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Istat, cresce il potere d’acquisto delle famiglie e cala la pressione fiscale nei primi mesi del 2023

Il potere d’acquisto delle famiglie italiane è aumentato del 3,1% nel primo trimestre del 2023, rispetto agli ultimi due mesi del 2022. La pressione fiscale, invece, è stata più bassa dello 0,9% rispetto a un anno prima. Lo mostra una nuova rilevazione dell’Istat.
A cura di Luca Pons
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Nei primi tre mesi del 2023 c'è stato un leggero aumento del reddito per le famiglie italiane. L'Istat fa registrare un +3,2% del reddito, e allo stesso tempo un incremento della spesa per i consumi dello 0,6%. Dato che, in quel periodo, l'andamento dei prezzi è stato piuttosto stabile, da gennaio a marzo 2023 il potere d'acquisto delle famiglie è cresciuto del 3,1%. Questo è dovuto soprattutto "al sensibile rallentamento della dinamica dei prezzi", secondo Istat. Nei primi mesi dell'anno, infatti, è iniziato il calo dell'inflazione che è poi proseguito anche in tutto il resto del 2023, finora.

Allo stesso tempo, è aumentata la propensione al risparmio. Questo significa che, con il leggero l'aumento delle entrate, c'è stata una tendenza delle famiglie a mettere da parte di più, in vista del futuro. La propensione a farlo è stata del 7,6%, con un aumento del 2,3% rispetto ai tre mesi precedenti. È un dato tendenzialmente positivo, dato che la tendenza a risparmiare indica anche che ci sono abbastanza soldi per farlo. "La propensione al risparmio delle famiglie, pur continuando il suo calo in termini tendenziali, ha segnato il primo aumento in termini congiunturali dopo diversi trimestri di diminuzione", ha sottolineato l'Istituto di statistica italiano.

Un altro dato evidenziato da Istat è che per le aziende (quelle non finanziarie) private e pubbliche sono leggermente scesi i profitti, per la prima volta da due anni. La quota è scesa al 43,7%, con un -0,9% rispetto al periodo ottobre-dicembre 2022. Quelle stesse aziende hanno anche investito di meno: il tasso di investimento è sceso dello 0,3%, al 24%.

L'ultimo punto, infine, riguarda le amministrazioni pubbliche. Queste si sono indebitate più dell'anno scorso: il deficit, cioè il rapporto tra quanto speso e quanto incassato, è stato del -12,1% contro il -11,3% del 2022. Il motivo è stato anche che è scesa la pressione fiscale: è stata del 37%, con un calo dello 0,9%. Prelevando meno tasse, quindi, le amministrazioni hanno avuto meno introiti e quindi un debito complessivamente più alto.

Su questo, comunque, va tenuto in considerazione che i primi tre mesi dell'anno non sono indicativi per quel che riguarda la pressione fiscale dell'intero anno. Ad esempio, nel 2022 il primo trimestre aveva fatto registrare una pressione fiscale pari al 37,9%, ma nel corso dell'anno questa era cresciuta, per arrivare al 43,5% nell'ultimo trimestre, cioè nel periodo ottobre-dicembre 2022.

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