga portata davanti all'Assemblea degli Stati, o al Consiglio di sicurezza dell'Onu per aver violato i suoi doveri verso la Cpi.

La vicenda è quella del capo della polizia giudiziaria libica, Najeem Osema Almasri Habish, noto come Almasri, su cui pende un mandato di arresto internazionale per crimini contro l'umanità per la gestione delle prigioni dove vengono detenute e torturate persone migranti. Le forze di polizia italiane lo aveva arrestato a gennaio di quest'anno, a Torino. Pochi giorni dopo il governo Meloni aveva deciso di rilasciarlo e riportarlo in Libia senza consegnarlo alla Corte penale internazionale.

La Corte aveva aperto un'indagine sul governo italiano, chiedendo che inviasse la propria versione dei fatti – una versione che, anche davanti al Parlamento, è sempre sembrata ambigua, poco chiara e discutibile. Con mesi di ritardo, il 6 maggio l'esecutivo ha spedito la sua memoria difensiva all'Aja.

Nel testo, il governo ha affermato che Almasri sarebbe stato arrestato senza rispettare la procedura prevista dalla legge italiana in questi casi – cioè senza chiedere prima il via libera del ministero della Giustizia. Per di più, l'esecutivo italiano ha insistito che ci sarebbero state gravi anomalie nel mandato di arresto (ovvero delle date sbagliate, a causa di un probabile errore di battitura). E in generale che dall'Aja non ci sarebbe stata collaborazione. Questo sarebbe stato alla base della decisione del ministero di non intervenire, senza chiedere ulteriori chiarimenti alla Corte.

La procuratrice della Cpi, la magistrata figiana Nazhat Shameem Khan, ex presidente del Consiglio per i diritti umani dell'Onu, ha contestato la versione italiana. Nel documento depositato giovedì, la procura ha risposto anche a un'altra questione che l'Italia aveva sollevato, inserita nella memoria del 6 maggio: cioè che il governo libico, il giorno dopo l'arresto di Almasri, avrebbe scritto direttamente a Roma per chiedere l'estradizione del comandante. Portarlo in Libia per processarlo lì: questa, formalmente, la richiesta.

La Corte penale internazionale ha evidenziato che il governo italiano ha rivelato questa richiesta – di cui prima nessuno aveva mai parlato, in Parlamento o fuori – solo "più di tre mesi dopo il rilascio di Almasri". E che, peraltro, il comandante libico non è stato "né consegnato alla Corte né è stato estradato (e arrestato) in Libia al suo ritorno": è tornato con un volo a Tripoli, dove è stato "accolto da una folla festante". Nel giro di tre giorni, le presunte accuse delle autorità libiche nei suoi confronti sono ufficialmente cadute.

Insomma, per la procura l'Italia "sembra aver ritenuto di poter esercitare discrezionalità" nello scegliere chi ascoltare, la Libia o la Corte. Ma questa discrezionalità non esiste: "Aveva l’obbligo di consultare la Corte, e la sua mancata consultazione costituisce di per sé una grave inadempienza". Il ministro della Giustizia Nordio, che si è preso la responsabilità di dire che quel mandato d'arresto era nullo (cosa che non è in suo potere), avrebbe dovuto "semplicemente eseguire la richiesta".

La posizione italiana è "giuridicamente e di fatto insostenibile", e il documento inviato non dà "alcuna spiegazione praticabile, tantomeno una giustificazione, per la sua incapacità di cooperare". La richiesta della procura è quindi di "emettere un accertamento formale di inadempienza nei confronti dell’Italia" e portare la questione davanti all'Assemblea degli Stati, oppure al Consiglio di sicurezza dell'Onu.

133 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views