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La Camera boccia tutte le mozioni contro il riarmo presentate dalle opposizioni

La Camera dei deputati ha concluso la discussione e ha bocciato tutte le mozioni delle opposizioni contro l’aumento delle spese militari. Le opposizioni avevano diviso le loro posizioni, con proposte che spaziano dal potenziamento della sanità pubblica al rafforzamento della difesa, ma senza raggiungere un accordo comune.
A cura di Francesca Moriero
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La Camera dei deputati ha respinto tutte le cinque mozioni presentate dalle opposizioni contro l’aumento delle spese militari. I testi, firmati da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione e Italia Viva, chiedevano di bloccare la crescita delle spese per la difesa, destinare maggiori fondi alla sanità pubblica e alle politiche sociali, e aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Le votazioni hanno però confermato l’ampia contrarietà della maggioranza a ogni proposta: le mozioni di M5S e AVS sono state respinte con 178 voti contrari, 51 favorevoli e 55 astenuti; quella di Italia Viva con 217 no, 6 sì e 61 astensioni. La mozione di Azione ha raccolto invece solo 14 voti favorevoli, 5 astenuti e 263 contrari. Il testo presentato dal Partito Democratico ha ottenuto 57 sì, 58 astensioni e 171 voti contrari.

Sul tema si sono però registrate divisioni non solo tra le forze di opposizione, che hanno portato in Aula proposte differenti e talvolta contrastanti, ma anche all’interno della stessa maggioranza di governo: il centrodestra ha scelto infatti di non presentare alcuna mozione, una decisione che secondo molti mira ad evitare l’emersione di fratture interne. In particolare, la Lega di Matteo Salvini ha espresso una posizione estremamente critica rispetto agli impegni assunti in sede NATO; il capogruppo Riccardo Molinari ha infatti dichiarato che il Carroccio non avrebbe potuto sostenere testi come quelli di M5S e AVS, ritenuti incompatibili con l’appartenenza all’Alleanza Atlantica. La scelta del governo di non esprimersi ufficialmente è stata subito  criticata dalle opposizioni: la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha accusato per prima l’esecutivo di “mancanza di chiarezza” sulla politica estera e sul riarmo europeo: “Questo governo è diviso, e questa incertezza rischia di danneggiare il nostro Paese”, ha dichiarato.

Le proposte delle opposizioni

Le opposizioni, pur rappresentando visioni diverse, hanno comunque trovato terreno comune nel ritenere che un aumento delle spese militari non sia la soluzione ideale per affrontare le sfide contemporanee: Alleanza Verdi e Sinistra aveva proposto di non raggiungere l’obiettivo del 5% del PIL in spese militari – il target fissato dalla NATO – e aveva avanzato l’idea di destinare almeno 8 miliardi di euro aggiuntivi al Fondo sanitario nazionale, sottolineando la priorità della salute rispetto agli investimenti in difesa. Una proposta simile era arrivata anche dal Movimento 5 Stelle, che aveva chiesto di bloccare qualsiasi ulteriore incremento delle spese militari, puntando invece a un rafforzamento degli investimenti in sanità e servizi sociali. Azione, con un approccio diverso, aveva invece avanzato una mozione che prevedeva un aumento graduale delle spese militari, puntando al 2% del PIL già nel 2025 e al 3,5% entro il 2035, ma con la condizione che questo incremento sia vincolato a un effettivo potenziamento delle capacità operative delle Forze armate. Italia Viva, invece, aveva  proposto una soluzione intermedia, chiedendo che l’aumento delle spese per la difesa fosse accompagnato da pari interventi in sanità e cultura, seguendo il principio: “un euro in difesa, un euro in cultura”. Infine, il Partito Democratico aveva presentato una proposta che respingeva l’obiettivo del 5% del PIL, invitando il governo a seguire l’approccio multilaterale adottato dalla Spagna: i dem avevano infatti sottolineato la necessità di costruire una politica di difesa europea che integri diplomazia, cooperazione civile e prevenzione dei conflitti, senza trascurare l’importanza delle capacità militari, ma inserendole in un contesto più ampio e sostenibile.

La posizione della maggioranza e le dichiarazioni di voto

Benedetto Della Vedova, deputato di Più Europa, ha avviato le dichiarazioni di voto commentando la “scena muta” della maggioranza: "Non è all’altezza del momento che viviamo", ha osservato Della Vedova, riferendosi all’incapacità del governo di prendere posizione su una questione di rilevanza strategica. Il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Difesa, Arnaldo Lomuti, ha poi denunciato l’aumento drammatico della spesa militare italiana, che quest’anno ha registrato un balzo del 66%, passando da 7 miliardi nel 2024 a 11,6 miliardi nel 2025. "Quasi 12 miliardi destinati agli armamenti, la stessa cifra che il governo deve tagliare ogni anno per rispettare il Patto di Stabilità", ha dichiarato Lomuti, sottolineando come queste risorse vengano sottratte a settori vitali come sanità, istruzione e welfare per finanziare l’industria bellica. Inoltre, ha criticato aspramente il piano RearmEu della Commissione Europea, che, a suo avviso, incrementa le spese nazionali per la difesa, mettendo a rischio la cooperazione europea e alimentando una pericolosa corsa al riarmo.

Anche Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra ha alzato la voce, sollevando dubbi sulla legittimità dell’accordo sottoscritto da Giorgia Meloni con la Nato, che impegna l’Italia a destinare il 5% del PIL alle spese per la difesa. "Con quale mandato del Parlamento?", ha chiesto Bonelli, lamentando l’assenza di un dibattito democratico su una decisione così rilevante. Il deputato ha evidenziato l’entità dell’impegno economico, con oltre 900 miliardi da destinare alla difesa entro il 2035, mentre il Paese si trova ad affrontare gravi difficoltà sociali ed economiche, come salari e pensioni tra i più bassi d’Europa e un aumento della povertà. "Non si costruisce la pace con il riarmo, ma con la giustizia sociale e il rispetto dei diritti", ha concluso Bonelli, promettendo che la sua coalizione continuerà a lottare per un cambiamento nelle priorità di spesa, mettendo al centro le esigenze dei cittadini italiani.

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