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L’ex senatore Lusi non andava espulso dal Pd, condannato il partito

Il Tribunale civile di Roma ha accolto l’istanza presentata dall’ex senatore Luigi Lusi definendo illegittima la sua espulsione dal Pd. L’ex tesoriere della Margherita nel maggio dello scorso anno è stato condannato a 8 anni di reclusione per essersi impadronito di oltre 25 milioni di euro.
A cura di Susanna Picone
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Luigi Lusi, ex senatore del Partito Democratico travolto dallo scandalo giudiziario dei fondi della Margherita di cui era stato tesoriere, non doveva essere espulso dal Pd. La delibera dei garanti del partito è annullata e il Pd deve rifondere all’ex parlamentare la metà delle spese legali sostenute. È quanto ha stabilito il Tribunale di Roma che ha esaminato la vicenda per la quale Luigi Lusi ha subito una condanna in primo grado a 8 anni di carcere. L’espulsione di Lusi dal partito risale al 6 febbraio 2012 quando, a soli sei giorni dall’esplosione dello scandalo per i rimborsi elettorali che coinvolse il parlamentare accusato di essersi appropriato indebitamente di diversi milioni di euro dalle casse della Margherita, i garanti del Pd decisero di metterlo alla porta. Secondo il tribunale “il provvedimento deve considerarsi illegittimo per non essere stato preceduto da alcuna contestazione in ordine agli addebiti sui quali l’irrogazione della sanzione si fondava. Premesso che deve ritenersi necessaria la preventiva contestazione degli addebiti all’interessato”.

In realtà non ci fu mai nessuna possibilità di replica per lo stesso Lusi e per questo secondo il giudice non può non rilevarsi che il Pd, nonostante ne avesse l’onere, “non ha fornito alcuna prova di aver comunicato al Lusi l’intenzione di adottare il provvedimento di esclusione e gli addebiti posti a fondamento di tale volontà”. Per questo l’esclusione dal partito, comminata senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza consentire all’interessato alcuna possibilità di interloquire al riguardo “deve considerarsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano la libertà di associazione e il metodo democratico cui devono ispirarsi le associazioni partitiche che concorrono a determinare la politica nazionale, con conseguente invalidità della delibera di espulsione oggetto della presente impugnazione che, pertanto, deve essere annullata”.

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